La necessità di informazione, comunicazione e condivisione, personale e collettiva, è la spinta creativa. Questo è uno spazio dedicato a uno tra i personaggi più influenti dei nostri tempi: Ai Weiwei, l’uomo, l’artista, il dissidente. Perché la libertà non è uno spazio libero, libertà è partecipazione.
Fornire una descrizione urbanistica ed ‘ecologica’ della Pechino del 2012 richiederebbe troppo tempo, mi limiterò a dare alcune informazioni: gru, grattacieli e palazzi in costruzione; finte vecchie vie ricostruite a suon di ‘fake’; convogli di auto e traffico paralizzato; puzza di bruciato in gola; colore dominante: grigio. Un cielo normalmente così grigio da riuscire spesso ad annebbiare la vista e far cambiare idea persino ai cardiologi, che dal tempo dei tempi consigliano una corsetta due o tre volte alla settimana, ma che qui si arrenderebbero alla scelta del male minore .
Poi ci sono i parchi, dove si fa taiqi, si canta, si pratica la calligrafia sul mattonato con un pennello gigantesco bagnato, si pesca rimettendo subito in libertà i pesci malcapitati; gli hutong (quelli superstiti non distrutti, le vecchie vie di Pechino con abitazioni a corte, ad un solo piano, bagni pubblici, dove vivono più famiglie), dove le verdure sono adagiate per terra e lo scaccia mosche per la carne è un pezzetto di carta o di panno attaccato ad un filo che pende dal soffitto e gira, dove i bambini scorrazzano nell’incredibile silenzio di una città che improvvisamente non sembra quella in cui abitano, dove gli anziani non sanno cosa significhi lottare per un posto in un vagone metro e i giovani non sentono necessariamente il bisogno di allargarsi gli occhi attaccandosi ciglia finte; le lanterne rosse, tutte ai lati della strada, sul lago, belle come quelle dell’omonimo film; le vaschette in vetro di yogurt in vendita appoggiate in ogni dove (che se lo bevi subito e restituisci il bicchiere al negoziante hai indietro 2 kuai); e poi c’è Caochangdi.
A Caochangdi ci troviamo nel quinto anello di Pechino e nel più straordinario esempio di ibrido tra arte e campagna. Il villaggio, una sorta di paesino, è molto piccolo ed è abitato da contadini e gallerie d’arte. Non tutti i punti sono asfaltati, ma le più interessanti gallerie di Pechino si trovano là. Una mini-discarica, se così si può chiamare (è solamente un punto dove gli abitanti ‘appoggiano’ tutta l’immondizia) è proprio al centro del paesino (almeno l’odore non è chimico), ma a meno di due passi c’è l’Accademia di Belle Arti e la scuola di design.
Alle sei del pomeriggio, ora di cena per i cinesi, gli spiedini più grandi di Pechino ‘inebriano’ le strade e le gallerie, non ancora chiuse. Tutto questo esiste da quando, nel 1999, un artista di nome Ai Weiwei scelse questi suoli come sua residenza e luogo di lavoro realizzando il suo primo progetto architettonico e dando inizio, con l’edificazione dello stabile ‘FAKE’ (la scelta del nome la spiegheremo in seguito, sempre su questi schermi), oggi suoi studio e abitazione, alle famose costruzioni in mattoncini grigi del villaggio, filosofia: ‘make it simple’.
Weiwei è il figlio del grande poeta Ai Qing, di cui tutti i cinesi, ancora oggi, apprendono le poesie a memoria a scuola. Weiwei cresce durante il periodo della Rivoluzione Culturale (1966 – 1976) e all’età di un anno si ritrova a seguire il padre, spedito da Mao nei campi di lavoro dello Xinjiang (provincia dell’ovest della Cina) con tutta la famiglia, a pulire i bagni pubblici. Faranno ritorno a Pechino solo nel 1975 e Weiwei si iscriverà qualche anno più tardi all’accademia di cinema di Pechino.
Nel 1981 si trasferisce a New York, dove vive fino al 1993, quando ritorna a Pechino per stare accanto al padre malato. Accresciuta la sua fama di artista, nel 2007 il governo cinese gli commissiona la progettazione, insieme a Jacques Herzog e Pierre de Meuron, dello stadio per le Olimpiadi di Pechino 2008 ‘Bird’s nest’. Nel 2008, lo stesso Weiwei boicotterà le Olimpiadi, spiegando che, contrariamente a come si auspicava, non avevano portato miglioramenti nel campo dei diritti umani ma che anzi rappresentavano solo un’ennesima propaganda di regime.
Ma lo ‘spartiacque’ della vita di Weiwei si colloca durante la sua permanenza nel Sichuan (2009), dove si reca per testimoniare a favore di Tan Zuoren, uno degli investigatori che si erano occupati del caso delle scuole del Sichuan . Quando la polizia locale gli fa ‘visita’ di notte nell’albergo dove alloggia e lo picchia alla testa: il confine è stato superato. Ora tutto può succedere, nessuno pensava fosse possibile che Ai Weiwei venisse toccato, nessuno, forse nemmeno lui. Da lì qualcosa è cambiato. E’ guerra.
Mentre si trova a Monaco per una sua esposizione (2009), viene operato d’urgenza. I medici si accorgono che la terribile emicrania che accusa da tempo è dovuta ad un ematoma alla testa, causato dalle percosse della polizia. Da qui la cicatrice sul lato destro che si fotograferà e si lascerà sempre fotografare e che diventerà uno degli emblemi della sua stessa persona.
Per 81 giorni di detenzione nessuno è a conoscenza di dove sia e di quanto tempo debba passare prima di un suo probabile o non probabile ritorno; solo la moglie ottiene il permesso di vederlo il 15 maggio, dopo più di quaranta giorni. Dopo tre mesi Weiwei è ufficialmente accusato di avere ‘problemi con il fisco’ (è la società del Fake studio ad essere accusata), di mancato pagamento delle tasse: tutto non meglio precisato (quali tasse? quali problemi?). Ma ora l’accusa è esistente ed è questa.
Viene rilasciato sotto confessione e in condizione di libertà vigilata: gli viene ritirato il passaporto e per un anno non potrà uscire da Pechino e dovrà riferire ogni suo spostamento, anche all’interno della stessa città, alla polizia. Nonostante l’artista rispetti la condizione, il 22 giugno scorso (2012), quando la polizia avrebbe dovuto restituirgli il passaporto e ‘rimetterlo in libertà’.
Ma altre ‘nuove’ accuse, già debolmente menzionate tempo prima, richiedono di essere indagate: tra cui pornografia e poligamia. Ovvero: una fotografia pubblicata anni fa online dove compaiono Weiwei ed alcune donne seminudi ma annoverata nella categoria ‘pornografia’ in base all’alto numero di click ricevuti su internet, legge tutta cinese; e un figlio da una relazione extramatrimoniale. Risultato: a Weiwei non viene dato indietro il passaporto e per il momento può lasciare Pechino ma non la Cina (‘Posso nuotare ma non lontano’, Ai Weiwei).
Voilà in brevissimo ‘chi è’ l’artista cinese più famoso nel mondo. Nei prossimi post mi piacerà scrivervi di chi è per me Ai Weiwei, come io lo vedo ogni mattina ed ogni giorno a pranzo, approfondire ognuno dei punti fievolmente menzionati oggi, scoprirne insieme l’evoluzione e provare a capire chi sia ‘l’uomo’, parlare della moltitudine di animali che abitano la sua casa, i veri protagonisti di ogni giornata.
Scoprire insieme, poiché io ho il piacere di conoscerlo da due mesi ma quando si parla di una persona, in questo caso di Weiwei, perché la scoperta si esaurisca non basta una vita. Buona scoperta.
*Eleonora Brizi ha 27 anni e vive a Pechino. Ogni mattina apre la porta verde del n° 258 di Caochangdi, FAKE studio. Qui lavora per e con Ai Weiwei. Il suo blog è Dacci oggi il nostro Aiweiwei quotidiano.