«L’Avvocato scalzo. La battaglia per la libertà e la giustizia in Cina di un non vedente» svela alcuni misteri della fuga di Chen Guangcheng, l’avvocato per i diritti umani non vedente, che nel 2012 riuscì a fuggire dalla sua casa nella regione dello Shandong e a rifugiarsi all’ambasciata americana di Pechino.
Nel 2012 la Cina venne scossa da due eventi particolari: la fuga di Wang Lijiun al consolato americano di Chongqing, che diede il via allo «scandalo Bo Xilai», una guerra interna al Partito culminata con l’ascesa di Xi Jinping al potere e la fuga negli Stati uniti di Chen Guangcheng, avvocato per i diritti umani, non vedente, una sorta di celebrità in Cina.
Chen sfuggì al controllo dei suoi «carcerieri», si rifugiò all’ambasciata Usa a Pechino, per ottenere infine un visto e la possibilità di studiare presso un’università americana. Alcuni misteri di quella sua cavalcata verso gli Usa, sono chiariti da Chen stesso in un libro appena uscito: «L’Avvocato scalzo. La battaglia per la libertà e la giustizia in Cina di un non vedente».
Chi è Chen
Chen Guangcheng, cieco fin dall’età di un anno, è un simbolo in Cina, perché ha condotto battaglie legali popolari, capaci di renderlo noto in tutto il paese e anche all’estero. Contrariamente a molti «dissidenti», noti in Occidente, ma sconosciuti in Cina, Chen ha condotto battaglie (ad esempio contro gli aborti forzati) che lo hanno trasformato in un punto di riferimento per gli attivisti cinesi. Proprio a causa delle sue attività è diventato ben presto inviso al potere del partito, che lo sanzionò attraverso una sorta di «arresto domiciliare»
La fuga
L’attivista era imprigionato nella sua casa nella regione dello Shandong, controllato a vista da sgherri che fungevano da guardie. Nel maggio del 2012 Chen scappa, compiendo una fuga di oltre 600 chilometri. Lo hanno aiutato molti, ma la sua «evasione» è avvolta nel mistero. Solo alcuni giorni dopo i funzionari scopriranno che Chen non è più in casa, dando l’allarme. Allora, la rete di attivisti che ha supportato Chen fin dall’inizio, fa sapere che il dissidente è in un luogo sicuro. Su internet viene fatto girare un video in cui Chen chiede espressamente a Wen Jiabao, allora prima ministro, tre cose: indagare e punire i funzionari locali che perseguitano la sua famiglia; evitare rappresaglie contro i suoi famigliari ancora agli arresti e che la legge venga davvero applicata nei casi di corruzione dei funzionari pubblici. Infine viene rivelato che Chen sarebbe all’interno dell’ambasciata americana. La trattativa Usa e Cina era appena cominciata.
I misteri «rivelati»
Nel suo libro Chen svela alcuni misteri, ma non tutti, come sottolinea sul Wall Street Journal Jerry Cohen. Il professore americano partecipò alle trattative per fare andare Chen a studiare negli States. Chen non rivela nulla della sua rocambolesca fuga, forse per «coprire» ancora, nel tempo (e ha fatto bene) chi lo aiutò e risiede oggi in Cina. Ma sulle trattative specifica che gli Usa insistettero molto perché lui uscisse dall’ambasciata e accettasse l’offerta: protezione Usa e possibilità di studiare in Cina. Secondo Chen fu lui a rifiutare – in un secondo momento – questa soluzione, spingendo per la fuga negli Usa. Come ricorda Cohen, l’attivista era molto spaventato: temeva che la Cina non avrebbe rispettato l’accordo e sentiva su di sé la pressione americana a lasciare l’ambasciata.
Chiaramente gli Usa, disponibili verso Chen erano anche preoccupati delle potenziali ripercussioni internazionali con Pechino (senza dimenticare che era appena avvenuta la fuga di un importante funzionario al consolato Usa di Chongqing). Secondo i diplomatici americani, in ogni caso, la questione non fu mai posta e fu sempre Chen a decidere quanto sarebbe stato necessario per la sua sicurezza. In particolare Chen sembra specificare che sarebbe stata Hillary Clinton a spingere perché il dissidente cinese lasciasse l’ambasciata. L’ex segretaria di Stato aveva negato, specificando, nel suo libro, di aver fatto tutto quanto Chen aveva chiesto.
[Scritto per East]