La mia India – Il corpo delle donne

In by Simone

Perché le donne, ai centri commerciali, nei cinema, negli aeroporti, devono essere perquisite dietro orribili cubicoli improvvisati? Perché questo trattamento speciale? Sembra una bazzecola, ma la questione è sintomo di un pudore estremo, assurdo e terrificante per una società moderna.  Ecco una domanda che da tempo voglio fare ai nostri addetti alla sicurezza. Capisco la necessità di ispezionare borse e giacche, ma qual è la ragione di quei mostruosi cubicoli a tendine creati appositamente per le donne? Polizia, agenti della sicurezza, proprietari di centri commerciali, governo, qualcuno me lo spieghi!

A cosa servono? Le clienti donne vengono ispezionate da altre donne. Borsette o zainetti sono stati già controllati fuori, o fatti passare – da uomini – ai raggi x.

E comunque dobbiamo camminare dentro queste cabine improvvisate, quattro mura di stoffa nera o, peggio, circondate da queste orride tendine di gomma (che probabilmente non vengono mai lavate e mi fanno preoccupare di polvere e potenziali infezioni), per farci passare i metal detector lungo le curve dei nostri corpi. E poi usciamo.

Quale parte di questo processo deve essere “privata”? Non veniamo spogliate e perquisite, alla fine. E allora perché ce ne dobbiamo andare dietro a una tenda?

La cosa mi infastidisce perché sembra si dia per scontato che qualsiasi cosa abbia a che fare col corpo di una donna debba essere nascosto. E’ come se proprio il concetto di una donna proprietaria del suo corpo sia imbarazzante, e che se qualcuno deve toccarlo quel corpo – pure nel caso di una donna poliziotto – allora lo deve fare lontano dalla vista degli altri. Come se una donna toccata, per qualsiasi ragione, sia una cosa orribile.

La cosa non si ferma ai security check. Veniamo messe in un regime di purdah temporaneo (purdah è il velo col quale si coprono il capo le donne musulmane, indica anche l’insieme di regole e comportamenti dignitosi che una donna musulmana è tenuta ad osservare, ndt), così che nessuno possa vedere cosa ci vien fatto.

Perché? La polizia e i proprietari dei centri commerciali credono davvero che una donna muoia dalla vergogna di essere perquisita col metal detector? Dubito fortemente che le clienti siano imbarazzate dai controlli obbligatori. Essere palpeggiate ci imbarazza? Forse. Ma imbarazzerebbe chiunque, anche gli uomini. Perché diamo per scontato che l’imbarazzo maschile sia innocuo?

E se lo staff della sicurezza ha bisogno di un’area privata per condurre un’ispezione intima dei nostri corpi di clienti, allora ce ne deve essere una anche per gli uomini. Se non sta bene esaminare i corpi delle donne in pubblico, non sta bene nemmeno palpeggiare corpi di uomini davanti alle donne, no?

La questione mi ha infastidito per anni, ma la maggior parte di noi si rifiuta di alzare la voce: tanto è una faccenda di poco conto, una bazzecola.

In verità credo che la questione sia sintomo di un problema più grande, quello di imbarazzare le donne ed allo stesso tempo renderle sempre più consce – colpevolizzarle –  della propria fisicità. E’ un messaggio forte e chiaro: tenete i vostri corpi ben coperti, anche se qualcuno vi sta palpeggiando con un metal detector, ispezionandovi fino al midollo. In nessun caso il vostro corpo deve essere notato da nessuno.

C’è qualcosa di veramente assurdo e spaventoso in una società che non riesce ad accettare un fatto così ovvio: le donne hanno dei corpi come gli uomini e quei corpi – o azioni che li coinvolgano – non sono nulla di imbarazzante.

Personalmente sono una strenua oppositrice della purdah in ogni sua forma proprio per questa ragione. L’assunzione che i corpi delle donne – anche solo i capelli, la faccia, le gambe – inducano alla violenza è assolutamente falsa.

E’ un concetto ingiusto e crudele e se davvero vogliamo un mondo equo e pacifico, allora questa idea deve essere cancellata dalle nostre teste.

E non so se siamo in grado di cambiare immediatamente le culture che esaltano la purdah, ma possiamo sicuramente disfarci immediatamente di quegli inutili e bizzari cubicoli a tendine nei nostri spazi pubblici. E dovremmo farlo. Da oggi.

*Annie Zaidi scrive poesie, reportage, racconti e sceneggiature, non necessariamente in quest’ordine. Il suo libro I miei luoghi: a spasso con i banditi ed altre storie vere è stato pubblicato in Italia da Metropoli d’Asia.

[Articolo originale pubblicato su Daily News and Analysis]