La necessità di informazione, comunicazione e condivisione, personale e collettiva, è la spinta creativa. Questo è uno spazio dedicato a uno tra i personaggi più influenti dei nostri tempi: Ai Weiwei, l’uomo, l’artista, il dissidente. Perché la libertà è partecipazione. Ogni mercoledì, su China Files.
‘Si potrebbe andare tutti allo zoo comunale’. No, nemmeno te lo chiedo se ‘vengo anch’io’. Perché?
a) perché non voglio che mi rispondi ‘no, tu no’; b) perché io allo zoo ci vado tutte le mattine.
Una cosa però è certa: lo zoo non è quello comunale. Entriamo nello zoo meno comunale del mondo.
Questo articolo potrebbe sembrare un po’ scontato. Chiunque metta piede in casa Ai scrive un pezzo sugli animali che popolano lo studio. I piccoli esserini a quattro zampe, più o meno piccoli e più o meno zampe, sono i protagonisti delle giornate e della casa. Dopotutto è difficile non notare quaranta gatti. Ma tutti quelli che hanno scritto di loro non hanno trovato quello che ho trovato ieri mattina io in ufficio. ‘La guerra dei due mondi’, ‘caporetto’, ‘la quiete dopo la tempesta’: invece no, sono stati i gatti. Però è perché pioveva.
Loro non hanno nemmeno dovuto smettere di lavorare perché il gatto si è impossessato della tastiera del computer e del mouse (mi domando sempre se credano sia un topo vero) e fissa lo schermo come a dire che anche lui, questo stipendio alla fine del mese, se lo dovrà pur meritare.
Parlare di tutti loro in una sola volta diventerebbe troppo lungo ed oltretutto non gli renderebbe giustizia. In questa prima parte della descrizione di ‘questa casa non è un albergo, questo ufficio non è uno zoo!!!!’, vi racconterò dei miei preferiti: i cani.
I primi due mesi che ho lavorato al Fake, sono stata nel back office. Sì, vi ricordate bene: quello con l’orto e, appunto, lo zoo. In quest’area ci sono anche i cani, che invece non possono uscire dal cancello per raggiungere il front office e il giardino. Solo ad un cagnolino è consentito (come vedete non solo in Italia funziona così, a ‘conoscenze’), di cui non ricordo mai il nome: ma sostanzialmente è la figlia del cane, quest’estate purtroppo morto, di Weiwei.
Il primo mese e mezzo è stata una lotta continua, ma comunque non un inferno: l’inferno ‘è stato scatenato’ dall’arrivo di un cucciolo di husky. Anche se noi, il suo ‘segnale’, non l’abbiamo percepito. Partiamo dall’inizio. ‘Non ti preoccupare, sono amorevoli, non mordono, ti piaceranno’. Niente di più vero, ad ogni modo. Holly e Taotao: il primo di taglia media, la seconda di taglia piccola. Dolci, calmi e gelosi. Io solo una cosa ho capito: quando è caldo perché dentro c’è il condizionatore e loro poverini fuori muoiono e si squagliano, quand’è freddo perché dentro è caldo e loro poverini fuori muoiono congelati. Quando è caldo e quando è freddo: loro sono sempre dentro l’ufficio.
La migliore parte della storia corrisponde al momento in cui tu decidi che, per esempio, un giorno ti va di lavorare senza di loro: super legittimo. Anche così, giusto per farglielo capire che l’ufficio in realtà non è una cuccia. Non credo di essermi divertita mai così tanto; anche le persone più serie, le più arrabbiate, le più impegnate, persone importanti, meno importanti: tutte con un piede sulla porta, uno verso il cane, tutte pronte a spiccare la corsa per fare prima di loro, le bestiole, e non farle entrare.
Molte volte penso che nel nostro ufficio gli animali siano la cosa che in assoluto ci rende più umani. La reazione che si ha con un cane è la stessa per tutti: produttori, stagisti, veterani, capi. Inoltre: che cani intelligenti! Che cani poliglotti! Dopo qualche giorno della mia permanenza un collega mi disse che certamente il cane non mi avrebbe capito se io gli avessi parlato in italiano. La mia risposta fu: ‘Eh sì, tu gli parli in cinese e capisce, stai a vedere che non capisce l’italiano!’
Oltre la battuta, anche questo è indicativo. Probabilmente i cani sono come i bambini, gli unici capaci a giocare con altri bambini pur non conoscendo una sola parola dell’idioma dell’altro interlocutore. Non posso dimenticare mio fratello che passava le giornate a giocare con un ragazzino della Repubblica Ceca. Avranno avuto otto-nove anni: loro semplicemente giocavano e ridevano. E’ solamente la nostra idea a volere imporre a noi stessi che un cane possa capirti perché riconosca le parole.
Non sono un’esperta in questo, ma credo che un cane riconosca cose molto più importanti delle parole ed io ne ho la dimostrazione: ai poveri Holly e Taotao, gli americani parlano in slang, i cinesi parlano in pechinese e io parlo in ‘viterbese’. Non so come facciano al ‘ehy doooooog, ehy man, you are a good boy, you are a very good boy! Guo laiiiiiii, eh guo laiiiii, chu quuuuuuuu, Holly chu quuuu! Aho, devi sta’ giù! No, giù, forza. Aho, ma guarda tu, aho guarda che m’hai fatto, eh. Taotao ma che t’è andata via la testa? Forza muoviti, va’ fuori!’: so solo che loro non sbagliano mai.
Questa descrizione romantica sugli amici a quattro zampe finisce nel momento in cui inizio a raccontare del nuovo arrivo. Un diavolo: un diavolo ben nascosto in una palla di pelo e di grasso bianca e grigia con la bocca sempre aperta e la lingua cadente. E’ così che ad agosto arriva lei: Da xian(r).
Da xian(r) è l’husky di uno dei miei colleghi che vivono qui dentro lo studio. Quando ci siamo conosciute aveva tre mesi, ora ne ha all’incirca sei. Ovviamente nessuno credeva potesse essere così piccola, dato che lei a tre mesi era più grossa di me a tre anni. Io non avevo mai avuto a che fare con un cucciolo, ma ho inaspettatamente capito che sono veramente come i bimbi, né più né meno.
Il primo giorno che è riuscita a fare irruzione nel nostro ufficio, noi non sapevamo ancora della sua esistenza, abbiamo semplicemente pensato che fosse arrivato il terremoto, l’uragano, insomma una catastrofe naturale. Solo dopo pochi secondi ci siamo accorti che la disgrazia aveva quattro zampe e due occhi ben spalancati alla scoperta di qualsiasi cosa non avesse mai visto: ovvero tutto. Sopra il tavolino, sotto il tavolino, dentro al cestino dell’immondizia, con la penna in bocca, arrampicata sopra le sedie. Giamburrasca husky, altro non mi veniva in mente. Anche qui vale il discorso delle lingue, quando si parla ai neonati. Anche con lei sono stati utilizzati tutti gli idiomi del mondo: niente.
Sotto shock, data la completa insaputa del suo arrivo, la prendevamo di peso e mettevamo fuori dall’ufficio. I primi giorni sono stati terribili: giorni di distruzione totale. Gli altri due cagnoloni sempre nervosi e anche terrorizzati da tanta incoscienza, come quando hai a che fare con i matti e alla fine ti tocca lasciarli fare che non si sa mai. La povera cucciola, per almeno la prima settimana, è stata evitata da tutti come la peste. Holly e Taotao non la volevano vedere nemmeno scritta, noi eravamo terrorizzati al pensiero di incontrarla. Per fare un esempio: ogni giorno che uscivo dall’ufficio per andare in bagno i miei vestiti erano istantaneamente da lavare.
Una mattina pioveva, sono arrivata allo studio e l’ho trovata letteralmente dentro un vaso gigante pieno di terra, quindi di fango, a schizzarsi come i maialetti nei cartoni animati. La bocca sempre aperta, con la lingua di fuori. E fu così che io, alle nove di mattina, ero già da mettere in lavatrice. Dopo la rabbia iniziale, durata un secondo, capisci che non puoi che ammazzarti di risate a guardare un essere che non capisce ancora praticamente nulla, con lo sguardo completamente perso, storto e goffo, che scopre il mondo e combina disastri.
Mi accorsi così che, piano piano, il mio cuore era di quel coso grigio che non sapeva camminare: barcollava ed era il contrario dell’eleganza, non sapeva abbaiare: brontolava, non capiva nulla: scopriva, non sapeva mangiare: ficcava tutto il muso nella ciotola, non obbediva nemmeno ad un ‘ordine’: ti guardava con una faccia più unica che rara facendoti capire che tu potevi strillare per un altro quarto d’ora ma tanto a lei da un orecchio entrava e dall’altro usciva.
Dopo qualche tempo Da xian(r) ha cambiato i denti, anche lì come i bambini: la rete dell’orto distrutta e ben due paia di scarpe di persone che abitano lì completamente mangiate. Hanno provato a sgridarla ma anche lì è finita a ridere: la risposta del cane sembrava veramente essere ‘tanto non capisco’. Un giorno l’ho trovata a sgranocchiare il parquet dell’ufficio, talmente tanta era la smania. Nel frattempo, la processione per entrare in ufficio peggiorava di giorno in giorno: Holly e Taotao sempre presenti a voler entrare, Da xian(r) che come vedeva aprire la porta si fiondava come una furia, i colleghi che avevano in mano il bicchiere di tè che giocavano a fare gli equilibristi per non cadere prima loro, poi il tè con tutto il cane. Alla fine nessuno voleva più uscire dalla porta, poi si è convenuto che, in confronto a quella peste appena arrivata, gli altri due erano angeli e che quindi potevano stare in ufficio a rinfrescarsi con il condizionatore.
Tanto Giannino Stoppani aveva così tanto da fare là fuori. E’ stato così che piano piano, vista la sua discriminazione (voluta e cercata), io ho iniziato a fare amicizia con la piccola ‘veggente’ (questa la traduzione del suo nome, ‘colei che può vedere nel futuro’). Un giorno l’ho dovuta accompagnare abbracciandola a fare conoscenza con un coniglio, anche lui nuovo arrivo allora. Un husky gigantesco terrorizzato da una palletta bianca dentro una gabbia: ma allora è proprio vero che l’ignoranza atterrerebbe anche un gigante di fronte ad un cespuglio. L’ho trovata che abbaiava come una pazza e la mattina dopo era ancora lì, a fare da guardia al coniglio, che non aveva ancora capito cosa fosse, fuori dalla gabbia.
Un altro giorno l’ho trovata scioccata, che provava ad abbaiare ma ovviamente non ci riusciva, fissare un punto: era un topo. Quante risate ci facciamo, ogni essere che non sia immobile la terrorizza e lei è la più grossa e la più possente di tutti. Di Da xian(r) potrei parlare ancora per secoli, l’allora pecora nera, ‘odiata’ da qualsiasi specie che respira, si sta integrando con tutti, anche con i suoi ‘colleghi’. E’ anche vero che di tempo ne è passato ma lei è ancora una ‘baby’, sono cambiati i disastri ma pur sempre di disastri si tratta.
L’altro giorno era in punizione perché ormai riesce a saltare sopra la finestra ed ha tirato giù tutto il sacco con il mangime: poi stava male perché aveva mangiato troppo. Gli americani, tra una pausa e l’altra, continuano a dirle : ‘You are so stupid dog, so annoying’ e ridono, perché lei veramente ancora non capisce nulla. Lei, di contro, centra subito il bersaglio. Qualche tempo fa, di tutte le possibili scelte, è andata a saltare addosso a Weiwei: a me tanto stupido, questo cane, non sembra. La mia collega, quando ha bisogno di andare nel back office per curare l’archivio, mi chiama al telefono: io intrattengo i cani e lei entra. Ieri avevo bisogno di un catalogo, ho dovuto distrarli e quando non mi vedevano correre ed aprire la porta.
E’ sempre così qui, un circo. Io ripeto tutto il giorno che questo non è un ufficio, questo è uno zoo. Altre definizioni non le trovo. Alla fine però, nonostante il lavoro sia già duro e ci tocchi pure questa condanna, quando qualcuno manca all’appello la giornata non è completa. Per un giorno che il mio collega ha portato fuori la peste, a pranzo si è sollevata una questione di stato: tutti a cercarla e il primo a farlo è stata la vittima a cui sono stati sottratti due paia di scarpe.
Qualcuno diceva: ‘ad ognuno la sua croce’. A noi è toccata questa: sparizione di penne, cani che si accovacciano ai tuoi piedi mentre tu cerchi di fare qualcosa di serio, interruzione del lavoro perché Holly ti guarda con due occhi giganti perché si è annoiato e vorrebbe un attimo uscire, gare atletiche per entrare in ufficio, pulizia di qualcosa che ogni tanto ‘sfugge’ ai nostri amici, odori non sempre piacevolissimi. A me personalmente: un vestito da lavare al giorno.
Le risate, i video e le fotografie che gli facciamo, l’ispirazione che danno, il punto d’incontro che rappresentano, come se fossero “ ‘a livella” che mette tutti sullo stesso piano, l’affetto che strappano anche quando sei furioso facendoti rilassare, perché non puoi essere furioso con un animale, tutto questo lo conosciamo solo noi. Non ci sono molte spiegazioni: sono la nostra terapia. Inoltre, come avevo già accennato, è meraviglioso scoprire come siano loro a tirare fuori, con il loro lato animale, la nostra più grande fetta di quello, invece, umano.
*Eleonora Brizi ha 27 anni e vive a Pechino. Ogni mattina apre la porta verde del n° 258 di Caochangdi, FAKE studio. Qui lavora per e con Ai Weiwei. Il suo blog è Dacci oggi il nostro Aiweiwei quotidiano.