L’agenzia di stampa statale Xinhua ha descritto la morte di Li come una grande perdita per il paese, rimarcando il suo impegno nell’implementazione di “misure decisive per fermare i disordini e reprimere le rivolte controrivoluzionarie” dell’89. A lui andrebbe quindi il merito di aver fornito “un contributo importante in questa lotta fondamentale, che è stata decisiva per il futuro e il destino del Partito comunista e dello Stato”. Li è stato primo ministro dal 1987 al 1998, anno in cui ha assunto la presidenza dell’Assemblea nazionale del popolo, diventando il funzionario di grado più elevato dopo Jiang Zemin, nominato segretario generale del Pcc dopo l’epurazione di Zhao Ziyang. Di seguito un nostro articolo del 2014 sulla pubblicazione della sua autobiografia.
In Cina sono uscite le memorie ufficiali dell’ormai 85enne ex premier Li Peng. Nega di essere il figlio adottivo di Zhou Enlai, cosa di cui sono convinti in molti che altrimenti non si spiegano la sua rapida ascesa politica, ma soprattutto non arriva neanche a menzionare gli incidenti che portarono al massacro del 4 giugno 1989 in Piazza Tian’amen. In qualità di premier dell’epoca fu lui a dichiarare la legge marziale a Pechino a seguito delle proteste di piazza.
“Qualcuno ha detto che sono stato adottato dal premier Zhou, ma questo non è corretto”. Così Li Peng, primo ministro della Repubblica Popolare Cinese dal 1987 al 1998, smentisce per la prima volta le voci che lo volevano figlio adottivo di Zhou Enlai, abile politico e uno dei più importanti dirigenti di Partito ai tempi di Mao, che non ebbe mai figli naturali. “Zhou e Deng [la moglie], spiega nella sua autobiografia si sono presi cura di molti figli di “martiri”. Io facevo parte del gruppo, tenevano a me quanto agli altri figli dei loro compagni d’armi. Li chiamavamo tutti zio Zhou e mamma Deng”. Li Peng infatti era figlio di due leader della prima ora del Partito comunista cinese, entrambi morti prima ancora che la Rivoluzione fosse completata.
Le sue memorie, coprono gli anni dal 1928, anno della sua nascita, fino al 1983 anno in cui divenne vice premier. Vi si legge della sua istruzione e dei rapporti con gli altri quadri di Partito ma si interrompe sei anni prima degli eventi in piazza Tiananmen, probabilmente il motivo per cui è più ricordato all’estero. Il libro ha ricevuto diverse recensioni e l’elogio dell’agenzia di stampa governativa Xinhua che lo ha definito “un libro di grande valore storico” scritto “con sincera emozione”. Duowei, portale d’informazione in lingua cinese con base negli Stati Uniti gestito da esuli e dissidenti, nota che sono sempre di più i funzionari in pensione che pubblicano le loro memorie rivelando le strategie politiche e le decisioni che hanno portato la Repubblica popolare a diventare la potenza che è oggi.
Tra il 2003 e il 2006 Li Peng aveva pubblicato anche un’altra serie di diari. Seguono il controverso progetto della diga delle tre gole dal 1981, anno in cui Li cominciò a lavorarci in qualità di viceministro dell’energia, e il 2003, quando il bacino cominciò ad essere riempito. In questi scritti si afferma il valore di questa esperienza per lui e la sua famiglia, che sembra conservare molto potere nel settore dell’elettricità. Ma negli ultimi mesi, anche la China Three Gorges Corporation è stata messa sotto inchiesta per corruzione e due amministratori senior sono stati rimossi. Il team governativo anti corruzione ha dichiarato al quotidiano di Hong Kong South China Morning Post che alcuni funzionari sono ritenuti colpevoli di nepotismo e accordi discutibili ottenuti forzando le procedure.
Nel 2010 memorie attribuite a Li Peng sulle vicende interne al Partito che permisero che il massacro di Tian’anmen avvenisse, furono pubblicate online sotto il titolo “Il momento critico”, ma scomparvero subito dalla rete. L’editore di Hong Kong Bao Pu, figlio del braccio destro di Zhao Ziyang, venne in possesso dei manoscritti, ma fu costretto dalle autorità ad abbandonare il progetto di pubblicarle. Alla fine furono pubblicate da un piccolo editore americano ma Li Peng non confermò mai la paternità degli scritti. Quelle sue ipotetiche memorie, di fatto, scaricherebbero tutta la responsabilità dell’imposizione della legge marziale su Deng Xiaoping. Non solo. Consapevoli e concordi alle decisioni prese allora sarebbero stati anche il premier e il presidente della scorsa legislatura: Wen Jiabao e Hu Jintao.
Fin’ora l’unico libro che ha affrontato Tian’namen è stata l’autobiografia di Zhao Ziyang, all’epoca segretario di Partito e poi costretto agli arresti domiciliari. Zhao, il leader che tutti ricordiamo per essere sceso in piazza a parlare con gli studenti, registrò di nascosto le sue memorie su musicassette dell’opera di Pechino. Queste ultime dopo la sua morte furono trovate e fatte uscire clandestinamente dal paese. In seguito furono trascritte e pubblicate ad Hong Kong proprio da Bao Pu. Il titolo è significativo: “Prigioniero di Stato”.
[Scritto per Lettera43]Fondatore di China Files, dopo una decade passata in Cina ora lavora a Il Manifesto. Ha pubblicato “Il nuovo sogno cinese” (manifestolibri, 2013), “Cina globale” (manifestolibri 2017) e Red Mirror: Il nostro futuro si scrive in Cina (Laterza, 2020). Con Giada Messetti è co-autore di Risciò, un podcast sulla Cina contemporanea. Vive a Roma.