E’ nelle intenzioni del governo cinese avere contatti sia con il governo libico sia con il Consiglio nazionale di transizione, supportando le iniziative per la risoluzione del conflitto”. Chen ha poi invitato entrambi gli schieramenti a considerare quelli che sono gli interessi del popolo e della nazione. “Il processo politico deve essere ripristinato prima possibile per salvaguardare la pace e la stabilità della regione” ha poi aggiunto Chen.
Quanto al destino del Rais, il direttore ha tagliato corto rimettendo la scelta alla popolazione libica, “una decisione che deve essere rispettata” ha sottolineato Chen. Ma nonostante Pechino mostri un volto angosciato dalla crisi umanitaria libica, secondo molti analisti sono gli interessi energetici ad agitare i sonni del Dragone. Gli stessi interessi che spingono le autorità cinesi a mantenere buoni rapporti con entrambe la fazioni.
“Per Pechino non conta chi è al potere, ma in che misura la Cina riesca a proteggere i propri interessi economici” commenta Jonathan Holslag, membro del Brussels Institute of Contemporary China Studies. Da sempre sostenitrice del principio di non ingerenza negli affari interni delle altre nazioni, la Cina ha scelto di non porre il veto sulla risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU che ha autorizzato i bombardamenti NATO, lanciando ripetuti appelli per un cessate il fuoco. Ma la fame energetica del Dragone è tale da costringere Pechino a rivedere, seppur ancora molto marginalmente, le sue posizioni e la sua neutralità.
Per il momento le autorità sembrano aver raggiunto una soluzione di compromesso: salvaguardare gli interessi tenendo aperto un doppio dialogo. E gli ‘sforzi’ della Cina in questa direzione non si traducono solo in parole: operatori del settore petrolifero avevano reso noto alla fine di aprile che Equator – una petroliera battente bandiera liberiana che trasportava 80mila tonnellate di greggio libico vendute alla Cina dagli oppositori del regime di Gheddafi – era salpata da Singapore diretta al porto di Ningbo, provincia dello Zhejiang, a sud di Shanghai.
Poi domenica sera, un comunicato del ministero degli Esteri cinese aveva confermato che una delegazione dei suoi diplomatici in servizio al Cairo si era recata nella roccaforte dei ribelli per “constatare la locale situazione umanitaria e lo stato delle società cinesi”, incontrando anche i leader locali. “L’obiettivo del viaggio consiste nel mantenere un contatto con il Consiglio di transizione nazionale” riferiva ancora il comunicato, il secondo tra la Cina e Bengasi, dopo l’annuncio datato venerdì scorso di un incontro tra l’ambasciatore di Pechino in Qatar Zhang Zhiliang e il leader dell’opposizione libica Mustapha Abdul Jalil, sul quale non sono stati diffusi ulteriori dettagli.