Mentre la Cina osserva il suo futuro presidente in America, prosegue il dibattito interno circa il peso dei privati nell’economia. Lo spunto è offerto anche dalla cronaca, in particolare con riferimento al caso della miliardaria cinese condannata a morte.
In suo favore era insorto il web, ma non solo: in molti avevano preso le difese di Wu Ying. Accusata di strozzinaggio e gestione illegale di fondi privati, la donna in realtà rappresenta l’acme di un problema che si è acuito in modo forte nel 2011.
La Cina, da Pechino, ha deciso una stretta creditizia, impedendo alle banche di finanziare le piccole e medie imprese. Questo ha comportato per gli imprenditori una mancanza di liquidità per gestire l’innovazione e contrastare il calo degli ordini dall’estero, a causa della crisi economica che ha investito l’Occidente.
Per questo molti dei piccoli e medi imprenditori hanno fatto riferimento a canali sotterranei di credito, gestiti da privati e denominati “banche ombra”. Interessi altissimi, anche del 180% hanno gettato ben presto sul lastrico molte aziende, e reso scomoda la posizione di chi prestava denaro: una pratica molto comune in Cina, che di fatto sopperisce la mancanza di un flusso di denaro dai canali ufficiali.
Il caso di Wang Ying continua ad essere dibattuto, mentre Pechino sta pensando ad aprire ai capitali privati: cronaca e riforme si mischiano, in un dibattito dai toni piuttosto accesi sulla stampa locale.
Wu Ying passa alle cronache per essere una delle donne più ricche della Cina. “Oggi la miliardaria – come scriveva ieri il China Daily – è nel braccio della morte. Agli occhi di molte persone, in particolare il giudice che ha rifiutato il suo appello il mese scorso, Wu è una truffatrice che ha truffato i suoi amici e partner commerciali per 770 milioni di yuan (122 milioni di dollari)”. Eppure, secondo molti osservatori cinesi, “il suo caso pone in evidenza un grave problema in Cina: la fiducia delle piccole e medie imprese sui prestiti ad alto interesse di finanziatori privati”.
“Dagli strozzini alle banche sotterranee, la catena di prestito privato è ampio ed eterogeneo, secondo gli economisti”. Secondo quest’ultimi la colpa della situazione è da ritrovare all’interno delle lotte vissute dagli imprenditori nell’ottenere fondi di avvio attraverso i canali autorizzati. “Dopo 30 anni di riforme in corso, gli esperti stanno ora chiedendo riforme finanziarie nuove”.
“L’alta corte della provincia di Zhejiang il 18 gennaio ha confermato la pena di morte comminata a Wu, insistendo sul fatto che la trentunenne aveva volutamente truffato istituti di credito tra il 2005 e il 2007, utilizzando falsi bilanci e promesse di rendimenti di grandi dimensioni”.
La sua intenzione, hanno detto i giudici, era quella di truffare e basta. Alcuni però la pensano in modo diverso: secondo un professore di economia pechinese, citato dal China Daily, “le strette politiche monetarie hanno reso difficile – se non impossibile – ottenere prestiti bancari, e il prestito di denaro da parenti, amici e conoscenti sulla promessa di alti rendimenti è diventata l’unica opzione per molti imprenditori cinesi”.
Questo accade perché la maggior parte dei prestiti a lungo termine vengono elargiti a progetti governativi, considerati più affidabili e sicuri.
Soprattutto dallo Zhejiang regione cinese più colpita dalla stretta creditizia, sono arrivati segnali di richieste ben precise: da un lato rendere legale il finanziamento privato, dall’altro agevolare il capitale privato affinché possa avere chanches in settori strategici presi solitamente di mira dalle aziende statali.
Il 16 febbraio, il South China Morning Post, suggerisce che Pechino potrebbe aprire al capitale privato, lanciando un segnale di distensione al mondo delle piccole e medie imprese.
E forse tutto questo aiuterà anche la miliardaria condannata a morte, dato che il suo ricorso, dopo la grande popolarità del suo caso, è ora in riesame.
[La foto di copertina è di Tania Di Muzio; scritto per Lettera43]