Si dice che il presidente Xi abbia già tolto tutti i denti alla "tigre" Zhou Yongkang, lo zar della sicurezza della scorsa legislatura. E ieri anche Reuters ha confermato le voci che lo danno in libertà vigilata. Ma gli organi ufficiali cinesi non hanno ancora né commentato, né smentito. Fino ad adesso, cosa sappiamo?
La notizia è ancora avvolta dalle nebbie che contraddistinguono le informazioni sulla leadership cinese: Zhou Yongkang sarebbe in libertà vigilata. Si tratta dell’ex zar dei servizi di sicurezza cinesi, il potentissimo numero 9 della scorsa nomenklatura, fino a marzo scorso a capo della Commissione militare e, da sempre, un protetto del grande vecchio Jiang Zemin.
Lo riporta Reuters che cita una fonte che chiede di essere protetta dall’anonimato. È molto che si aspetta questa notizia. D’altronde proteggeva l’ex astro nascente della sinistra cinese Bo Xilai, condannato a settembre all’ergastolo per corruzione e abuso di potere. E Zhou non è uno stinco di santo.
Nelle ultime settimane alcuni siti di informazione cinese gestiti dagli esuli negli Stati Uniti avevano fatto circolare la notizia che il figlio, Zhou Bin, fosse rientrato nella Repubblica popolare per collaborare alle indagini sul padre e sul suo uomo di fiducia Jiang Jiemin, capo dell’organismo che sovrintende le grandi imprese di Stato ed ex presidente di PetroChina. Quest’ultimo è già finito nelle maglie della campagna anticorruzione lanciata dal presidente Xi Jinping.
Altre notizie filtrate da fonti più o meno attendibili sono che l’ex zar della sicurezza avrebbe fatto uccidere la sua prima moglie dal suo autista e che avrebbe tentato per due volte di assassinare Xi Jinping prima che diventasse presidente.
In uno dei due documenti scritti da “qualcuno presente in aula” durante il processo Bo Xilai, l’imputato afferma che quando tentò di insabbiare la fuga al consolato americano del suo braccio destro Wang Lijun, avrebbe “eseguito gli ordini di un’importante agenzia di Stato”. L’agenzia in questione era diretta da Zhou Yongkang.
La notizia – che non è stata né confermata né smentita dalle agenzie cinesi – è una bomba. Dopo il periodo di purghe che ha contraddistinto la Rivoluzione culturale, nessun membro del Comitato permanente è mai stato messo sotto indagine. Xi Jinping ha rotto così un tacito accordo all’interno del Pcc. Come Mao è convinto che “una montagna non possa ospitare due tigri”.
[Scritto per il Fatto Quotidiano]