Qual è l’app più innovativa al mondo? Spoiler: viene dalla Cina ma non è WeChat.
Il protagonismo del gigante asiatico nella rivoluzione digitale globale non è una novità. Basta pensare che, mentre la crescita della popolazione internet mondiale è in calo, lo scorso anno il numero degli utenti oltre Muraglia ha superato gli 850 milioni (un +9% su base annua), pari al 21% del totale a livello globale. E mentre negli Stati Uniti il volume dei dati condivisi è in diminuzione, in Cina – dove un internauta su cinque naviga solo via smartphone – l’utilizzo dei dati mobile è cresciuto del 189%. Un’ascesa resa possibile non solo dal connubio tra politiche statali favorevoli e una propensione alla sperimentazione generosamente foraggiata dalla triade dell’hi-tech Baidu, Alibaba e Tencent, che nel 2016 ha sopperito da sola al 42% degli investimenti in capitale di rischio. Ma anche dalla vocazione digitale dei consumatori cinesi, di cui circa il 70% ormai preferisce ricorre ai pagamenti online.
Oggi in Cina senza uno smartphone, un QR Code e un’app diventa complicato anche solo trovare un taxi o comprare una bibita a un distributore automatico. Con il risultato che, secondo la società Aurora Mobile, nel 2018 il Regno di Mezzo è arrivata a contare per il 50% dei 194 miliardi di app scaricate a livello mondiale. Quattro milioni quelle “made in China”, di cui 44 quelle incluse nella top 100 del Google Playstore. Nel secondo trimestre di quest’anno, ogni utente cinese in media risultava aver installato sul proprio cellulare 56 app, a cui dedica mediamente 4,7 ore al giorno.
Dietro i numeri da capogiro, si nascondono suggestioni preziose per comprendere la direzione in cui si sta muovendo la società cinese. Mentre WeChat, QQ (il Facebook cinese) e Alipay (servizio di pagamento online lanciato da Alibaba) si confermano le tre piattaforme più amate, l’affermazione di nuove app attesta la rapidità con cui cambiano le abitudini di utenti e consumatori cinesi. Uno strumento di analisi valido è senza dubbio l’ultimo Internet Trends Report curato dalla venture capitalist americana Mary Meeker, che dedica un’intera sezione al gigante asiatico. Dallo studio si apprende che nella prima metà dell’anno i servizi di messaggistica istantanea (WeChat in primis) sono stati i più utilizzati, mentre gli short video hanno superato le piattaforme di live-streaming, aggiudicandosi il secondo posto.
Proprio i video brevi – che permettono di realizzare contenuti in media di pochi secondi – hanno trainato l’aumento del tempo speso in rete dai cinesi per un totale di 600 milioni di ore al giorno, più di qualsiasi altra tipologia di servizio mobile. Kuaishou, Haokan e soprattutto Douyin (versione cinese di Tik Tok) sono le app leader nel settore. Da quando il colosso tecnologico ByteDance ha lanciato Douyin nel 2016, la base di utenti è cresciuta fino a totalizzare oltre 500 milioni di registrazioni e un miliardo di download.
Nonostante la popolarità degli short video, quando si parla di shopping online il live-streaming rimane il canale più funzionale. Secondo il report, Taobao, il primo sito di e-commerce al mondo di proprietà di Alibaba, ha attirato oltre 14 miliardi di dollari nel 2018 attraverso le dirette online. Cifre che attestano la progressiva fusione tra commercio elettronico e social network, e la nascita di un social commerce in cui le iniziative di marketing coinvolgono un vasto numero di canali: cominciano sui social, passano attraverso i feed degli influencer, vengono amplificate grazie all’engagement della fanbase per poi tradursi in vendite sui siti di e-commerce.
Tutte queste operazioni in alcuni casi possono avvenire all’interno della stessa app. O meglio di una “super app”, come sono state battezzate le piattaforme dotate di un ecosistema integrato grazie ai “mini-program”, software accessibili dalle super app senza installazione che permettono di svolgere diverse attività dal bike sharing al monitoraggio della qualità dell’aria. Wechat è l’esempio più noto ma non l’unico. Alipay ha sviluppato oltre 200mila mini-program attraverso cui è possibile gestire i propri investimenti, le rate della macchina e molto altro. Ma è Meituan-Dianping la vera rivelazione dell’anno. Nominata dalla prestigiosa rivista americana Fast Company l’app più innovativa al mondo del 2019 (ecco svelato l’enigma), la piattaforma – nata dall’unione delle due aziende omonime soprattutto come canale per il food delivery – oggi include oltre 30 servizi diversi, perlopiù legati al turismo e al F&B. Tutti comunicanti tra di loro.
Come dicevamo, a guidare lo sviluppo dell’ecosistema digitale cinese sono i giganti dell’hi-tech, società private con legami politici non sempre chiari ma molto stretti. La sinergia tra i due mondi diventa tuttavia più evidente con la progressiva digitalizzazione dei servizi pubblici. Sono ormai diversi gli uffici governativi ad aver lanciato app in-house o ad aver cooptato le più note super app per permettere ai cittadini di rinnovare la patente, pagare le bollette o persino “fare la fila” in ospedale. Il tutto comodamente dal proprio smartphone.
[Pubblicato su il manifesto]Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.