Bombardati da spot contro il tabacco, messi in guardia dagli effetti nocivi delle radiazioni del telefonini, gli indiani rimangono però all’oscuro di una delle maggiori cause del cancro nel Paese: i pesticidi tossici. Annie Zaidi ci racconta perché il governo tace sull’argomento.
Avete mai perso qualcuno per colpa del cancro? Avete mai sentito storie di amici o famigliari che lottano contro il tumore pagando un prezzo – economico e personale – salatissimo?
Ah signora mia, cosa non faremmo per prevenire il cancro, vero? Discettiamo delle radiazioni dei nostri telefonini, il governo ci mette davanti questi atroci video degli effetti del cancro alla bocca o ai polmoni, appena prima dei film al cinema.
Curiosamente, lo Stato si dimentica di metterci in guardia da un’altra minaccia alla nostra salute: i pesticidi tossici. Niente cartelloni giganti per i contadini, niente spot al cinema sulle acque contaminate.
Per anni abbiamo sentito della “Cancer Belt” in Punjab. Così nel 2008 lo Stato, ben conscio del rapporto tra pesticidi e cancro, ha inaugurato il registro del cancro.
Un recente sondaggio porta a porta condotto in Punjab ha confermato la maggiore incidenza del cancro nello Stato rispetto alla media nazionale. Secondo i dati, negli ultimi 5 anni, le morti per cancro verificatesi in Punjab sarebbero state 33.318.
L’indagine, basata sulle testimonianze del 97 per cento della popolazione del Punjab, ha censito 23.874 pazienti e oltre 84.000 persone affette da sintomi legati al cancro.
La maggioranza dei malati risiede nella regione di Malwa, nel sud del Punjab, territorio tradizionalmente arido che, dopo la Green Revolution (l’introduzione di moderne tecniche di irrigazione e semina risalente ai primi anni ’60, ndt) fu irrigato pesantemente – spesso ricorrendo alle falde acquifere locali – e riempito di fertilizzanti chimici e pesticidi.
Risultato? Acqua poco sicura, non abbastanza per berla o lavarcisi. Fiumi e pozzi furono contaminati da metalli pesanti, rifiuti chimici o uranio. Gli esami del sangue iniziarono ad evidenziare residui di cellule cancerogene.
Uno studio della Punjab University di Patiala ha rilevato un’alta percentuale di danni al dna tra i contadini che hanno utilizzato pesticidi, in particolare tra chi ha seminato cotone, riso o grano. Un avvocato, Jagmohan Singh Bhatti, pare abbia denunciato lo Stato per negligenza nel salvaguardare le vite dei punjabi.
Ma la questione non riguarda solo il Punjab. Si teme che cibo ed acqua contaminati possano portare anche altri Stati ad un aumento del cancro alla vescica, alla prostata ed ai reni.
A Gandhinagar, in Gujarat, un sondaggio ha mostrato un preoccupante aumento di cancro diagnosticato a bambini. I dottori del Gujarat Cancer Research Institute sostengono che i pazienti in età infantile siano quasi raddoppiati. Sono cifre approssimative e non definitive, ma sicuramente l’inquinamento ed i pesticidi sono stati individuati come due delle possibili cause.
In Karnataka una Corte della Lok Adalat (letteralmente Tribunale del Popolo, istituzione chiamata a dirimere piccole questioni civili e penali, ndt) ha denunciato che l’uso di pesticidi vietati stava causando un considerevole aumento di cancro cervicale ed al seno tra le contadine.
La Corte ha chiesto al dipartimento della Salute e dell’Agricoltura di condurre un’indagine ed individuare i responsabili, chiedendo anche ai produttori di pesticidi di diminuire i livelli di tossine. Inoltre ha invitato le istituzioni a tagliare le centinaia di migliaia di rupie in sussidi per pesticidi e fertilizzanti, incoraggiare alternative organiche.
Non si tratta nemmeno solo di contadini. La contaminazione viaggia dalla terra alle piantagioni arrivando fino al cibo ed all’acqua. E’ un problema che riguarda tutti noi che viviamo qui. Eppure quanto poco riusciamo a fare per difendere la nostra salute!
Kerala e Karnataka sono gli unici due Stati ad aver messo al bando l’Endosulfan, un pesticida che causa deformazioni alla nascita, danni cerebrali e tossicità trasmettibile sessualmente. Eppure non si è ancora riusciti a formularne il divieto a livello nazionale.
La Corte suprema ci provò nel 2011, mettendo il pesticida al bando in tutta l’India, ma ora il governo sta chiedendo di riconsiderare la sentenza in virtù di “eccedenze” vicine alla data di scadenza. Ritirare in modo sicuro quei pesticidi tossici costerebbe “un’enormità”, tanto che altri stati sarebbero pronto a rimanere contaminati da Endosulfan ancora per un po’ di mesi.
“Un’enormità” equivale precisamente a 2,1 miliardi di rupie (quasi 30 milioni di euro, ndt). Dubito che qualsiasi governo possa aprire e far funzionare un buon ospedale per quella cifra. Per questo non voglio esprimere l’orrore che provo davanti ai termini di un simile scambio.
Voglio solo chiedere: pensate che un bambino meriti di rischiare delle deformazioni alla nascita, che un contadino meriti delle deformazioni al dna per risparmiare 2,1 miliardi di rupie?
*Annie Zaidi scrive poesie, reportage, racconti e sceneggiature, non necessariamente in quest’ordine. Il suo libro I miei luoghi: a spasso con i banditi ed altre storie vere è stato pubblicato in Italia da Metropoli d’Asia.
[Articolo originale pubblicato su Daily News and Analysis]