Le dimissioni di Benedetto XVI sono la notizia più importante del giorno ovunque. Tranne che in Cina, si capisce, dove il capodanno lunare e il confronto con il Giappone per le isole Diaoyu-Senkaku restano saldi tra i titoli di testa. Le annunciate dimissioni di papa Benedetto XVI sono trattate solo da Xinhua, quasi gli altri media ufficiali volessero attendere imbeccate prima di sbilanciarsi. La Cina non ha relazioni con la Santa Sede dal 1951, anno in cui si interruppero perché Citta del Vaticano riconobbe Taiwan. Da allora si sono alternate fasi di riavvicinamento a fasi di muro contro muro, anche se i contatti sotterranei sono continuati pressoché ininterrotti.
Nel celeste Impero ci sono ufficialmente una decina di milioni di cattolici, divisi tra la “chiesa patriottica” e quella “sotterranea”. La prima è quella riconosciuta da Pechino, che controlla la nomina dei vescovi così come fa con i ministri delle altre religioni presenti nel Paese (l’esempio più noto è quello dell’attuale Panchen Lama). La seconda è quella clandestina, che risponde direttamente a Roma e che è quindi considerata illegale. Alcune stime calcolano però che i cinesi che si richiamano a qualche forma di cristianesimo (anche quello protestante) siano circa 130 milioni, un decimo della popolazione totale. Difficile quindi per il potere cinese ignorare del tutto il fenomeno, tanto più che la fede in Cristo sembra quella più velocemente in espansione in tutta l’Asia orientale.
Una nuova fase sembrò inaugurarsi nel 2007, quando proprio Ratzinger scrisse una lettera ai cattolici cinesi, invitandoli alla riunificazione delle due “chiese” cattoliche. La reazione di Pechino (e dei media ufficiali) fu così sintetizzabile: “un solo imperatore sotto al cielo”. Il papa la smetta di voler esercitare un’autorità in Cina e possiamo riparlarne. Da allora, le cose stanno più o meno così.
Xinhua – l’agenzia ufficiale del governo – riporta la notizia senza fronzoli, e spiega poi come avverrà il conclave per eleggere il nuovo pontefice. Benedetto XVI viene descritto come “teologo conservatore di origine bavarese” e si ricorda che è il primo papa a dimettersi da circa seicento anni, cioè da quando “Gregorio XII si ritirò nel 1415 per porre fine alla ‘scisma d’Occidente’, che minacciava di distruggere il cattolicesimo romano”.
A Hong Kong, il South China Morning Post apre invece proprio con la notizia che arriva dal Vaticano che definisce “scioccante” e intervista alcune figure del clero locale. Sia monsignor John Fang Xingyao sia Anthony Liu Bainian, i due rappresentanti della chiesa patriottica riconosciuta da Pechino, dicono che pregheranno per la salute di Benedetto XVI. Il secondo aggiunge di sperare in migliori rapporti fra Cina e Vaticano, ma riafferma che la Chiesa della Cina continentale deve comunque evolvere nel rispetto del “socialismo con caratteristiche cinesi”.
In Rete, i netizen cinesi si lanciano in commenti sui social network con minore intensità dei loro alter ego occidentali, ma dividendosi in due tipologie analoghe: quelli che ne parlano seriamente e quelli che ci scherzano su. Tra i primi, va per la maggiore la versione “il lavoro stanca”: il papa, in definitiva, ha fatto bene a dimettersi se non riusciva più a far fronte ai propri impegni. “Il Papa è il capo supremo della chiesa cattolica – scrive per esempio un utente di Weibo – la responsabilità e la pressione devono essere inimmaginabili. È bene che l’onere della congregazione sia assunto da una persona più adatta”.
Un altro coglie nelle dimissioni un segno di deterioramento della pace nel mondo: “Il Papa è forse una delle poche cariche al mondo senza vincoli ed è probabilmente uno dei lavori più apprezzati. Quest’anno, anche per una persona del calibro di Benedetto XVI, lo stress del mondo è troppo grande. Perfino il Papa ha dovuto dimettersi”. Tra i sarcastici, resta comunque in primo piano il tema del papato come “lavoro”. Analogamente alla nuova Cina dove va per la maggiore la frugalità, è finita l’epoca delle vacche grasse: “Oh mio Dio! Anche il Papa è scontento del suo bonus di quest’anno!”, commenta un utente.
Anche nella Rete cinese impazza il toto-Papa. Chi sarà il successore di Ratzinger? In pole-position nei pronostici sembra esserci il cardinale ghanese Peter Turkson (il famoso “papa nero”), ma molti avvertono che nessuna previsione vale, quando c’è di mezzo il conclave. “Non serve a nulla fare pronostici nel caso di una congregazione segreta”, si legge in un post.
In fondo, il Vaticano funziona un po’ come la Cina.
[Scritto per Lettera43; foto credits: newsinfo.inquirer.net]