La mia India – Dopo dicembre

In by Gabriele Battaglia

Dopo gli ultimi casi di stupro, la vita per le donne indiane si è fatta sempre più difficile. Un senso diffuso di insicurezza in tutti gli spazi pubblici ha colpito gran parte delle donne d’India. Anche Annie Zaidi, che per riconciliarsi con sé stessa e gli uomini, è tornata a Delhi, teatro dell’orribile crimine di dicembre. Pensavo di dover rivisitare Delhi per riprendermi. Non sapevo nemmeno di dovermi riprendere. Quando ho sentito dello stupro di gruppo e omicidio del 16 dicembre 2012, devo dire di non essere stata choccata. Arrabbiata sì. Ma leggo di stupri brutali di frequente; nuovi resoconti escono ogni giorno. Dopo la morte di “Nirbhaya”, ho provato a convogliare la rabbia nel mio lavoro. Ho giurato di rivendicare le notti cittadine. E mi sono portata appresso un nodo di risentimento che non riconoscevo.

Ogni volta che qualcuno parlava di quanto fosse insicura Delhi, ero pronta a prendere le sue difese. Ho vissuto qualche anno a Delhi ed è stato un bel periodo. Anni di crescita personale e professionale. Non peggiori di quelli che ho passato a Bombay o in altre città. Ma, in segreto, ero arrabbiata con Delhi. Come potrei dire di amare una città che ha permesso un tale orrore? Come potrei parlare di una decadente, rovente bellezza, di balconi e terrazze, di risciò argentati? Ogni bella memoria è stata spazzata via dal dicembre 2012.

Così ho smesso di difendere la città. Una parte di me ha accettato tranquillamente di non avere nessun posto sicuro nel mio Paese, che non mi sarei mai più sentita sicura. Ho accettato il fatto che se il cambiamento arriverà, sarà forse troppo tardi per le donne della mia generazione. Ho firmato petizioni e manifestato dritta sulle mie gambe. Ma nel mio cuore saliva la bile.

Ma la scorsa settimana mi sono ritrovata di nuovo a Delhi. Ero seduta in un piccolo giardino a leggere un libro. Una anziana mi è passata accanto. Badava al giardino, punteggiandolo di chiari fiori primaverili. Ho origliato un’amica che diceva a suo figlio i nomi di quei fiori. Quasi fisicamente, sentivo quella “bara” dentro di me aprirsi. Ho iniziato, a sentirmi di nuovo sicura.

A una stazione della metropolitana, sul binario, ho visto una giovane coppia. La ragazza ha allungato una mano, ha toccato il viso del suo ragazzo. E mi sono sentita sicura. Sono saltata su un autobus per tutti, invece che su uno rosa riservato alle donne. Ho notato che molte altre donne avevano scelto di viaggiare su autobus non riservati. Uomini di tutte le età salivano e restavano a una distanza rispettosa finché potevano. E mi sono sentita sicura.

Un pomeriggio, stavo a una bancarella di chana-kulcha sul ciglio della strada. C’erano principalmente clienti uomini. All’inizio ho esitato, chiedendomi se gli sguardi di qualcuno mi avrebbero fatta sentire a disagio. Poi ho preso coraggio e ho ordinato da mangiare. Ho chiesto al venditore di non mettermi il burro. Ha mezzo sorriso, e ha detto: “tutto quello che vuole, signora”. E mi sono sentita sicura.

Ho chiesto ad alcuni uomini indicazioni, e mi hanno indirizzato con cura e di buon grado. Ho chiesto a uomini di darmi da mangiare e mi hanno servita con un contorno di spirito e fascino. Il nodo di rabbia che circolava nel mio sangue ha iniziato a sciogliersi. La città ha ripristinato il mio senso di normalità, perfino il rispetto per me stessa.

Non posso spiegare come il rispetto per me stessa era legato a doppio filo a Nirbhaya e ad altre donne che sono state stuprate, uccise o mutilate. Forse la mia rabbia veniva dall’umiliazione. Era come se i miei connazionali mi stessero ricordando che non ero un essere umano uguale agli altri. E non importava in quante città mi fossi trasferita, non importava cosa facessi per vivere, non potevo vincere contro questo atteggiamento.

Ora, mentre mi godevo Delhi invece di esserne spaventata, il mio dolore si era stemperato. Mi sentivo più calma, più sicura. Così, ai ministeri dell’interno di tutti gli stati che vogliono essere più sicuri, dico: dateci autobus notturni. Dateci giardini e treni ben illuminati e uomini ben educati. Non sequestrateci. Non coccolateci. Lasciateci godere la città. E ci creeremo da sole il nostro personale senso di sicurezza.

*Annie Zaidi scrive poesie, reportage, racconti e sceneggiature, non necessariamente in quest’ordine.Il suo libro I miei luoghi: a spasso con i banditi ed altre storie vere è stato pubblicato in Italia da Metropoli d’Asia.