Su internet degli utenti si chiedono se i villaggi siano oggi delle risorse o un peso per l’India, dimenticando che senza il contributo delle zone rurali indiane, le città non potrebbero esistere. Accortezza ricambiata dall’India urbana con tonnellate di rifiuti e nessuna considerazione.
L’altro giorno mi sono imbattuta in una strana discussione online. Qualcuno aveva postato questa domanda: i villaggi sono una risorsa o un peso per l’India?
Alle prime sono scoppiata a ridere. Ma che razza di domanda è questa? Poi però ho anche letto una notizia dall’Orissa. Pare che un branco di elefanti stesse girando per la città di Rourkela e sia poi stato respinto fuori, verso le Saranda hills. Ma secondo alcuni abitanti del posto che vivono nei villaggi circostanti, il branco è stato semplicemente spinto qualche chilometro più in là di Rourkela, così gli elefanti hanno continuato a distruggere case e campi. Ci sono state lamentele circa il comportamento dell’amministrazione locale, impegnata a tutelare solo chi viveva in città.
Può essere che da qualche parte nel subconscio dell’India urbana ci sia la convinzione che alla fine dei villaggi non ci si debba preoccupare? Possiamo davvero essere così ignoranti affrontando il tema delle nostre vite, della nostra economia?
I cereali e la maggior parte della verdura e della frutta arriva dai villaggi, come del resto gran parte dei latticini e della carne. Le nostre case sono fatte di cemento ed acciaio, o pietra e legno: tutte materie prime che provengono da zone semi-rurali. I nostri vestiti – quelli buoni, almeno – sono fatti di cotone o di lana, per i quali dipendiamo da contadini e pastori. La maggioranza della forza lavoro a basso costo che costruisce le nostre città e provvede ai nostri servizi più elementari arriva dai villaggi. E si potrebbe andare avanti. Acqua, carbone, erbe, estratti medicinali, energia.
E cosa mandiamo noi ai villaggi? Prodotti finiti, ovviamente. Dagli shampoo ai pneumatici. La medicina moderna, magari, se riusciamo a far trasferire un dottore nel villaggio. Forse la tecnologia. Ma anche gli effetti collaterali delle nostre attività industriali e del moderno lifestyle urbano.
Recentemente questi problemi sono emersi nel distretto di Kottayam. Per anni, la città di Kottayam aveva scaricato i propri rifiuti nelle periferie del centro urbano. I residenti del villaggio di Vijayapuram chiedevano che si smettesse con questa pratica che li costringeva a sopportare tonnellate e tonnellate di spazzatura vicino alle loro case; e la discarica era fonte di malattie.
Inoltre, l’acqua dei loro pozzi si stava contaminando. Quando la municipalità non ha dato loro retta, hanno organizzato una marcia di protesta. La gente è andata alla discarica e l’ha chiusa.
Migliaia di villaggi subiscono le conseguenze dei rifiuti urbani, degli scarichi industriali, o dell’estrazione eccessiva di risorse presenti sul territorio. Nel distretto di Sundargarh, in Orissa, le persone che vivono vicino alle miniere si lamentano di non avere abbastanza acqua per le proprie fattorie: i corsi d’acqua sono stati deviati a diversi chilometri di distanza.
A Goa, gli abitanti del villaggio di Pissurlem si sono lamentati di rifiuti industriali lasciati a cielo aperto.
Quanti di noi che vivono in città sanno cosa succede ai nostri rifiuti? Non vogliamo sapere se esiste un sistema in grado di assicurare che nessuno si ammali o debba soffrire le conseguenze dei nostri consumi. Non vogliamo nemmeno sapere se noi stessi ci ammaliamo a causa delle nostre cattive abitudini di smaltimento dei rifiuti.
A volte mi domando come reagirebbero i cittadini e le autorità se i contadini entrassero in città coi loro trattori pieni dei loro rifiuti personali, agricoli e industriali e ce li lasciassero qui all’aria aperta. Cosa pensate succederebbe?
[Articolo originale pubblicato su Daily News and Analysis]
*Annie Zaidi scrive poesie, reportage, racconti e sceneggiature, non necessariamente in quest’ordine. Il suo libro I miei luoghi: a spasso con i banditi ed altre storie vere è stato pubblicato in Italia da Metropoli d’Asia.