Premessa
Le origini
Gli anni ‘80
Effettivamente, subito dopo la visita di Enrico Berlinguer vennero pubblicati alcuni articoli sulla vita e sul pensiero di Antonio Gramsci. Nel marzo 1980 viene pubblicato un libro La difesa della dialettica materialistica, il cui autore è, secondo Tian Shigang, il primo che ha studiato Gramsci in Cina: Xu Chongwen, dell’Accademia cinese delle Scienze Sociali. Xu dedica 3 pagine a Gramsci[9]. L’interesse per gli studi gramsciani si sviluppò soprattutto per merito di Tian Shigang e Mao Yunze, che lavorava presso l’Ufficio di traduzione e redazione delle opere di Marx, Engels, Lenin e Stalin. I primi articoli su Antonio Gramsci che videro la luce in Cina cercarono di collocarlo all’interno della tradizione marxista.
Venne utilizzato, con una accezione negativa, la categoria di “marxismo occidentale”. Xu Chongwen nel 1983, in effetti, pubblicò un libro dal titolo Il marxismo occidentale, nel quale un capitolo è dedicato al pensatore sardo “Gramsci: dall’Ordine Nuovo ai Quaderni dal Carcere”. Xu sosteneva che Gramsci fosse il fondatore del marxismo occidentale. In quella sede marxismo occidentale aveva un’accezione negativa. Voleva dire idealismo, cioè abbandono del materialismo. Le posizioni di Xu Chongwen erano chiare: “Gramsci si oppone alla volgarizzazione del marxismo, sottolinea la necessità di partire dalla filosofia per provare il significato dell’azione rivoluzionaria degli uomini.
Perciò, arriva a definire il marxismo una “filosofia della prassi”, ma erroneamente considera la posizione filosofica del marxismo un’unione tra materialismo e idealismo, sostenendo che la dialettica marxista non sia dialettica materialista, ma una dialettica razionale”[10]. Tre anni dopo Xu ritorna su Gramsci: “tra i fondatori del marxismo occidentale Gramsci è quello dal pensiero più ricco, profondo ed originale e, ancora più stimabile, ha ricevuto i più svariati apprezzamenti. L’eurocomunismo considera Gramsci uno dei suoi predecessori; la personalità che predicò la democrazia e l’umanesimo nel movimento comunista internazionale, l’uomo che ha esplorato una forma di socialismo aperto e democratico, Gramsci fu il ‘teorico della rivoluzione occidentale’, il ‘più tradizionale continuatore del marxismo nei paesi capitalisti’.
Proprio poiché fu il ‘genio’ che sollevò la più difficile questione affrontata dal socialismo occidentale, fu il maggiore tra marxisti occidentali che aprirono la strada allo sviluppo europeo del marxismo. Alcuni ritengono che i sui scritti costiturono ‘la fonte di un tentativo di rinnovamento del marxismo ampio, duraturo e non fossilizzato’, altri considerano il marxismo di Gramsci un nuovo sistema strategico e teorico-politico, un sistema di un nuovo modello di rivoluzione politica e sociale, culturale e di massa. Parlando della teoria, rappresenta una critica di alto livello delle teorie fatalistiche e positiviste, del riformismo e del classicismo del marxismo tradizionale.
Unendo e superando i due estremi dello spontaneismo e del giacobinismo, dà contemporaneamente forma teorica al movimento rivoluzionario di massa. Gramsci è considerato il pioniere e il fondatore della nuova teoria marxista adeguata alle condizioni dei paesi capitalisti sviluppati. Anche chi non condivide pienamente il punto di vista di Gramsci, lo ritiene un ‘grande comunista italiano’, sostenendo come la vita di Gramsci fosse senza dubbio la vita di un rivoluzionario veramente marxista, che nella lotta per […] la vittoria della rivoluzione socialista, non solo si oppose in politica al riformismo esterno al marxismo e in campo culturale all’idealismo di Croce, ma si scontrò con le teorie evoluzionistiche e contro il classicismo dogmatico del marxismo volgare”[11]. Questa polemica deve essere letta sia alla luce del peculiare sviluppo del pensiero marxista cinese, sia alla luce di profondi tratti culturali della civiltà cinese[12]. Per quanto riguarda il primo aspetto, il marxismo cinese, soprattutto dopo la morte di Stalin, la destalinizzazione in URSS e lo scoppio del conflitto sino-sovietico, tentò di accreditare la linea ideologica Marx-Engels-Lenin-Stalin-Mao come l’unica accettabile per chiunque volesse realmente definirsi marxista.
Tutte le altre posizioni erano eresie le quali, in definitiva, portavano alla fuoriuscita dal marxismo. Le proposte di Togliatti, le vie nazionali al socialismo, l’eurocomunismo e tutte le altre proposte “nuove” venivano bollate come deviazioniste a antimarxiste. In questo contesto, marxismo occidentale significava abbandono del materialismo e della vera e unica interpretazione del marxismo. Il nuovo corso di Deng Xiaoping cominciato nel 1978, pur poderoso, ancora non aveva eroso questa visione. Riguardo i profondi tratti culturali della civiltà cinese, i quali si nutrivano di sino centrismo, e perciò consideravano intrinsecamente inferiore qualunque apporto culturale, ancorché utile, nel caso in cui provenisse dall’esterno, essi erano ancora presenti, seppur sotto traccia, anche nella Cina popolare.
L’affermazione di Braudel secondo il quale il movimento marxista non è un uragano che sconvolge e distrugge ogni fenomeno che incontra, quanto un velo che si stende sul contesto politico, sociale e culturale nel quale agisce, è in questo caso illuminante. Il marxismo cinese ha modificato la cultura e la vita sociale del paese, ma non ha potuto prescindere dalla millenaria civiltà che ha dato vita all’Impero di Mezzo.
Tian Shigang e il nuovo approccio
L’impostazione riportata venne contrastata, a partire dal 1984, da Tian Shigang dell’Accademia cinese delle Scienze sociali di Pechino,. Tian Shigang aveva 39 anni nel 1984. Per gli standard cinesi, e anche italiani, era un giovane. Tian si era laureato nel 1967 in Lingua italiana presso l’Università di Lingue Straniere di Pechino (Bei Jing Wai Guo Yu Da Xue). La rivoluzione culturale l’aveva bloccato per 10 anni. Conclusa quell’esperienza, nel 1981 aveva portato a termine una specializzazione in filosofia marxista presso l’Istituto di Filosofia dell’Accademia delle Scienze Sociali di Pechino (Zhong Guo She Hui Ke Xue Yuan). Tra il 1981 ed il 1983 ha studiato filosofia teoretica (filosofia teoretica è la parte più generale della filosofia) presso la Facoltà di Filosofia dell’Università degli Studi “La Sapienza”.
Nel 1984, per opporsi alla visione di un Gramsci idealista, Tian pubblicò due articoli (La tendenza del pensiero filosofico di Gramsci e Gramsci e il materialismo). Egli utilizzò, per identificare la filosofia gramsciana, la categoria di “materialismo pratico”. In questo modo venne confutata la tesi tendente a collocare Gramsci nella corrente del marxismo occidentale. Anzi, scrive Tian, “Gramsci dev’essere considerato il teorico marxista più peculiarmente creativo dopo la scomparsa di Lenin”[13].
L’offensiva tesa a scardinare e sconfiggere la posizione per cui Gramsci sarebbe un marxista occidentale, e quindi sostanzialmente un non-marxista, si rivelò vittoriosa. Numerosi studiosi si dedicarono al tema, e nell’ottobre 1987 il professore Mao Yunze, pubblicò la prima monografia dedicata a Gramsci: Gramsci politico, prigioniero e teorico[14]. Era la prima opera di uno studioso cinese interamente dedicata a Gramsci. Ancora nel 1989 Tian Shigang lo considerava il miglior studio su Gramsci in cinese. A conclusione del suo libro Mao Yunze, a proposito di Gramsci, scrive: “la sua teoria rimarca l’unità tra pratica e teoria del marxismo, sostiene la politicità della filosofia, dà importanza alla funzione dell’ideologia nella costruzione del socialismo”[15].
Questa evoluzione fu figlia del mutato contesto politico e culturale. Il “guardare in faccia la realtà” denghiano divenne un principio che si propagò anche nel mondo culturale e filosofico. La ricerca di nuove vie portò a non vedere con sospetto chi si interrogava sulla possibilità che la linea teorica marxista Marx-Engels-Lenin-Stalin-Mao potesse anche non essere l’unica accettabile. Venivano ricomprese e accettate, nel dibattito marxista, diverse tendenze. Fu probabilmente questa la ragione di fondo della rivalutazione di Antonio Gramsci, che portò peraltro ad uno studio più attento dei suoi scritti. Dal 1984 Tian Shigang, oggi in pensione, si è occupato ai più alti livelli accademici di Antonio Gramsci. Può essere considerato uno dei massimi autori gramsciani in Cina. Nel 1989 partecipò al convegno internazionale di Formia “Gramsci nel mondo”.
Nel 2007 videro la luce l’edizione integrale in mandarino de le Lettere dal carcere, da Tian curate, le quali sono state presentate il 27 aprile 2007 presso la sede dell’Accademia cinese delle scienze sociali.
La diffusione dell’opera di Gramsci e gli ultimi sviluppi
Le diverse letture della vita e delle posizioni dell’intellettuale sardo non impedirono lo sviluppo della penetrazione delle opere gramsciane in Cina. Nel corso degli anni ottanta vennero tradotte e pubblicate una selezione di Quaderni dal carcere[16], Gramsci e la letteratura[17], gli Scritti scelti di Gramsci da un’edizione russa, La vita di Antonio Gramsci[18] di Giuseppe Fiori e, tra gli altri, il libro di Palmiro Togliatti Antonio Gramsci, curato da Ernesto Ragionieri[19].
Una bella riconoscenza ex post per il più grande divulgatore di Antonio Gramsci, nonché colui che direttamente fu criticato dal PCC. Nel 1984 apparve anche la traduzione del libro di Giuseppe Tamburino Antonio Gramsci: la vita, il pensiero, l’azione. Per quanto riguarda i quaderni, esistono due edizioni, che sono tutte e due parziali. La prima del 1983, della casa editrice del popolo, fu stampata in 13.000 copie. Era tradotta dal russo. Sempre nel 1983 l’antologia degli scritti di Gramsci sulla letteratura, della casa editrice della letteratura popolare, venne pubblicata in 8.800 copie La seconda edizione dei quaderni (sempre una selezione) venne pubblicata dalla China Social sciences press nei primi anni del ventunesimo secolo dall’inglese in 5.000 copie Il volume su Antonio Gramsci di Palmiro Togliatti, sempre del 1983 e della casa editrice del popolo, venne stampato in 4.000 copie, mentre la vita di Antonio Gramsci di Peppino Fiori in 8.000 copie.
A fine anni ottanta le pubblicazioni sul pensiero politico di Gramsci erano una decina[20]. Oggi sono molte di più: solamente dai documenti a mia disposizione risultano una settantina di pubblicazioni accademiche su Gramsci. Gli scritti scelti di Gramsci (1916-1935), della casa editrice del popolo, stampati nel 1992, vennero riprodotti in 10.000 copie. Si sono voluti presentare questi parziali dati sul numero di copie stampate per chiarire che le opere di Antonio Gramsci rimangono un elemento di nicchia e sottovalutato nel panorama culturale cinese. I numeri delle copie stampate sono, infatti, più adatte ad un paese come l’Italia che ad un paese come la Cina, che oltrepassa abbondantemente il miliardo di abitanti.
L’attenzione data al pensiero politico di Gramsci negli ultimi anni, tuttavia, è rimarcata dalla pubblicazione nel 2005 dell’edizione cinese de Il moderno principe, curata e tradotta dalla professoressa Chen Yue, autrice di un breve saggio intitolato Gramsci e la solitudine, testo ispirato al breve saggio di Louis Althusser, La solitudine di Machiavelli. Questo testo colloca nuovamente Gramsci all’interno del marxismo occidentale. Segno che il dibattito politico e culturale sulla collocazione di Antonio Gramsci non è né terminato né pienamente definito. Le Lettere dal carcere, presentate nel 2007 in occasione delle celebrazioni del settantesimo della morte di Gramsci, sono probabilmente il segnale di una maturata ricerca di esattezza filologica, rispetto alla quale le edizioni degli anni ottanta lasciano a desiderare. Nel preparare le Lettere dal carcere, si è scelto l’edizione della casa Editrice l’Unità e il testo originale[21]. In un secondo momento 456 lettere sono state riordinato, favorendo l’unità del testo, la coerenza e la facilità di lettura da parte dei lettori. Sono poi state aggiunte 4 pagine di foto, 15 pagine di introduzione, 14 pagine di cronologia della vita e delle opere.
La copertina, bianca con alcune righe orizzontali scure, dà l’idea della cella. A oggi sono state distribuite 8.000 copie delle Lettere dal carcere. Questa iniziativa si è inserita in una crescita di interesse per Gramsci che Silvio Pons, che ha partecipato per conto dell’Istituto Gramsci alla presentazione di Pechino, ha confermato. Nel 2008 è anche uscita la prima versione delle Lettere (1908-1926), in 6.000 copie. La traduzione completa dei Quaderni dal Carcere in cinese potrebbe essere un ulteriore segno della penetrazione dello scrittore sardo in Cina. A fine 2007 una delegazione dell’Accademia cinese delle Scienze Sociali ha visitato la Fondazione Istituto Gramsci proprio per discutere dell’edizione cinese dei Quaderni dal carcere, che è uno dei progetti messi in cantiere dall’Accademia. La Fondazione Istituto Gramsci, in una pubblicazione del 2007, ospita un contributo di Liu Kang, dal titolo “Egemonia e rivoluzione culturale”[22].
Liu Kang si occupa di studi culturali cinesi negli Stati Uniti, e ha insegnato anche a Pechino e Taipei. È uno di quegli intellettuali cinesi della diaspora che, pur conoscendo il dibattito culturale cinese, non è organico agli eventi politici, sociali e culturali del Paese. Il contributo, perciò, non può essere considerata una originale elaborazione cinese sul pensiero gramsciano, quanto piuttosto un contributo, appunto, degli intellettuali cinesi della diaspora.
Conclusioni
Gramsci è stato scoperto tardi in Cina. È difficile dire quanto il suo pensiero, oggi, sia studiato nelle università e nei centri di ricerca cinesi. I numeri delle pubblicazioni che lo riguardano, data la grandezza della Repubblica Popolare, non sono confortanti. Però Antonio Gramsci è sempre più utile alla Cina. Più utile perché l’Impero di Mezzo ha conosciuto un processo di industrializzazione, di modernizzazione fordista e post-fordista allo stesso tempo, che sta rendendo il paese diverso, dal punto di vista delle formazioni economico-sociali, rispetto a 50 anni fa. Più utile perché in una società complessa e mediata come la nostra, e come quella cinese, le questioni dell’egemonia, della riforma economico-morale, delle casematte e della rivoluzione passiva sono pane quotidiano sia per chi vuole dotarsi di strumenti analitici adeguati a scoprire la realtà cinese sia per chi quei processi (partito, università, stato, sindacato, media), li vuole governare. Sommessamente e con attenzione, ma anche convintamente, il messaggio della patria di Antonio Gramsci agli amici cinesi dovrebbe essere: “insieme continuiamo e approfondiamo lo studio di Gramsci. Come sempre, lo studio del passato serve a capire meglio il presente. E lo studio di Gramsci, oggi, potrebbe essere molto utile per capire cosa succede in Cina”.
Bibliografia
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- Liu Kang, “Egemonia e rivoluzione culturale”, in Vacca Giuseppe, Capuzzo Paolo e Schirru Giancarlo (a cura di), Studi gramsciani nel mondo – Studi culturali, Il Mulino, Bologna 2008
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- Giuseppe Vacca, Giancarlo Schirru (a cura di), Studi gramsciani nel mondo 2000-2005, Il Mulino, Bologna 2007, p. 10.
- Per una trattazione agevole del tema cfr. Richard E. Nisbett, Il Tao e Aristotele: perché asiatici e occidentali pensano in modo diverso, Rizzoli, Milano 2007
- In italiano Lucio Lombardo Radice, Giuseppe Carbone, Vita di Antonio Gramsci, Edizioni di cultura sociale, Roma 1952.
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- Sulla campagna dei cento fiori cfr. Marie-Claire Bergère, La Cina del 1949 ai giorni nostri, Il Mulino, Bologna 2000, pp. 90-107
- Lucio Lombardo Radice, Giuseppe Carbone, cit., p. 5.
- Cfr. Sophie Quinn-Judge, Ho Chi Minh: the Missing Years 1919-1941, Hurst, London 2003.
- Per una visione d’insieme sul conflitto sino-sovietivo cfr. Paolo Calzini, Enrica Collotti Pischel (a cura di), Coesistenza e rivoluzione – Documenti sulla disputa cino-sovietica, Einaudi, Torino 1964
- Xu Chongwen, 徐崇文, Baowei weiwu bianzhengfa,保卫唯物辩证法 (In difesa della dialettica materialistica), Beijing, Renmin chubanshe ,人民出版社,1980
- Andrea Pira, cit., p. 22.
- Cfr. Idem, p. 24.
- Sul tema si veda l’intera opera di Enrica Collotti Pischel. Per una breve visione d’insieme cfr. Federico Avanzino, “La ricezione del marxismo in Cina”, in Mondo Cinese, n. 47, settembre 1984
- Tian Shigang, “Studi gramsciani in Cina”, in Maria Luisa Righi (a cura di), Gramsci nel mondo : atti del Convegno internazionale di studi gramsciani, Formia, 25-28 ottobre 1989, Fondazione Istituto Gramsci, Roma 1995, p. 187.
- Mao Yunze, 毛韵泽, Gelanxi zhengzhijia, qiutu he lilunjia, 葛兰西政治家,囚徒和理论家, (Gramsci politico, prigioniero e politico), Beijing, Qiushi chubanshe, 求实出版社, 1987.
- Cfr. Andrea Pira, cit., p. 28.
- Andongni’ao Gelanxi, 安东尼奥·葛兰西, (Antonio Gramsci), Yuzhong zhaji, 狱中札记, (Quaderni del carcere), tradotto in cinese da Bao Xu, 葆煦, Beijing, Renmin chubanshe ,人民出版社, 1983. Cfr. Andrea Pira, cit., p. 27.
- Andongni’ao Gelanxi, 安东尼奥·葛兰西, (Antonio Gramsci), Lunwenxue, 论文学, (Gramsci e la letteratura), tradotto in cinese da Lü Tongliu, 吕同六, Beijing, Renmin wenxue chubanshe,人民文学出版社, 1983. Ibidem.
- Zhusaipei Fu’aoli ,朱塞佩·费奥里, (Giuseppe Fiori), Gelanxi zhuan, 葛兰西传, (Vita di Antonio Gramsci), tradotto in cinese da Wu Gao, 吴高, Beijing, Renmin chubanshe ,人民出版社, 1983. Cfr. Ibidem.
- Taoliyadi, 陶里亚蒂 (Palmiro Togliatti), Taliyadi lun Gelanxi, 陶里亚蒂论葛兰西, (Antonio Gramsci di Palmiro Togliatti), tradotto in cinese da Yuan Huaqing, 袁华清, Beijing, Renmin chubanshe ,人民出版社, 1983. Ibidem.
- Nel 2009, secondo un documento consegnatomi da Tian Shigang, le pubblicazioni riguardanti Antonio Gramsci sarebbero almeno 63.
- Si ringrazia il professore Tian Shigang per tutta la consulenza fornitami ed, in particolare, per queste informazioni.
- Liu Kang, “Egemonia e rivoluzione culturale”, in Giuseppe Vacca, Paolo Capuzzo e Giancarlo Schirru (a cura di), Studi gramsciani nel mondo – Studi culturali, Il Mulino, Bologna 2008, pp. 173-196. [15] Idem, p. 29.