(In collaborazione con AGICHINA24) Pechino si oppone fermamente all’intervento armato e al “cambio di regime” forzato in Siria, ma invita tutte le parti a cessare le violenze e indire le elezioni.
“Il supporto occidentale ai ribelli innescherà in Siria una guerra civile”: un duro editoriale pubblicato sulla prima pagina del People’s Daily, organo di stampa ufficiale del Pcc, attacca l’intervento in Siria da parte dell’Onu.
“La decisione presa dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che ha condannato la repressione contro i manifestanti da parte del presidente siriano Bashar al-Assad, mette Damasco con le spalle al muro causando una violenza anche peggiore di quella che affligge ora il popolo siriano”.
Il riferimento è alla la risoluzione (non vincolante) contro il regime di Damasco dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite approvata il 17 febbraio con 138 voti a favore, 12 contrari e 17 astenuti, e il cui testo non si discosta da quello presentato lo scorso 4 febbraio contro cui Pechino e Mosca posero il veto.
“Se le nazioni occidentali continuano a supportare le forze d’opposizione, come sembra stiano facendo adesso, alla fine dei conti scoppierà una guerra civile in larga scala”, ha affermato lo scrittore Qu Xing, direttore del China Institute of International Studies che ha firmato l’editoriale. “Se ciò dovesse succedere, allora sarà inevitabile la possibilità di un intervento armato straniero”.
Qualche settimana fa il pollice verso di Cina e Russia aveva scatenato un’ondata di proteste e critiche da parte delle principali potenze estere, comprese le nazioni della Lega Araba con cui Pechino tesse buone relazioni.
“Dissentiamo fortemente del veto della Cina alla risoluzione contro il regime di Damasco” ha ribadito la scorsa settimana il vice presidente statunitense Joe Biden al vice presidente cinese Xi Jinping in visita di stato negli Usa.
E sempre la settimana scorsa, il vice ministro degli Esteri cinese, Zhai Jun, si è recato a Damasco per un colloquio con Assad, durante il quale Zhai ha richiamato tutte le parti a cessare le violenze e indire le elezioni. Zhai ha poi sottolineato che Pechino si è opposta fermamente all’intervento armato e al “cambio di regime” forzato in Siria.
Più di 6mila persone sono morte in un anno di agitazioni politiche in Siria, da quando la dura linea del regime di Assad ha cercato di spegnere la rivolta cominciata con preteste pacifiche nel marzo del 2011 nel clima della Primavera Araba.
Mercoledì Assad ha indetto un referendum costituzionale per la fine del mese di febbraio che porterebbe alla fine vera e propria di un dominio monopartitico di quasi 50 anni, i critici ritengono che questo sia una mossa che mira a placare il crescente sdegno globale sullo spargimento di sangue.
Intanto nella giornata di lunedì due navi da guerra iraniane hanno attraccato a una base navale siriana.
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