Da qualche mese sono in vigore nella Repubblica popolare le nuove linee guida per la redazione di notizie e comunicati ufficiali relativi a Hong Kong, Macao, Taiwan e alcuni territori contesi del Mar cinese meridionale. L’utilizzo delle parole, per il governo di Pechino, è uno strumento sottile e affilato, fondamentale per descrivere una «realtà» aderente all’ideologia del Partito, in contrasto con lo status effettivo di territori effettivamente indipendenti, ma considerati dalla Repubblica popolare come parte integrante dell’ «Unica Cina».Un articolo apparso di recente su un popolare sito web cinese ha fatto scalpore a Taiwan. Secondo i media locali, la Xinhua, l’agenzia di stampa ufficiale della Repubblica popolare cinese (Rpc), ha rilasciato una lista di parole proibite riguardanti Taiwan, Hong Kong, Macao ed alcuni territori contesi nel Mar cinese meridionale.
Attraverso la censura il governo comunista vuole scrivere la Storia secondo i propri dettami. Nella versione di Pechino, Taiwan fa parte del proprio territorio. Perciò, in Cina è tabù dire che Taiwan è un paese o uno stato indipendente. Tanto che, nel 2005, il Congresso Nazionale del Popolo ha approvato la famigerata Legge antisecessione, con cui è divenuto dovere costituzionale l’uso della forza per impedire l’indipendenza formale di Taiwan. Il Governo e la popolazione di Taiwan vedono le cose in modo ben diverso. L’isola di 23 milioni di abitanti, il cui nome ufficiale è Repubblica di Cina (Rdc), si considera stato sovrano.
La disputa fra Pechino e Taipei risale al secondo dopoguerra. In quel periodo, la Rdc era il governo ufficiale di tutta la Cina. Esso era stato fondato nel 1912 a seguito della caduta dell’Impero della dinastia Qing. Nel 1949, però, i comunisti di Mao Zedong riuscirono a rovesciare il Governo repubblicano il cui leader, Chiang Kai-shek, si rifugiò a Taiwan, l’ultima provincia ancora sotto il proprio controllo. Stabilita la capitale provvisoria a Taipei, Chiang progettava di riconquistare la Cina continentale perduta. Ciò, però, non avvenne mai. E da allora esistono due stati di fatto separati.
Secondo Pechino, nel 1949 la Rdc ha cessato di esistere e l’unico vero governo di tutta la Cina è la Repubblica Popolare. Perciò, il regime comunista ha bloccato sui propri media qualunque riferimento alla realtà politica dell’isola. La censura delle parole riguarda però anche le due ex colonie occidentali di Hong Kong e Macao.
Benché i media taiwanesi se ne siano accorti solo di recente, in verità la «lista nera» era già stata pubblicata nel novembre del 2015 dal giornale governativo cinese Quotidiano del Popolo con il titolo «Parole proibite nelle notizie dell’agenzia Xinhua».
Le linee guida di Xinhua sono suddivise in cinque sezioni, l’ultima delle quali riguarda «il territorio e la sovranità nazionale, Hong Kong, Macao e Taiwan».
Ecco quali sono le regole a cui i redattori di Xinhua devono attenersi:
1 – «Hong Kong e Macao sono Regioni Amministrative Speciali della Cina (中國的特別行政區), Taiwan è una provincia della Cina (中國的一個省). Bisogna fare particolare attenzione a non usare il termine "Paese" in qualsiasi testo, carta geografica o grafico in cui esse vengono menzionate.»
2 – I termini che fanno riferimento alle autorità e al sistema politico di Taiwan dovranno essere evitate, ma qualora ciò non sia possibile, essi «dovranno essere messi fra virgolette. Ad esempio: “Yuan Legislativo”, “Yuan di Controllo”, “Commissione Elettorale”, “Direttorio Generale del Budget, delle Finanze e delle Statistiche dello Yuan Esecutivo” etc. Termini come “Centrale”, “Nazionale”, “Taipei Cinese” devono essere omessi». I nomi di istituzioni quali l’Università Tsinghua e il Museo Nazionale del Palazzo, devono anch’essi essere contrassegnati con virgolette. È invece severamente proibito l’utilizzo di titoli ufficiali. Ad esempio, il “Presidente della Repubblica di Cina” (中華民國總統) deve essere chiamato “Leader dell’area di Taiwan” (台灣地區領導人).
3 – Il sistema legale taiwanese deve essere chiamato «Regolamenti pertinenti all’area di Taiwan» (台灣地區的有關規定).
4 – Non bisogna usare il termine «due sponde e tre territori» (兩岸三地), che spesso viene usato per indicare la Cina, Hong Kong, Taiwan e Macao.
5 – La frase «I turisti di Hong Kong, Macao e Taiwan viaggiano in Cina» è considerata sbagliata. La versione corretta deve essere: “« turisti di Hong Kong, Macao e Taiwan viaggiano in continente (o nell’hinterland)» (港澳台游客來大陸 [或:內地] 旅游).
6 – «I termini “Taiwan e il continente” e “Hong Kong/Macao e l’hinterland” (台灣”與“祖國大陸[或”大陸”]) non devono essere confusi.»
7 – Quando ci si riferisce ai rapporti fra la Cina, Taiwan, Hong Kong e Macao, non bisogna mai utilizzare i termini «sino-taiwanese», «sino-hongkonghese» etc. Bisogna invece dire «il continente e Taiwan», «l’hinterland e Hong Kong», oppure utilizzare i nomi di città, ad esempio «Hong Kong e Shanghai».
8 – Le parole «indipendenza di Taiwan» (台灣獨立/台獨) devono essere messe fra virgolette.
9 – I nomi di organizzazioni taiwanesi che includono le parole «Cina» o «cinese» devono essere messe fra virgolette. Ad esempio, bisogna scrivere «Unione Daoista Cinese».
10 – Il nome «Formosa», dato all’isola dai portoghesi nel sedicesimo secolo, non deve essere usato, e se non si può evitare, bisogna metterlo fra virgolette.
11 – Le Isole Nansha non possono essere chiamate Isole Spratly.
12 – Le Isole Diaoyu non possono essere chiamate Isole Senkaku.
13 – È severamente proibito chiamare Xinjiang «Turkestan orientale».
Per il governo di Pechino, le parole sono un importante strumento di propaganda per diffondere la propria ideologia. Dal punto di vista del Partito comunista cinese, Taiwan, Hong Kong e Macao non sono solo luoghi. Essi sono simboli del nazionalismo di stato. Ciò che importa non è dunque la realtà, ma come la realtà può venire costruita attraverso il linguaggio.
*Aris Teon ha conseguito una laurea in lingue e culture straniere a Trieste e a Berlino, ha preso la fatidica decisione di iniziare una nuova avventura nell’Estremo Oriente. Ha vissuto a Taiwan e Hong Kong per tre anni, a volte frustrato e confuso, ma sempre pieno di curiosità ed entusiasmo. Sul suo blog ‘www.my-new-life-in-asia.blogspot.com’ scrive delle sue esperienze e osservazioni. I suoi articoli appaiono regolarmente su ‘The Nanfang’. Ha scritto per ‘L’Indro’ e ‘East Magazine’.