La mia India – Umiliati e nudi

In by Gabriele Battaglia

Nudità in India significa vergogna. Nudità significa umiliazione e paura. Dalle punizioni ai bambini delle scuole primarie, alla sospensione di un giovane del partito del Congress, alla condizione delle donne indiane. L’abitudine a vergognarsi del proprio corpo tra gli indiani è dura a morire, scrive Annie Zaidi. Questa settimana mi è tornato in mente un ricordo d’infanzia. Da studenti ogni tanto ci veniva chiesto di aiutare a “curarsi” degli studenti più piccoli. Erano bambini, di appena 3 anni, e già spaventati dall’essere messi in uniformi strane, costretti a stare seduti fermi su panchine con decine di altri bambini, che piangevano e urlavano, nell’aula. La “disciplina” era certamente poca.

Una di questi bambini stava facendo i capricci. Un’insegnante era in ginocchio davanti a lei, e le chiedeva di fare qualcosa, altrimenti…L’insegnante le stava dicendo: “Vuoi essere punita? Ti tolgo tutti i vestiti e ti faccio girare nuda per la scuola”.

Stavo guardando la faccia della bimba. Era troppo piccola per capire perché togliere i vestiti a qualcuno fosse una punizione. Dopo tutto, aveva ancora bisogno di aiuto per lavarsi il sederino. Ma capiva che la stavano umiliando e minacciando. Mentre l’insegnante iniziava a sbottonare la veste larga che le arrivava alle caviglie, la bambina scoppiò in un ululato.

Mi rattrista ancora pensare a quella piccola. Qualche settimana fa stavo twittando di violenza sui bambini, quando qualcuno mi ha risposto e mi ha descritto il periodo in cui veniva punita in classe – fatta stare in piedi su una panca a braccia in alto, con l’insegnante che minacciava di spogliarla. Di certo, l’umiliazione non si dimentica dopo tutti questi anni. Mi chiedo quanti milioni di indiani sono stati portati ad associare la nudità con l’umiliazione pubblica, o come condizione negativa che va punita.

E ora c’è questo leader degli studenti affiliati al partito del Congress, su cui "c’è poco da fare", Suraj Thakur, sospeso per essersi tolto i vestiti e aver ballato. Lui e due altri responsabili del National Students Union of India (NSUI) sono stati accusati di “indisciplina” e, di certo, è prerogativa del partito decidere che cosa sia considerato un comportamento disciplinato. Eppure, è così deprimente pensare che i leader che non rispettano le promesse elettorali non sono puniti per “indisciplina”.

I leader corrotti, che vivono al di sopra del loro reddito ufficiale, che spendono centinaia di milioni in matrimoni mentre i loro elettori subiscono la siccità, che abusano dei mezzi armati dello Stato contro gli agricoltori che chiedono di essere padroni dell’acqua o della terra o dei semi, contro le donne che rivendicano il loro diritto di essere riconosciute come esseri umani. Ecco, nessuno di questi politici è stato sospeso.

È bastato che un giovane uomo si levasse i vestiti e sembrasse divertirsi. Se lo avessero accusato per sbeffeggiamenti, la sospensione avrebbe avuto senso. Sarebbe stato abbastanza equivalente a infrangere la legge. Ma tutto questo furore sembra essere incentrata sul fatto che si è solo tolto i vestiti.

È una cosa così ordinaria, così innocua. Togliersi i vestiti non causa danni agli altri. Anche se ti togli di dosso i vestiti e balli come se fossi stato folgorato, non procuri danno a nessun essere umano. Ti prenderanno per stupido. Alcuni colleghi non saranno più in grado di guardarti in faccia, quando, in futuro, siederai in Parlamento per discutere un’importante proposta di legge. Ma non ci sarà stato niente di criminale, nemmeno di indisciplinato, nel denudarsi.

È un problema di abitudine alla vergogna del corpo umano. Rifiutiamo di guardarlo per ciò che è: un corpo. Questo è precisamente cosa c’è di sbagliato nell’atteggiamento del nostro paese nei confronti delle donne. Le puniamo per avere corpi di donna. Le umiliamo e terrorizziamo i bambini. Stoppiamo ogni tentativo degli uomini, soprattutto politici, di godersi effettivamente il proprio corpo. E cosa ne ricaviamo? Cosa, a parte paura e umiliazione continua?

[Articolo originale pubblicato su Daily News and Analysis]

*Annie Zaidi scrive poesie, reportage, racconti e sceneggiature, non necessariamente in quest’ordine.Il suo libro I miei luoghi: a spasso con i banditi ed altre storie vere è stato pubblicato in Italia da Metropoli d’Asia.