La sicurezza culturale. Ovvero, informare dall’alto

In by Simone

In un paese che si definisce ancora socialista nonostante i meccanismi economici capitalistici, è lecito chiedersi cosa rimanga del “comunismo”. La risposta è il “centralismo democratico”: non appena la testa del potere emette un ordine, i gangli politici e amministrativi si mettono immediatamente al lavoro per realizzarne i desiderata. Oggi un  “editto” chiede maggior controllo sul web cinese: la stretta culturale prosegue.
Una nuova morsa: dopo la televisione, tocca a Internet. Dopo che il Comitato centrale del Partito comunista ha indicato la via, “la sicurezza culturale”, la Cina scuote i propri organismi politici, amministrativi e propagandistici per dare il via ad una campagna nazionale che non risparmia niente.

Dal primo gennaio saranno stravolti i palinsesti televisivi, mentre oggi tra i media serpeggiano le indicazioni di un nuovo editto che mira a controllare – ancora di più se possibile – tutto quanto si muove nell’agile e vitale rete cinese. Per il South China Morning Post si tratta di una “stretta” sulla libertà online, per il Global Times, più “armonicamente”, si tratta di “una road map decennale per aiutare la Cina a trovare il proprio posto culturale nel mondo”.

Nel documento prodotto dai vertici del Partito comunista si legge la necessità del controllo sulle informazioni: “si tratta di rafforzare l’orientamento e la gestione dei social media e gli strumenti di messaggistica istantanea per regolare la diffusione di informazioni su internet in un ambiente civile e razionale”.

Il documento, approvato lo scorso 18 ottobre e rivelato ieri dal Quotidiano del Popolo, organo di stampa del Partito comunista, promette di sviluppare la cultura attraverso “un sano e positivo giro di vite sulla criminalità informatica e la creazione di un linea di sicurezza e valutazione dei meccanismi online per tutelare gli interessi del pubblico e la sicurezza dei segreti di Stato”.

Non si menzionano esplicitamente i microblog o le misure che saranno adottate per limitarne l’utilizzo ma questo documento giunge dopo tre mesi di speculazioni da parte di analisti, utenti internet e addetti ai lavori e “si diffonde il sospetto che il servizio possa definitivamente morire”.

Le voci circa un necessario controllo dello strumento da parte delle autorità erano diventate forti in occasione dello scontro dei treni a Wenzhou, quando proprio su Weibo, il twitter cinese, si era sviluppato un flusso di informazioni in grado di smentire i tentativi di copertura sull’incidente effettuati dai media ufficiali. Il microblog in questione è utilizzato da oltre 200 milioni di utenti, è stato salutato con grande entusiasmo dai cinesi è stato visto fin da subito come un utile strumento nelle mani della nascente società civile locale.

Proprio perché usato anche per denunciare soprusi o mal funzionamenti del governo, il Partito, stando a quanto scrive il South China Morning Post, avrebbe deciso di “scagliarsi contro gli effetti negativi come la diffusione di pettegolezzi: per questo la settimana scorsa le autorità hanno chiesto un sistema di registrazione con i dati anagrafici. Sina dal canto suo, prevede di progettare un sistema per tenere sotto controllo la credibilità delle voci e limitare l’influenza degli utenti di Weibo che pubblicano pettegolezzi”.

Si tratterebbe, secondo Bei Feng, analista di Hong Kong, dell’ennesimo esempio “di autocensura: le autorità non hanno paura dei rumor, hanno paura della verità”.