Secondo Reuters, il gruppo statale cinese Sinopec ha fatto sapere di avere sospeso i colloqui per un importante investimento petrolchimico e un’impresa di commercializzazione del gas in Russia.
Dopo gli incontri di Nato, G7 e Consiglio europeo di giovedì è risultato evidente il tentativo di Stati uniti e Europa di chiedere alla Cina di pronunciarsi in modo più chiaro sulla guerra in corso, anziché ondivagare nella sua attuale posizione di mancato sostegno a Mosca da un punto di vista economico, senza isolarla da un punto di vista politico.
Venerdì però tra Cina e Usa, soprattutto, qualcosa è parso muoversi; minimi segnali anticipati dalla decisione americana di eliminare i dazi su 352 prodotti cinesi (da un elenco totale di 549), stabiliti in precedenza dall’amministrazione Trump: «La decisione – afferma la nota ufficiale di Washington – è stata presa dopo un’attenta considerazione dei commenti pubblici e in consultazione con altre agenzie Usa».
IN UN COMUNICATO precedente, l’ufficio del rappresentante del Commercio degli Stati uniti aveva descritto l’iniziativa come «conforme al nuovo approccio di Washington alle relazioni commerciali Usa-Cina». Venerdì poi sono giunte le seguenti notizie: dapprima – novità riportata da Reuters – il gruppo statale cinese Sinopec ha fatto sapere di avere sospeso i colloqui per un importante investimento petrolchimico e un’impresa di commercializzazione del gas in Russia. Secondo Reuters, «la mossa del più grande raffinatore di petrolio dell’Asia per frenare un investimento potenzialmente da mezzo miliardo di dollari in un impianto chimico di gas e un’impresa di commercializzazione del gas russo evidenzia i rischi, anche per il più importante partner diplomatico della Russia, di pesanti sanzioni guidate dall’Occidente».
Sempre venerdì la segretaria al Tesoro americano, Janet Yellen, rispondendo a chi le chiedeva se ritenesse possibili e necessarie sanzioni a Pechino come partner della Russia è stata esplicita: «Non penso che siano necessarie o appropriate ora sanzioni alla Cina». Poco dopo Jake Sullivan ha spiegato ai cronisti che «Resta vero quel che vi ho detto due giorni fa, non abbiamo visto la Cina muoversi in avanti per fornire equipaggiamenti militari alla Russia, ma è qualcosa che continuiamo a monitorare». Nella giornata di ieri c’è anche stata la telefonata tra Xi Jinping e Boris Johnson (il numero uno cinese ha chiamato chiunque tranne Zelensky, in sostanza): secondo Pechino, la Cina ha specificato che intende continuare a rivestire un «ruolo costruttivo» nella promozione della pace in Ucraina e la comunità internazionale dovrebbe realmente «creare le condizioni necessarie a una soluzione politica della questione».
Nel corso del colloquio, il leader cinese ha analizzato gli sviluppi del rapporto bilaterale, si legge nella nota, invitando la controparte a considerare le relazioni da un punto di vista «equo e obiettivo».
LA CINA È «disposta a condurre il dialogo con Londra in modo schietto, aperto e inclusivo» auspicando che ques’’ultima collabori con Pechino allo sviluppo dei legami, che, nonostante i loro alti e bassi, «si sono sviluppati costantemente. Il volume degli scambi bilaterali ammonta a cento miliardi di dollari e lo scorso anno gli investimenti cinesi nel Paese sono più che triplicati». Cina e Regno Unito sono diversi per «condizioni e percorsi di sviluppo» e dovrebbero «rispettarsi a vicenda, rafforzare il dialogo e gli scambi, ed espandere la cooperazione con mentalità aperta e inclusiva», ha sottolineato Xi; per Downing Street Boris Johnson ha avuto «una discussione franca e schietta» con il presidente cinese Xi Jinping sull’invasione russa dell’Ucraina. Per quanto riguarda i rapporti tra Cina e Russia, inoltre, negli ultimi tempi si è discusso molto circa le «scorte» che Pechino avrebbe fatto di grano russo.
Al momento l’Ucraina e la Russia rappresentano oltre il 20% della fornitura globale di grano, orzo e mais. La guerra ha portato a un aumento dei prezzi: il grano è aumentato del 21%, l’orzo del 33% e alcuni fertilizzanti del 40% (a questo proposito ieri la Cina ha fatto sapere che utilizzerà le sue riserve). Sul tema si è espresso il premier Li Keqiang, secondo il quale «la produzione di grano della Cina deve rimanere superiore ai 650 miliardi di chilogrammi per tutto il 2022 e la modernizzazione del settore agricolo deve essere incentivata di continuo».
Di Simone Pieranni
[pubblicato su il manifesto]