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In Cina e Asia – La spesa per i test Covid supera il Pil della Cambogia

In Notizie Brevi by Redazione

I titoli di oggi:

  • Covid in Cina: la spesa per i tamponi supera il Pil della Cambogia
  • Yang Jiechi incontra Jake Sullivan per parlare di sicurezza
  • Onu nello Xinjiang, Michelle Bachelet non si candiderà per il secondo mandato
  • Hong Kong: Pechino rielabora la storia della città ed elogia il giornale Ta Kung Pao
  • Pechino riafferma i diritti sovrani e amministrativi sullo Stretto di Taiwan
  • Nuove linee guida di Xi per operazioni militari diverse dalla guerra

Non si arrestano le notizie dalla Cina che riguardano la strategia “contagi zero” adottata da Pechino. Nonostante la capitale si sia salvata dal lockdown generalizzato come accaduto a Shanghai, le autorità sanitarie proseguono con i controlli a tappeto per frenare la diffusione del virus. Gli ultimi aggiornamenti riguardano un cluster di contagi (per ora 228 casi) legato allo Heaven supermarket bar, un locale di Pechino che ha riaperto di recente dopo l’allentamento delle restrizioni (durate circa un mese). Dimostrazione, secondo gli esperti, di quanto sia complesso portare avanti i controlli a tappeto davanti alla diffusione di varianti più contagiose.

I test di massa hanno raggiunto una frequenza tale da aver inciso in modo importante sull’economia. I ricercatori della cinese Soochow Securities hanno stimato che tra aprile e giugno la Cina ha impiegato almeno 10,8 miliardi di test Covid per un valore di oltre 26 miliardi di dollari. Una cifra che supera il Pil annuale di paesi come la Cambogia o l’Islanda.

Controlli a tappeto e limitazioni alla vita privata e al lavoro si stanno sempre più scontrando con l’opinione pubblica. Dopo la risonanza delle proteste degli studenti a Pechino, lunedì 13 giugno sono insorti alcuni negozianti a Shanghai per chiedere l’allentamento delle restrizioni. Dall’inizio del lockdown di questa primavera le vendite al dettaglio sono crollate dell’11,1% rispetto all’anno precedente. “I clienti stanno alla larga, dal momento che le autorità hanno chiesto al nostro centro commerciale di passare alla modalità silenziosa (chiusura fino a nuovo ordine)” ha lamentato un esercente a Nikkei Asia Review.

Onu nello Xinjiang, Michelle Bachelet non si candiderà per il secondo mandato

La commissaria per i Diritti umani delle Nazioni Unite Michelle Bachelet non chiederà il rinnovo della carica per il secondo mandato dopo la scadenza, prevista per agosto. È quanto ha dichiarato durante il Consiglio per i diritti umani a Ginevra di lunedì 13 giugno, affermando che la sua cinquantesima sessione consigliare sarà l’ultima. La notizia ha una certa risonanza globale a fronte dell’ultima missione di Bachelet nello Xinjiang, la provincia cinese dove Pechino starebbe portando avanti importanti violazioni dei diritti umani, tra cui la detenzione su base etnica e forme di lavoro coercitivo.

Alcuni sospettano che a motivare il ritiro di Bachelet ci siano le critiche di governi occidentali e associazioni perché il suo commento alla missione sarebbe stato troppo “accomodante” nei confronti della Repubblica popolare. “Due mesi fa, prima ancora di andare in Cina, ho preso una decisione e ho informato il mio capo, il segretario generale Onu (Antonio Guterres)”, ha risposto la Commissaria, “La mia decisione non ha alcun legame con la missione in Cina”.

Yang Jiechi incontra Jake Sullivan per parlare di sicurezza

“Candido, approfondito, sostanziale e produttivo”. Così un funzionario americano ha descritto ai media internazionali l’incontro tra il consigliere di stato cinese Yang Jiechi e il consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan. Il colloquio, avvenuto nella giornata di ieri in Lussemburgo,  è durato ben 4 ore e mezzo ed è stato definito dalle due parti un  “follow-up”  dell’ultima telefonata avuta a maggio. Yang ha messo subito in chiaro cosa sta più a cuore a Pechino: gli Stati Uniti “non dovrebbero compiere errori di calcolo o nutrire aspettative irrealistiche nei confronti di Taiwan, dal momento che la Cina è determinata e in grado di difendere la sua sovranità e integrità territoriale”. Contestando la visione statunitense, il diplomatico ha inoltre aggiunto che la parte cinese non considera appropriato definire il rapporto bilaterale una “competizione”. Sullivan ha invece espresso preoccupazione per il veto con cui Pechino (e Mosca) hanno recentemente bloccato l’imposizione di nuove sanzioni contro la Corea del Nord in sede Onu. Non sono mancati riferimenti al presunto supporto concesso dalla Cina alla Russia, sebbene il consigliere per la Sicurezza nazionale non abbia fornito dettagli a riguardo.

Secondo gli esperti, il meeting – che segue di pochi giorni il primo faccia a faccia ai vertici della Difesa – ha permesso ai due funzionari di tenere vivo il dialogo in un momento di tensione.  Intanto secondo il WSJ, il Congresso è vicino a un accordo che – se confermato – doterà gli Stati uniti di una nuova legge volta a bloccare gli investimenti greenfield all’estero quando coinvolgono la cessione di tecnologie o know-how in settori strategici. La normativa rientra nel pacchetto di strumenti legali che Capitol Hill sta ultimando per  “fornire barriere ai fondi dei contribuenti e salvaguardare le nostre catene di approvvigionamento dai paesi preoccupanti”.

Hong Kong: Pechino rielabora la storia della città ed elogia il giornale Ta Kung Pao

Lunedì il presidente cinese Xi Jinping ha celebrato i 120 anni del giornale hongkonghino Ta Kung Pao. La lettera di congratulazioni è comparso sulla prima pagina del Quotidiano del popolo e su altri media, tanto da suonare come un (ulteriore) manifesto della stampa nell’era di Xi. A Hong Kong i media indipendenti hanno rivisto la propria comunicazione per non rischiare di violare la Legge per la sicurezza nazionale. E ora Xi indica la strada da seguire attraverso l’esempio della storica testata. “(Ta Kung Pao) Ha svolto un ruolo attivo nella costruzione della nuova Cina. […] Nella Nuova era, Ta Kung Pao ha contribuito a forgiare il consenso sociale, contribuendo così a mantenere la stabilità di Hong Kong, migliorando gli scambi con la terraferma e formando un legame emotivo più stretto tra i residenti di Hong Kong e la madrepatria”.

Anche le ricostruzioni storiche su Hong Kong nei libri di scuola sembrano seguire questo approccio. L’ufficio per il controllo dell’Istruzione ha approvato dei nuovi testi che rivedono alcuni dettagli sull’identità di Hong Kong sotto il controllo britannico. I volumi verranno utilizzati per i corsi dedicati a “cittadinanza e sviluppo sociale”, materie emerse dal 2009 con lo scopo di “migliorare la consapevolezza sociale e il pensiero critico” negli alunni delle scuole superiori. Ma per i detrattori, si tratta dell’ennesima strategia di indottrinamento dettata da Pechino. Nei nuovi volumi, per esempio, tende a scomparire la definizione di Hong Kong come colonia britannica, mentre viene enfatizzata la richiesta cinese per il disconoscimento di tale titolo già nel 1972. C’è spazio anche per qualche commento sui fatti più recenti, tra cui le proteste del 2019 che avrebbero spinto il governo centrale (e non viceversa) a imporre la Legge di sicurezza nazionale.

Pechino riafferma i diritti sovrani e amministrativi sullo Stretto di Taiwan

Il portavoce del ministro degli Esteri cinese Wang Wenbin ha dichiarato che “la Cina gode di diritti sovrani e di giurisdizione sullo Stretto di Taiwan, pur rispettando i diritti legittimi degli altri Paesi nelle aree marittime interessate”. Il chiarimento giunge in risposta alle dichiarazioni degli Stati Uniti, secondo cui il canale si troverebbe in acque internazionali. Ma Pechino, oltre che alla legge nazionale, si appella anche alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS), il trattato internazionale che definisce “i diritti e le responsabilità degli Stati nell’utilizzo dei mari e degli oceani”, entrato in vigore nel 1994 e  di cui gli Stati Uniti non sono firmatari. L’UNCLOS non include la definizione di “acque internazionali” – espressione spesso utilizzata in modo informale per indicare le acque che non appartengono alla giurisdizione di nessuno stato – ma precisa che i paesi possono rivendicare la piena sovranità di un’area a 12 miglia nautiche (22 km) dalla costa e la zona economica esclusiva, dove altri paesi possono comunque navigare e sorvolare le acque, fino a 200 miglia nautiche.

Pechino sostiene che lo Stretto, che misura al massimo 220 miglia nautiche, rientra nelle aree territoriali e nelle zone economiche speciali della Cina. “Sostenendo che lo Stretto di Taiwan è un mare internazionale”, ha aggiunto Wang, “alcuni paesi intendono creare un pretesto per manipolare la questione di Taiwan e minacciare la sovranità e la sicurezza della Cina”. L’area è vista dalla comunità internazionale come un possibile punto di rottura delle relazioni tra Pechino e Taipei. (Lorenzo Lamperti ha parlato delle isole nello Stretto in molteplici occasioni, per esempio in questo Taiwan Files. Qui il suo reportage dalle isole Matsu). Intanto da Washington, che invia regolarmente navi militari nell’area e nel conteso Mar Cinese Meridionale, la posizione resta chiara. “Gli Stati Uniti continueranno a volare, navigare e operare ovunque il diritto internazionale lo consenta, e questo include il transito attraverso lo Stretto di Taiwan”, ha dichiarato a Bloomberg il tenente colonnello Martin Meiners, portavoce del Pentagono.

Nuove linee guida di Xi per operazioni militari diverse dalla guerra

Nella giornata di ieri l’agenzia ufficiale cinese Xinhua ha riportato che Xi Jinping, tra i cui ruoli figura anche quello di presidente della Commissione militare centrale, ha firmato un ordine per promulgare una serie di linee guida per quelle che in inglese sono conosciute come le military operations other than war (军队非战争军事行动 jundui fei zhanzheng junshixingdong), le operazioni condotte da unità militari al di fuori di un conflitto armato. Lo schema, che entrerà in vigore il 15 giugno, è diviso in 59 articoli e intende standardizzare i principi di base per le truppe dell’Esercito Popolare di Liberazione per svolgere missioni – anche all’estero – come il soccorso in caso di disastri naturali come terremoti e inondazioni, gli aiuti umanitari, le operazioni nell’ambito del mantenimento della pace e della salvaguardia della sovranità nazionale e altri compiti nella “nuova era”. Alle forze armate cinesi, ha precisato il Global Times, va riconosciuto un grande impegno nella lotta contro la pandemia, ma anche nello svolgere missioni antiterrorismo e antipirateria e nel fornire aiuto di carattere securitario alla comunità internazionale.

A cura di Vittoria Mazzieri e Sabrina Moles; ha collaborato Alessandra Colarizi