L’intervista del Global Times a Luo Yuan, falco dell’accademia di scienze militari dell’Esercito popolare di Liberazione, rivela il grado di esasperazione a cui può arrivare il nazionalismo cinese. Ma anche i sentimenti contraddittori che la Cina prova nei confronti degli Stati Uniti.
È molta istruttiva l’intervista che il Global Times – il tabloid cinese legato al Quotidiano del Popolo – fa a Luo Yuan, generale dell’accademia di scienze militari dell’Esercito popolare di Liberazione. Rivela il punto di vista di un “falco” dell’esercito cinese, che già in passato aveva denunciato dalle pagine del Renmin Bao il tentativo di “accerchiamento” che gli Usa starebbero compiendo ai danni della Cina. Le sue posizioni sono considerate del tutto personali, non quelle ufficiali del governo cinese, ma rivelano comunque un modo di guardare alla “minaccia occidentale” non certo isolato.
Nell’intervista, comparsa nell’edizione in inglese del tabloid, Luo liquida il ruolo e l’efficacia dell’Onu nella gestione dei conflitti internazionali: “Al giorno d’oggi, sembra che l’Onu non abbia voce in capitolo quando scoppiano le guerre. Alcune potenze egemoniche possono attaccare qualsiasi Paese che vogliono e nel modo che vogliono. Possono creare una scusa, anche se non vi è alcuna scusa per scatenare una guerra”.
Denuncia poi come “imperialiste” le guerre “umanitarie” che l’Occidente ha fatto negli ultimi ‘anni (o ha in programma di fare): “La natura della guerra imperialista non è cambiata. Ci sono ancora le guerre di rapina e d’invasione da cui i capitalisti traggono profitto. Possiamo chiaramente vederlo nelle più recenti guerre. Se Libia, Siria e Iran avessero accettato di sottomettersi all’Occidente, i Paesi occidentali li avrebbero forse presi di mira?”
Analizza quindi la situazione in Medio Oriente e vi ravvisa una specifica strategia statunitense rivolta contro la Cina: “Una volta ho parlato con F. William Engdahl, uno scrittore statunitense. Sostiene che le guerre americane in Iraq e Libia avessero come obiettivo la Cina, e cita come prova il fatto che oggi il 55 per cento del petrolio della Cina è importato ed entro il 2020, aumenterà al 70 per cento. La maggior parte del petrolio importato dalla Cina proviene dal Medio Oriente e dal Nord Africa. Così le azioni degli Stati Uniti in Medio Oriente e Nord Africa si propongono di contrastare la crescita della Cina. Se perfino uno statunitense la vede così, noi non possiamo mostrarci indifferenti verso questa situazione”.
Parla poi della rinnovata intesa sino-russa su questioni strategiche: “La collaborazione tra Cina e Russia si basa su interessi comuni, giustizia e contro-egemonia. […] Si uniscono quando hanno interessi comuni e si separano quando sono in conflitto. […] Attualmente affrontano lo stesso tipo di pressioni, e le azioni degli Stati Uniti le spingono più vicine. Ma i punti in comune non sono sufficienti a bilanciare l’egemonia Usa, perché la situazione strategica tra Occidente e Oriente non è fondamentalmente cambiata”.
E infine, ecco i rapporti tra Cina e Stati Uniti: “In un’epoca di globalizzazione, la Cina e gli Stati Uniti hanno un sacco di interessi in comune, come la denuclearizzazione dell’Iran e una situazione chiara nello Stretto di Hormuz. I due Paesi possono negoziare su questi temi. Ci sono anche divergenze politiche. La Cina sostiene la risoluzione dei problemi attraverso negoziati e mezzi pacifici, mentre gli Stati Uniti preferiscono sanzioni e minacce, anche militari. Ma questo approccio non fa che intensificare le contraddizioni e non aiuta a risolvere il problema dell’Iran. Tutte le sanzioni degli Stati Uniti negli ultimi anni hanno provocato ulteriori catastrofi umanitarie di cui alla fine fa le spese la gente comune”.
Sebbene siano espresse da un cosiddetto “falco”, queste posizioni non sono né irrazionali né isolate. Più in generale, rivelano i sentimenti contraddittori della Cina verso gli Usa: grande ammirazione e grande timore, un amore-odio sintetizzato splendidamente dall’adolescente che ascolta musica rock e beve il Frappuccino di Starbucks mentre posta messaggi ultranazionalisti su Weibo. L’accerchiamento, oltre che geostrategico, è anche nelle coscienze.
[Quest’articolo è stato scritto per E il mensile; Foto credits: wantchinatimes.com]* Gabriele Battaglia è fondamentalmente interessato a quattro cose: i viaggi, l’Oriente, la Rivoluzione e il Milan. Fare il reporter è il miglior modo per tenere insieme le prime tre, per la quarta si può sempre tornare a Milano ogni due settimane. Lavora nella redazione di Peace Reporter / E-il mensile finché lo sopportano