Cambiamento dei costumi e leggi di mercato. Ecco come cambia il settore alimentare in Cina, in particolare per quello che riguarda una delle colonne della dieta cinese: il maiale. La Cina alleva più maiali di tutto il mondo, ma consuma principalmente carne di razze importate. E ora le razze autoctone rischiano l’estinzione. E dopo il riso, venne il maiale. È di quasi due settimane fa la notizia secondo cui la Cina diventerà a breve il primo importatore mondiale di riso, perché comprarlo dall’estero conviene di più che produrlo in casa, ed ecco che l’altro elemento base della cucina locale va in crisi. Non c’entrano misteriose epidemie e carcasse galleggianti, fatti i cui si è parlato molto nei mesi scorsi. Anche qui, come nel caso del riso, contano il cambiamento dei costumi e le leggi del mercato.
La Cina alleva più maiali di qualsiasi altro Paese al mondo. Statistiche approssimative dimostrano che nel 2012 c’erano oltre Muraglia quasi 700 milioni di suini. Tuttavia, una ricerca iniziata nel 2007 dal ministero dell’Agricoltura cinese mostra che le 72 razze autoctone di suini ufficialmente riconosciute continuano a calare di numero e che 31 tra queste sono in via di estinzione. Circa l’85 per cento delle varietà sono interessate da questi fenomeni.
Il rapporto, pubblicato dall’Oriental Outlook Weekly e poi ripreso dai maggiori media cinesi, spiega che la maggior parte della carne suina consumata oggi oltre Muraglia viene dai cosiddetti “maiali magri”, cioè da razze straniere. Il fatto è che, da un punto di vista economico, gli allevatori preferiscono i maiali d’importazione perché crescono più rapidamente di quelli domestici. Inoltre le razze locali, che contengono più grassi, hanno sempre meno domanda.
Ragioni economiche più cambiamento delle abitudini alimentari, si diceva, fatto sta che lo scorso anno, gli investimenti per salvaguardare le razze domestiche sono stati pari a 5,32 miliardi di yuan (quasi 870 milioni di dollari Usa). Il South China Morning Post di Hong Kong la mette più sul piano culinario che sulla fine della biodiversità, scrivendo che “gli amanti della buona cucina cinese saranno delusi di sapere che amate prelibatezze nazionali come il maiale di Dongpo e la ‘carne di porco cotta due volte’ presto scompariranno”.
Una delle razze autoctone in via di estinzione è infatti quella di Liangtouwu, che letteralmente si traduce come “doppia testa nera” per la caratteristica che ne contraddistingue gli esemplari: sia il capo sia il posteriore sono neri. Sottorazze della Liangtouwu sono la Jinhua e la Dongshan. Con questi maiali si fa il famoso maiale di Dongpo, che prende il nome dal poeta di epoca Song Su Dongpo (1037-1101): un piatto a base di pancetta originario di Hangzhou. I Liangtouwu sono considerati una delle “quattro razze pregiate” della Cina.
Nel sottile gioco di equilibri che contraddistingue la cucina cinese più pregiata, i maiali di Jinhua sono apprezzati dagli chef per la loro pelle sottile, le piccole ossa, la carne succulenta e il rapporto quasi perfetto tra grasso e carne. Il contenuto di grassi nella maggior parte delle altre razze è considerato di solito o troppo alto o troppo basso per l’utilizzo in cucina della loro pancetta. Il rapporto del ministero rileva che pur continuando a essere più grande allevatore di suini del mondo, la Cina sconta “inefficienze di mercato a causa di una cattiva gestione economica”, che “hanno portato ad un grave problema di domanda e offerta”.
Chen Qingming, professore universitario ed ex segretario generale per i suini dell’associazione cinese delle Scienze Veterinarie, ha detto che un’insufficienza dell’offerta è stata compensata con maggiori importazioni di maiali provenienti soprattutto da Gran Bretagna, Stati Uniti, Danimarca e Belgio.
Come risultato – spiega Chen – le razze suine straniere e miste hanno rapidamente tolto quote di mercato a quelle locali e ridotto la diversità genetica. I prezzi più bassi delle razze suine autoctone e i loro cicli di crescita più lenti hanno anche spinto gli allevatori cinesi ad allevare maiali occidentali per ottenere maggiori rendimenti.
Il professore osserva che il numero di scrofe in alcune razze è diminuito drasticamente, mentre le popolazioni di cinghiali e maiali selvatici sono ormai “vicine all’inesistente”. L’estinzione di razze autoctone in Cina sarebbe per Chen un “disastro ecologico”. Gli effetti nefasti di una certa globalizzazione omologante si osservano anche buttando un occhio ai porcili.
[Scritto per Lettera43; foto credits: johngress.com]