La mia India – Pezzi di carta sospetti

In by Gabriele Battaglia

 Basta andare in un luogo pubblico con "pezzi di carta" per manifestare le convinzioni personali di ognuno, che si viene interrogati. Nel frattempo chi commette crimini continua a restare impunito. Forse è necessario che la polizia indiana ripensi alle proprie priorità. La settimana scorsa ho scritto che un gruppo di noi era andato a Carter Road ripromettendoci di contribuire a creare città più sicure. Alcuni uomini hanno promesso che avrebbero alzato la voce contro le molestie sessuali. Qualcuno ha promesso di non dare ai bambini i giocattoli sessisti. Qualcun’altro ha promesso di utilizzare i mezzi pubblici.

Una delle reazioni più evidenti l’abbiamo avuta dalla polizia. Un poliziotto si è avvicinato per chiederci che cosa stessimo facendo. Dato che ce ne stavamo in piedi accanto a una piccola guardiola, era naturale che gli agenti fossero curiosi. Una delle ragazze ha spiegato cosa stessimo facendo e ha invitato un poliziotto a unirsi a noi. Lui ha rifiutato educatamente, dicendo di avere da fare. Fin qui, tutto bene.

Carter Road si affaccia su un lungomare che cinge Bandra, un sobborgo di Mumbai. Le famiglie vengono qui a godersi il mare. C’è chi corre. C’è chi fa passeggiate. Amici di tutte le età si siedono sulle panchine e chiacchierano. È’ un luogo ideale per richiamare l’attenzione sui problemi di pubblica sicurezza, senza interrompere nessuna di queste attività.

Eppure, alcuni minuti più tardi, è arrivato un altro funzionario della polizia. Esigeva di sapere che cosa stessimo facendo, chi fossimo e perché ci trovassimo lì. Gliel’ho spiegato. Ma questo poliziotto non era soddisfatto. "Dovreste richiedere il permesso della polizia,"ci ha detto."Ma questo non è un comizio, né una protesta,” ho risposto io. “Siamo solo un gruppo di amici in piedi con pezzi di carta che si prendono un impegno personale."

Ha voluto sapere per quale ONG lavorassi. Ho risposto: “nessuna, sono solo una cittadina.” Lui non mi ha creduto. Continuava a dire che aveva bisogno di sapere chi fosse il "responsabile". “Responsabile di cosa?”, ho chiesto io. “Di stare in piedi vicino al mare, con un pezzo di carta in mano? "

Ma, a quanto pare, era importante accertare una "responsabilità", nel caso in cui succedesse qualcosa. Ho chiesto cosa pensava sarebbe potuto accadere a causa di poche persone che si impegnavano a prendere i mezzi pubblici. Non mi ha risposto. Mi ha fatto una decina di domande – chi sono, il mio nome completo, numero di telefono, indirizzo. Mi ha scattato delle foto con il suo cellulare. Mi ha persino detto di non preoccuparmi, la polizia non mi avrebbe dato alcun fastidio. Il che mi avrebbe fatto ridere, se la situazione non fosse così triste: che un cittadino debba avere motivo di preoccuparsi dando il suo indirizzo alla polizia.

Ho passato 40 minuti a discutere, persuadere, scongiurare. Anche il poliziotto ha discusso. Ha detto che Mumbai non ha gli stessi problemi di altri posti (vedi Delhi). Ha iniziato a parlar male  dei giovani che vanno sulle rocce, lontano dal lungomare. Dal momento che stavamo parlando di sicurezza, ho pensato che fosse preoccupato per i giovani che annegano. Finché ho capito che in realtà intendeva dire che il vero problema di ‘sicurezza’ erano i loro momenti di intimità. Poi ci ha chiesto di sgombrare in pochi minuti.

E per tutto il tempo, mi chiedevo che razza di società è questa, dove la polizia si può permettere di sprecare un’ora intera chiedendo alla gente di lasciare uno spazio che è stato creato per lo scopo specifico di lasciarci comunicare e incontrare. Perdono ore a caccia di coppie infelici, ma non hanno il tempo o la forza lavoro adeguata a rispondere alle chiamate di soccorso.

Recentemente, ho letto di una donna aggredita su una spiaggia. Quando si è avvicinata al più vicino posto di polizia per chiedere aiuto, le hanno detto che non avevano personale da mandare, e le hanno chiesto di andare alla stazione di polizia locale. Naturalmente, non c’è stato nessun arresto.

Al centro del problema sicurezza è questo – i poliziotti sembrano passare troppo tempo a sospettare di persone che non causano danni, che semplicemente esprimono la propria idea – o il proprio sentimento – e non abbastanza a rispondere ai cittadini che sono stati vittime di violenza. Se i poliziotti si impegnassero solo a risolvere questo problema, ci sentiremmo più sicuri. 

*Annie Zaidi scrive poesie, reportage, racconti e sceneggiature, non necessariamente in quest’ordine. Il suo libro I miei luoghi: a spasso con i banditi ed altre storie vere è stato pubblicato in Italia da Metropoli d’Asia.

[Articolo originale pubblicato su Daily News and Analysis]