La maggior parte delle esecuzioni capitali del mondo avviene in Asia. La Cina è il paese più attivo in questo senso: secondo Amnesty International, in Cina si registrano ogni anno più esecuzioni di tutto il resto del mondo messo insieme. Un approfondimento realizzato per la nostra newsletter settimanale. Scopri qui come riceverla.
Lo spettro della pena di morte continua ad aggirarsi in Asia
-Un recente fatto di cronaca che coinvolge tre detenuti condannati a morte in Giappone ha riportato l’attenzione sul tema della pena capitale in Asia. In diversi paesi, la condanna a morte è una sanzione ancora annoverata nei sistemi penali locali e in molti casi le autorità giustificano la pratica facendo riferimento all’appoggio pubblico di cui godrebbe. Tuttavia, nell’ultimo periodo sono cresciute le iniziative portate avanti da cittadini, associazioni di settore e detenuti stessi per richiederne l’abolizione.
-La maggior parte delle esecuzioni capitali del mondo avviene in Asia. La Cina è il paese più attivo in questo senso: secondo Amnesty International, in Cina si registrano ogni anno più esecuzioni di tutto il resto del mondo messo insieme.
-Seppur con modalità di applicazione differenti in ogni paese, la pena capitale è particolarmente diffusa nel Sud-Est asiatico, dove solo Timor Est, Cambogia e Filippine non la prevedono. Secondo il Global Overview 2020 dell’HRI, il 98% delle condanne a morte confermate per droga (209 su 213) sono state emesse in paesi ASEAN: 79 in Vietnam, 77 in Indonesia, 25 in Malesia, 13 in Laos, 8 in Thailandia e 6 a Singapore.
-L’India raramente opera delle esecuzioni: dal 1991, sono state 30 le esecuzioni esecuzioni. Nel 2017, la Mongolia ha abolito la pena di morte per tutti i reati, seguita dal Kazakistan nel 2021.
Giappone
-Martedì tre detenuti nel braccio della morte del carcere di Osaka hanno intentato una causa contro il governo di Fumio Kishida. Oltre ad un risarcimento di 33 milioni di yen (circa 240.000 dollari statunitensi) per il danno psicologico causato dalla condanna a morte, richiedono l’abolizione dell’esecuzione per impiccagione, una pratica eseguita fin dall’epoca Meiji (1868-1912).
-Le esecuzioni vengono solitamente eseguite con un preavviso di qualche ora al massimo; secondo i detenuti e i loro legali, violerebero l’articolo 36 della Costituzione e la Dichiarazione internazionale dei diritti umani, che vietano torture e punizioni crudeli.
-Un’eventuale vittoria legale dei tre potrebbe condurre a una storica revisione del sistema penale giapponese. Tuttavia, la pena di morte gode di un certo sostegno all’interno della società giapponese.
-Kyoji Mizutani, l’avvocato che rappresenta i querelanti di Osaka, ha dichiarato in una conferenza stampa: “È davvero irragionevole mettere in discussione la continuazione o l’abolizione della pena di morte mentre le informazioni sulle esecuzioni non sono state divulgate. Il governo nazionale dovrebbe rivelare il vero quadro delle esecuzioni”.
Taiwan
-La legge taiwanese prevede l’esecuzione per i reati di omicidio, tradimento, gravi casi di rapina, stupro e rapimento, tra gli altri. Secondo alcuni, la pena di morte rappresenta l’ultimo retaggio della legge marziale nel paese che è considerato una delle democrazie più vibranti d’Asia.
– La notizia di agosto dell’uccisione di due agenti di polizia da parte di un criminale in fuga ha riportato in auge il dibattito sulla pena di morte a Taiwan. I gruppi abolizionisti del paese sono diventati il bersaglio dell’ira di alcuni cittadini indignati, che hanno chiesto a gran voce l’esecuzione del fuggitivo.
Myanmar
-Il Myanmar si era guadagnato il titolo di “abolizionista nella pratica” conferito da Amnesty International e Death Penalty Watch, in quanto per decenni non si erano svolte esecuzioni nel paese. Tuttavia, il 25 luglio la giunta che ha preso il potere con il golpe del 2021 ha giustiziato quattro attivisti per la democrazia, tra cui l’ex legislatore Phyo Zeya Thaw e l’attivista di spicco Ko Jimmy, senza dare indicazioni alle famiglie riguardo alle tempistiche della condanna.
-La Cambogia, in qualità di presidente dell’ASEAN per il 2022, ha affermato che il blocco regionale è “estremamente turbato e profondamente rattristato” a fronte delle esecuzioni. “Questa è una questione che l’ASEAN prende seriamente”, hanno aggiunto le autorità cambogiane.
Malesia
-Il 10 giugno Wan Junadi Tuanku Jaafar, ministro della legge de facto del Paese, ha annunciato che il governo ha deciso di abolire la pena di morte obbligatoria per gli 11 reati che prevedono tale sanzione nel paese. Ai giudici la discrezione di considerare attenuanti e specificità di ogni caso prima di pronunciare una sentenza appropriata.
– Come molti dei suoi paesi della regione, la Malesia ha leggi dure sulla droga, compresa la pena capitale per i trafficanti. Secondo i dati resi noti dal Parlamento a febbraio 2022, il braccio della morte in Malesia ospita 1.341 detenuti, di cui 905 casi riguardano condanne a morte per traffico di droga che sarebbero state obbligatorie prima della moratoria.
Singapore
-Nella città-stato si è tenuta a luglio la quinta esecuzione in meno di due mesi. Chiara Sangorgio, esperta di Amnesty International ha commentato: “Tutti i giustiziati a Singapore nel 2022 sono stati condannati alla pena di morte obbligatoria per reati legati alla droga. “Invece di avere un effetto deterrente unico sul crimine, queste esecuzioni mostrano solo il totale disprezzo delle autorità di Singapore per i diritti umani e il diritto alla vita”, aggiunge.
-Gli standard internazionali proibiscono infatti l’imposizione di condanne a morte obbligatorie, chiedendo che siano limitate ai crimini di estrema gravità che comportano l’uccisione intenzionale.
Di Michelle Cabula