Molti film realizzati in Malesia hanno ottenuto riconoscimenti globali. Tra i protagonisti di questo rinnovato successo spicca sicuramente Michelle Yeoh, vincitrice dell’Oscar come migliore attrice per “Everything Everywhere All at Once” (2022) agli Academy Awards. Nonostante tutte queste storie di successo, l’industria cinematografica del Paese resta molto statica. Le rigide leggi sulla censura e l’accesso limitato ai finanziamenti si stanno rivelando ostacoli importanti
Negli ultimi anni i film malesi hanno finalmente guadagnato attenzione e riconoscimenti a livello internazionale. A maggio, “Tiger Stripes” (2023), un film horror di formazione diretto da Amanda Nell Eu, ha vinto il Gran Premio della Settimana della Critica al Festival di Cannes, diventando così il primo film del Sud-Est asiatico a vincere il prestigioso premio. Il 5 ottobre, il governo ha selezionato il film come candidato malese nella categoria dei migliori lungometraggi internazionali per i prossimi 96 esimi Academy Awards. Anche molti altri film realizzati in Malesia hanno ottenuto riconoscimenti globali, tra cui “Stone Turtle” (2023) di Woo Ming Jin, “Slit Eyes” (“Sepet”, 2004) di Yasmin Ahmad e “Brothers” (“Abang Adik” 2023 di Lay Jin Ong), che ha vinto il premio per il miglior film al Far East Film Festival di aprile.
Tra i protagonisti di questo rinnovato successo spicca sicuramente Michelle Yeoh, vincitrice dell’Oscar come migliore attrice per “Everything Everywhere All at Once” (2022) agli Academy Awards. Il re della Malesia, Al-Sultan Abdullah Ri’ayatuddin, e il primo ministro Anwar Ibrahim sono stati tra i primi a congratularsi con l’attrice malese. Gli appassionati di cinema, tuttavia, sostengono che la politica del governo malese non ha contribuito in alcun modo al suo successo all’estero. Quello di Yeoh è uno dei tanti casi di attrici e attori asiatici che si sono avventurati fuori dal Paese per avere migliori opportunità: la veterana attrice sudcoreana Youn Yuh-jung, che ha vinto l’Oscar come ‘Migliore Attrice non protagonista’ per il suo ruolo in “Minari” (2020); Henry Golding e Ronny Chieng, di origine malese, hanno entrambi recitato in “Crazy Rich Asians” (2018); e Yeo Yann Yann, anche lui di origine malese, protagonista della serie Disney+ “American Born Chinese”. Anche la sceneggiatrice malese Adele Lim si è fatta un nome negli Stati Uniti, lavorando a “Crazy Rich Asians” e al film d’animazione Disney “Raya and the Last Dragon” (2021). Nel 2023, Lim ha fatto il suo debutto alla regia a Hollywood con “Joy Ride” con la candidata all’Oscar Stephanie Hsu.
Nonostante tutte queste storie di successo, l’industria cinematografica del Paese resta molto statica. Le rigide leggi sulla censura e l’accesso limitato ai finanziamenti si stanno rivelando ostacoli importanti per molti registi e attori locali che sperano di sviluppare la propria carriera. Alcuni esponenti del settore hanno espresso le principali criticità.
Secondo Badrul Hisham Ismail, direttore di “Maryam” (2023), “la Malesia ha tutto, ma è ovunque e dappertutto, il che significa non ottenere nulla, non essere nessuno e da nessuna parte”. Badrul ha notato che Yeoh non era apparsa in nessun film prodotto in Malesia, rendendo il suo successo agli Oscar irrilevante per la politica cinematografica del governo malese. La scrittrice locale e cabarettista Shamaine Othman concorda con Badrul sul fatto che l’industria cinematografica nella multietnica Malesia è molto polarizzata. Nelle produzioni locali, la maggior parte dei ruoli ad alto budget sono destinati ad attori della comunità etnica maggioritaria malese, mentre gli attori di origine cinese spesso scelgono di partire per lavorare a produzioni americane o cinesi. “Per molti non malesi, sembra la strada giusta da percorrere”, ha detto Shamaine, “essere qui significa solo essere scelto costantemente come personaggi simbolici”.
Un’ulteriore criticità che osteggia lo sviluppo del cinema locale è sicuramente il conservatorismo culturale nella Malesia prevalentemente musulmana, che ha portato al divieto di molti film con riferimenti LGBTQ, comprese le uscite recenti come “Lightyear” (2022), “Thor: Love and Thunder” (2022) e “Whitney Houston: I Wanna Dance With Somebody” (2022). Le questioni sessuali e di genere non sono l’unico terreno pericoloso su cui i registi devono navigare. Anche questioni etniche e religiose sono aree sensibili in cui i registi devono procedere con cautela per evitare ripercussioni normative. Il film “Mentega Terbang” (2021), diretto da Khairi Anwar, ha suscitato molte polemiche quando è stato rimosso da Viu, una piattaforma di streaming con sede a Hong Kong, apparentemente per aver fatto riferimento all’apostasia dall’Islam, un crimine in Malesia. Il film è stato infine bandito da tutte le piattaforme di proiezione a settembre. Al centro di un tumulto nazionale, il regista e il cast sono stati indagati dalle autorità malesi per il loro ruolo nel film. Non è stata mossa alcuna accusa, ma secondo Malaysiakini, una testata giornalistica indipendente, il regista ha ricevuto minacce di morte.
Lutfi Hakim Arif, produttore esecutivo di “Maryam“, ha detto al Nikkei che il “conservatorismo strisciante” nell’industria cinematografica malese non è una novità, soprattutto in relazione ai malesi e ai Musulmani. Sia Badrul che Lutfi hanno affermato che il comitato di censura malese opera secondo un doppio standard, dando il via libera ai film che fanno riferimento al sesso, agli scandali e alle celebrità e bloccando film come “Mentega Terbang” che sfidano lo status quo della nazione. Secondo Badrul, l’obiettivo principale del comitato di censura è “controllare i pensieri”, senza mostrare alcun interesse per i film malesi, che sono invece tecnicamente molto validi, come dimostrato dal successo delle seguenti animazioni realizzate in Malesia: “Ejen Ali: The Movie” (2019), “Upin & Ipin: The Lone Gibbon Kris” (2019) e “Mechamato Movie” (2022), che sono stati proiettati nel Sud-Est asiatico. “Mechamoto” è stato il primo cartone animato non giapponese ad essere proiettato sui canali televisivi giapponesi, vincendo il prestigioso Anime Fan Award al Tokyo Anime Award Festival 2023. A livello locale, si posiziona tra i cinque film di maggior incasso fino ad oggi (a gennaio 35,8 milioni di ringgit, pari a 7,51 milioni di dollari).
La Malesia era una potenza cinematografica negli anni 50 e 60, quando l’attore e regista P. Ramlee realizzò numerosi film di successo per Shaw Brothers a Singapore e Kuala Lumpur. Tuttavia, come afferma l’attore e sceneggiatore contemporaneo Redza Minhat, il panorama dell’industria non è riuscito a evolversi, ostacolato da un piccolo mercato polarizzato tra produzioni destinate al pubblico malese, cinese e indiano, i tre principali gruppi etnici del Paese. “Per un mercato così piccolo bisogna avere una strategia a lungo termine; per superare gli ostacoli del settore è necessario riunire le persone giuste e la prima cosa è avere la volontà politica”, ha detto Redza, il cui ultimo il film “Imaginur” (2022) ha ottenuto incassi al botteghino di 6 milioni di ringgit nel primo mese dalla sua uscita in Malesia alla fine di febbraio. Redza ha affermato che la fine della censura sarebbe il modo migliore per affrontare i problemi dell’industria cinematografica malese, proponendo al FINAS – National Film Development Corporation Malaysia – di utilizzare il finanziamento slate come strumento di sviluppo. Slate è un tipo di finanziamento cinematografico in cui un investitore fornisce finanziamenti per un portafoglio di film, invece che per un singolo film, per ridurre il rischio e diversificare gli investimenti.
Intanto, c’è già aria di cambiamento con l’ingresso di nuove entità commerciali nel mercato malese. Negli ultimi due anni, i principali studi cinematografici malesi Golden Screen Cinemas e Astro Shaw si sono cimentati nella produzione di film d’azione di grande successo come “Polis Evo 3” (2023), “Malbatt: Misi Bakara” (2023) e “Air Force the Film: Selagi Bernyawa” (2022). A maggio, la piattaforma di streaming Amazon Prime Video ha dichiarato che avrebbe inserito più film e drama locali, tra cui “Imaginur”. Dall’altro lato, i cosiddetti servizi di streaming over-the-top (OTT), a cui gli spettatori accedono tramite Internet, sono in costante crescita, anche se ancora in ritardo rispetto ai concorrenti via cavo e via satellite come Netflix, Apple TV, Disney’s Hotstar e HBO. Secondo Statista, la penetrazione degli utenti OTT raggiungerà quest’anno il 63,7% del mercato malese, con ricavi superiori a 1 miliardo di ringgit.
Kamil Othman, Presidente del FINAS, ha affermato che il governo sta lavorando all’aggiornamento e alla modifica del National Film Act per soddisfare le esigenze dell’industria, in quanto i film hanno un grande potenziale per contribuire alla crescita del PIL. Kamil ha affermato che il sistema di supporto cinematografico deve essere modificato per colmare le lacune e incoraggiare la produzione cinematografica. “Non esiste un punto di riferimento unico e la FINAS intende esserlo, almeno nell’ambito di applicazione della legge. Stiamo cercando di vedere proprio ora come questa partnership pubblico-privata può funzionare al meglio”, ha affermato. “La risposta potrebbe essere un nuovo sistema fiscale, nuovi incentivi.”
Il 13 ottobre il governo ha annunciato una serie di iniziative intese ad aiutare i registi, tra cui riduzioni ed esenzioni del 25%, dall’imposta sull’intrattenimento – applicata sui biglietti del cinema e sugli spettacoli artistici -, incentivi fiscali per la produzione cinematografica e ulteriore sostegno alla produzione di contenuti digitali e film in Malesia. Tuttavia, per il futuro del settore potrebbero essere necessari cambiamenti più ampi in politica. L’ex ministro malese della gioventù e dello sport Syed Saddiq Abdul Rahman ha affermato che il governo e l’industria cinematografica dovrebbero riformare il regime di censura nominando un gruppo eterogeneo di professionisti nel comitato di censura.
La Malesia è quindi alla ricerca di una via di mezzo. La direzione da seguire dovrebbe essere una politica che dia fiducia al settore cinematografico, il cui enorme potenziale è davanti agli occhi di tutti, puntando all’indipendenza, senza più restrizioni alla libertà artistica.
Di Annalisa Manzo
[pubblicato su Associazione Italia Asean]