L’ultima tigre allo stato brado potrebbe morire prima del 2040. Mancano pochi giorni all’arrivo della Festa di Primavera, il 14 febbraio, quando la Cina entrerà ufficialmente nell’anno della Tigre e per il governo di Pechino, in cima alla lista dei buoni proposti per il nuovo anno, svetta la volontà di salvare l’animale dall’estinzione. Pechino sposa così la campagna lanciata dal WWF che nell’anno della biodiversità ha scelto il felino come simbolo della natura in pericolo.
«Le tigri vengono ancora oggi sterminate in tutto l’areale che ancora occupano, avvelenate, braccate con ogni mezzo, catturate per il commercio illegale di loro parti e prodotti, e cacciate dai loro antichi territori a causa della distruzione degli habitat – spiega Massimiliano Rocco, responsabile del Programma Specie del WWF Italia – Ma noi riteniamo e ci auguriamo che nell’Anno della Tigre ci sia ancora speranza per questa magnifica specie». Le cifre non aiutano l’ottimismo. Gli esperti stimano che dall’ultimo anno della Tigre, nel 1998, il numero dei felini si sia quasi dimezzato e ad oggi siano rimasti solo 3.200 esemplari in tutto il mondo, mentre dal 1940 sono tre le specie ormai estinte. Gli animali soffrono la scomparsa del loro habitat naturale, ridottosi in 12 anni di quasi il 40%. Colpa della deforestazione e del mercato illegale di legnamene che hanno messo in pericolo l’habitat della tigre in Russia e nelle regione del Mekong, nel Sud-est asiatico; ma è colpa anche dei cambiamenti climatici, che minano la sopravvivenza dell’animale in India e Bangladesh.
In Nepal, Vietnam e Cina, a minacciare le tigri è invece il crescente commercio di ossa, pelli e carne, utilizzati per produrre medicinali e abiti tradizionali. «Un’usanza tradizionale cinese che perdura ancora oggi» spiega Fan Zhiyong dell’ufficio WWF di Pechino. Un commercio attuato in spregio ai divieti ufficiali che alimenta un mercato nero molto redditizio, basti pensare che una pelle, per realizzare tappeti e mantelli, può arrivare a costare anche 20 mila dollari.
«Il numero di tigri selvagge rimaste in Cina è molto deprimente» si sfoga Xie Yan, direttrice del programma nazionale cinese della Wildlife Conservation Society. Le stime sembrano darle ragione. Gli esemplari allo stato brado sarebbero meno di 50 in tutto il paese: una decina vivono ancora nella provincia sud-occidentale dello Yunnan, una quindicina in Tibet, e circa 20 nelle province di Jinin e Heilongjiang , nella Cina nord-occidentale. Per questo a fine gennaio in Thailandia, una conferenza ministeriale asiatica sulla Conservazione della tigre si è posta come obbiettivo il raddoppio del numero dei felini entro il 2022, il prossimo anno della Tigre. In quest’ottica il governo cinese ha adottato una serie di direttive per rafforzare la tutela del territorio e mettere un freno al commercio illegale di ossa e pelli. E per sensibilizzare l’opinione pubblica il popolare attore Jackie Chan esorta i cinesi a «smettere di comprare per smettere di uccidere».
[Pubblicato su Terra il 12 febbraio 2010]