Secondo il Global Times, giornale-costola dell’ufficiale Quotidiano del Popolo, il Vaticano e la Cina starebbero organizzando la storica visita di papa Francesco nell’ex Celeste Impero.
The next steps between #China and the #Vatican are establishing diplomatic relations between the two countries, arranging Pope Francis’s visit to China, and welcoming Chinese leaders to visit the Vatican: Sanchez Sorondo, Chancellor of the Pontifical Academy of Sciences
Si tratta di una notizia di cui si discute da tempo. Bergoglio ha più volte espresso il desiderio di visitare la Cina e recentemente, durante il viaggio in Giappone (dove moltissimi dei fedeli giunti ad ascoltarlo erano proprio cinesi), il Pontefice aveva ammesso: “Mi piacerebbe andare a Pechino, io amo la Cina”.
E, come riportato dal Foglio, la sua posizione sui fatti di Hong Kong sembrava proprio essere orientata a soddisfare il partito comunista cinese: “ci sono varie situazioni con problemi che io in questo momento non sono capace di valutare. Io rispetto la pace e chiedo la pace per tutti questi paesi che hanno dei problemi, anche la Spagna. Conviene relativizzare le cose e chiamare al dialogo, alla pace, perché si risolvano i problemi”.
Il Pcc – ovviamente – ha apprezzato.
Come fonte della notizia, il Global Times ha citato il vescovo Marcelo Sánchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, che in precedenza aveva elogiato la Cina come “paese straordinario”, dicendo: “Non ha baraccopoli, i giovani non assumono droghe”. Invece, aveva sostenuto, c’è una “coscienza nazionale positiva”, aggiungendo che la Cina starebbe implementando al meglio l’enciclica di Papa Francesco Laudato Si “meglio di molti altri paesi”, così come le questioni legate al clima.
L’accordo segreto
Nel settembre del 2018 Pechino e il Vaticano avevano siglato un accordo segreto, di cui aveva scritto Luca Kocci sul manifesto: “Dopo la proclamazione, da parte di Mao, della Repubblica popolare, nel 1958 viene creata, con l’appoggio del governo, l’Associazione patriottica cattolica cinese, da cui nasce una sorta di Chiesa ufficiale, che ordina vescovi non riconosciuti e automaticamente scomunicati dal Vaticano. Parallelamente si sviluppa una Chiesa clandestina, con vescovi fedeli a Roma. Fra gli aderenti alle due comunità vi sono contatti e sovrapposizioni, ma di fatto in Cina esistono due Chiese.
L’accordo «provvisorio» del 22 settembre stabilisce una procedura unica per la scelta dei vescovi. Il testo resta segreto, così da poterlo modificare senza clamori. Tuttavia l’iter dovrebbe essere il seguente: i candidati vengono selezionati nelle diocesi, il governo concede la propria approvazione, infine il papa consacra i vescovi. Se strada facendo c’è qualche intoppo, si azzera tutto. In questo modo il papa è il solo a consacrare i vescovi ma il governo mantiene un controllo sui nomi. Una mediazione in cui entrambi gli attori concedono qualcosa ottenendo qualcos’altro e che potrebbe porre fine alla duplicazione delle Chiese e portare alla «pace» fra Roma e Pechino”.
Come funziona la Chiesa in Cina
In Cina esistono due Chiese cattoliche, una ufficiale, i cui vescovi sono nominati dal Partito comunista, oggetto proprio dell’accordo di cui sopra, e una clandestina, non riconosciuta dal Partito comunista e osteggiata, quando non perseguitata, dalle autorità cinesi.
Lo scorso anno, nel febbraio 2018, erano emerse notizie circa distruzioni di Chiese, sintomo di una stretta da parte del partito sulle religioni e in particolare contro la Chiesa “sotterranea”. Pechino aveva giustificato questi atti sostenendo che fossero necessarie le demolizioni, in quanto costruzioni abusive, ma aveva preoccupato non poco le autorità vaticane, intenzionate ad avvicinarsi a un numero molto alto di fedeli. A questo proposito, è necessaria una precisazione: di solito i cattolici sono stimati in 12 milioni in Cina ma, secondo dati recenti dati forniti dal Holy Spirit Study Center di Hong Kong, dal 2015 a oggi sarebbero ormai scesi a 10 milioni e un accordo per il Vaticano sarebbe dunque il modo di tornare sui numeri precedenti e magari aumentarli).
Non solo, i cattolici cinesi sono tradizionalmente presenti nelle zone più rurali del Paese. In questo modo, i vescovi o i prelati hanno sempre avuto sotto controllo le proprie comunità tanto da portarle “in dote”: ogni vescovo cinese viene quasi sempre associato al numero dei fedeli che “gestisce”. Secondo fonti riportate da un articolo del New York Times del 14 febbraio 2018, queste comunità starebbero ormai in procinto di deflagrare, perché lo sviluppo cinese porta molte persone ad abbandonare le campagne. In questo modo il controllo sui fedeli si perde e con esso si perdono numeri – e potere, probabilmente – nonché la possibilità di fare proselitismo.
Perché conviene a entrambi la visita in Cina del Papa
Vaticano e Partito comunista sono due organizzazioni che si assomigliano molto più di quanto possa sembrare: vivono di liturgie simili, controllano la presa ideologica sui propri “fedeli” in modo deciso, cercano di nascondere all’esterno beghe interne.
Nel caso dell’accordo dell’anno scorso e dell’eventuale visia del papa, le due organizzazioni otterrebbero un risultato storico e – soprattutto – “win win” (come amano dire i cinesi) per entrambi.
Per la Cina significherebbe accreditarsi di fronte al mondo come il paese capace di stringere un accordo con l’organizzazione religiosa più importante al mondo, mettendosi così in una posizione difficilmente attaccabile sotto il profilo dei diritti umani e della persecuzione dei cattolici.
Per la Chiesa significherebbe avvicinarsi a un bacino di fedeli potenzialmente ampio e ad ora irraggiungibile.
[Pubblicato su il manifesto]Fondatore di China Files, dopo una decade passata in Cina ora lavora a Il Manifesto. Ha pubblicato “Il nuovo sogno cinese” (manifestolibri, 2013), “Cina globale” (manifestolibri 2017) e Red Mirror: Il nostro futuro si scrive in Cina (Laterza, 2020). Con Giada Messetti è co-autore di Risciò, un podcast sulla Cina contemporanea. Vive a Roma.