Il dilemma di Pechino. Relazione con l’Ucraina, la tradizionale politica estera cinese e la “partnership” con la Russia: Pechino deve tenere insieme più fronti per confermare la sua posizione di “potenza responsabile”. Il nuovo fronte è quello delle sanzioni
La domanda delle domande è la seguente: la leadership cinese era a conoscenza delle intenzioni di Putin circa l’invasione dell’Ucraina? Probabilmente non avremo mai una risposta, ma osservando il comportamento della Cina lungo tutto l’arco temporale della crisi, è ipotizzabile ritenere che quanto meno il ministero degli esteri cinese non fosse a conoscenza dei piani putiniani. Questo ha portato Pechino ad esprimere alcune posizioni ambigue, nel tentativo di mantenere la propria linea di politica estera, senza sacrificare la “partnership strategica” con Mosca; allo stesso modo la constatazione che la dirigenza cinese si è trovata impreparata di fronte al corso degli eventi solleva alcuni perplessità all’interno della stessa leadership.
La posizione cinese è stata talmente complicata e – di fatto – messa in difficoltà da Putin che nei giorni scorsi il ministro degli esteri Wang Yi (che alla conferenza di Monaca aveva dichiarato inviolabile la sovranità ucraina, proprio qualche ora prima dell’inizio dell’invasione russa) ha dovuto procedere a una sorta di riepilogo della posizione cinese in cinque punti, largamente diffuso dall’agenzia di stampa Xinhua.
Il “recap” di Wang è arrivato dopo giornate di comunicazioni talvolta contraddittorie sia a proposito della posizione cinese sulla crisi militare in corso, sia su quelle che sono state le reazioni dell’Occidente. C’è poi un altro fronte, quello delle sanzioni economiche: anche in questo caso Pechino sembra di fronte a un dilemma: aiutare, sostenere l’economia russa – ponendosi completamente al fianco di Mosca, quindi – o procedere in modo “ordinario” come annunciato da Pechino, lasciando intendere che non saranno prese misure eccezionali nei confronti della Russia?
In particolare la Cina sembra stretta da alcune circostanze: da un lato un’amicizia e una cooperazione con l’Ucraina che è stata sottovalutata, in secondo luogo non può abiurare alla sua vicinanza con Mosca, tanto più dopo la visita di Putin a Pechino all’inaugurazione dei giochi invernali e dopo aver rilasciato con la Russia un documento nel quale appare chiara l’esistenza di un fronte comune che mette in discussione l’ordine internazionale a guida Usa e Nato. In questo caso Pechino deve confermare un’alleanza che nei fatti non è tale (su questo tema vi rimando all’ebook di China Files sulle relazioni tra Russia e Cina).
In terzo luogo c’è la necessità di non smentire la propria linea di politica estera basta sulla non ingerenza negli affari interni, sul mantenimento dell’integrità territoriale dei paesi e più in generale dunque la posizione “responsabile” della Cina all’interno della comunità internazionale (pur non mancando momenti di grave tensione tra Cina e Occidente).
Infine, elemento non secondario, Pechino pur a corrente alterna non ha mai rinunciato a cercare di riallacciare relazioni meno burrascose con gli Stati Uniti e ancora di più con l’Unione europea, seppure il 2021 non sia stato un anno positivo per quanto riguarda le relazioni tra Pechino e Bruxelles (ad esempio la questione legata alla Lituania, il fallimento del Cai, l’accordo economico prima auspicato e poi fermato, e infine l’assenza di Angela Merkel a disorientare Pechino nei nuovi assetti politici dell’Unione).
Cina e Ucraina, nell’ombra
Poco prima che scoppiasse la crisi Xi Jinping aveva telefonato al presidente ucraino Zelensky per congratularsi per i 30 anni di amicizia tra i due paesi. Kiev e Pechino, in effetti, si sono avvicinate molto negli ultimi anni in termini commerciali. La Cina è il principale partner commerciale dell’Ucraina. L’ Ucraina è anche un partner chiave della Belt and Road Initiative cinese.
Ma nel 2021 la Cina è diventata anche il principale partner commerciale dell’Ue, nonostante le significative differenze politiche tra le due parti. “Per rispettare le sanzioni globali contro la Russia, ha scritto Chauncey Yung su The Diplomat – le banche statali cinesi hanno dovuto interrompere il finanziamento degli sforzi bellici russi contro l’Ucraina o rischiare di essere escluse dai mercati più redditizi del mondo: l’UE e gli Stati Uniti”.
Al contrario, scrive Yung “l’alleanza Cina-Russia offre alla Cina un interesse economico significativamente inferiore. Secondo i dati diffusi dalle dogane cinesi, il valore totale del commercio Cina-Russia è di circa 147 miliardi di dollari , che rappresentano il 2,4% del valore commerciale globale totale della Cina di 6,05 trilioni di dollari nel 2021”.
Wang rettifica
Dopo dichiarazioni che si sono susseguite nel tempo, il ministro degli esteri Wang Yi ha specificato in una nota che la Cina “sostiene fermamente il rispetto e la salvaguardia della sovranità e dell’integrità territoriale di tutti gli Stati, attenendosi con serietà agli scopi e ai principi della Carta delle Nazioni Unite. La posizione della Cina è coerente, chiara e si applica anche alla questione dell’Ucraina”.
La Cina inoltre “ritiene che la sicurezza di un Paese non possa venire a scapito di quella degli altri e che la sicurezza regionale non possa essere garantita rafforzando e persino espandendo i blocchi militari. Inoltre, le ragionevoli preoccupazioni di sicurezza di tutti gli Stati dovrebbero essere rispettate”.
In terzo luogo, “la Cina ha seguito l’evoluzione della questione ucraina e la situazione attuale è qualcosa che non vuole vedere”. In quarto luogo, “la parte cinese sostiene e incoraggia tutti gli sforzi diplomatici che portano alla soluzione pacifica della crisi ucraina e il Paese asiatico accoglie con favore i colloqui diretti e i negoziati tra la Russia e l’Ucraina”. In quinto luogo, “la Cina ritiene che il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite dovrebbe svolgere un ruolo costruttivo nella risoluzione della questione ucraina e che la pace e la stabilità regionali, così come la sicurezza di tutti i Paesi, dovrebbero essere messe al primo posto”.
Pur tra ambiguità, dunque, la posizione della Cina risulta piuttosto chiara, pur nelle sue apparenti contraddizioni, e trasmette un certo nervosismo rispetto alla situazione venutasi a creare. Che Pechino non avesse inoltre alcun interesse a supportare Mosca in questa avventura (con risvolti interni in Russia che potrebbero colpire in modo decisivo la partnership con Mosca) lo aveva già segnalato Minxin Pei, prima che avvenisse l’invasione: secondo l’analista la crisi “ha distratto gli Stati Uniti, costringendo l’amministrazione Biden a dedicare considerevoli risorse per affrontare il presidente Vladimir Putin”.
Inoltre, “Qualunque sia l’esito della crisi ucraina, la Cina ha già appreso lezioni inestimabili che potrebbero essere applicabili in una futura crisi che coinvolgerà Taiwan”. Nonostante alcuni errori russi, ad esempio rischiare di ritrovarsi nell’angolo dal punto di vista economico, l’Ucraina dimostrerebbe alla Cina alcune cose: uno che proseguirà nella sua autosufficienza economica per evitare scossoni in caso di sanzioni, due che bisogna rompere il fronte degli alleati americani (la Ue con un approccio diverso dagli Usa ad esempio).
Xi Jinping sapeva? E i servizi?
Sulla conoscenza cinese delle intenzioni russe, l’analista Yun Sun su Stimson ha scritto che “Anche dopo che la Russia ha inviato truppe il 21 febbraio, i massimi esperti cinesi si rifiutavano ancora di credere che una guerra fosse imminente. Il 22 febbraio, un articolo intitolato La guerra non ci sarà, ma gli attriti continueranno è stato ampiamente diffuso nei media cinesi. Il tema era che un’invasione russa non era all’ordine del giorno. Contemporaneamente il professor Shen Yi dell’Università di Fudan aveva effettuato uno speech dal titolo Una guerra che non accadrà mai: l’Ucraina attraverso la lente di grandi giochi di potere tra Stati Uniti, Europa e Russia.
Uno dei più famosi studiosi di relazioni internazionli in Cina, il professor Jin Canrong della Renmin University, che aveva previsto l’impossibilità della guerra, ha postato le sue scuse sui suoi social media il 24 febbraio. L’unico eminente studioso cinese che ha predetto pubblicamente una guerra tra Russia e Ucraina è stato il professor Tang Shiping dell’Università di Fudan”. Se studiosi ed esperti contano poco, però, l’atteggiamento dei funzionari del governo è invece “una prova più solida della mancanza di conoscenze pregresse da parte dei cinesi”.
Questo pone problemi all’intelligence come già segnalato su Afghanistan quando i talebani conquistarono Kabul: quanto il servizio di intelligence cinese raccolto all’interno del Guojia Anquan Bu, il ministero della sicurezza dello Stato, forse più concentrato ad assicurare la sicurezza interna, cercando informazioni all’esterno, con la tecnica dei granelli di sabbia, per lo più su temi di natura economica.
A questo va aggiunto che il comparto sicurezza è uno dei più falcidiati di recente da Xi Jinping e la sua mai sopita campagna anticorruzione: un tema che potrebbe dare adito a scontri interni in vista del XX Congresso nell’ottobre del 2022. A proposito, infine, delle intenzioni bellicose cinesi, Mu Chunsan – giornalista cinese – su The Diplomat ha scritto un pezzo dal titolo Why China Will Not Support a Russian Invasion of Ukraine nel quale specifica il fraintendimento americano circa “l’alleanza” russo-cinese: “alcuni americani non hanno una chiara comprensione delle relazioni militari tra Cina e Russia. Cina e Russia non sono alleate militarmente. In altre parole, quando una parte è in guerra, l’altra parte non ha alcun trattato o obbligo legale di intervenire. Questo è completamente diverso dalle alleanze militari tra gli Stati Uniti ei paesi della Nato”.
E poi: “Tutti sanno che la Cina deve gestire le pressioni e le minacce alla sicurezza degli Stati Uniti nella regione dell’Asia-Pacifico, quindi non sorprende che Pechino sostenga la Russia di fronte a pressioni simili. Tuttavia, questo non significa che la Cina approverebbe un’invasione russa contro l’Ucraina”. Chunsan ricorda poi le buone relazioni tra Cina e Ucraina, specie negli ultimi anni, specificando infine che “Se la Cina sostenesse l’invasione russa dell’Ucraina, violerebbe i fondamentali della sua politica estera degli ultimi 70 anni. La Cina danneggerebbe la sua reputazione e immagine internazionale”.
Il fronte interno
Da un punto di vista della gestione interna delle informazioni, Pechino ha agito come al solito: per non scuotere la complessità delle sue scelte ha optato per la soluzione più sicuro, ovvero indirizzare a senso unico il dibattito mediatico verso critiche a Stati Uniti e Nato e difesa della Russa; all’interno non deve trapelare il dilemma nel quale si trova la dirigenza.
Come specificato dal Washington Post, però, “Con petizioni, poesie e proteste individuali, un piccolo ma sempre più audace contingente di cinesi si è espresso contro le incursioni di Mosca contro l’Ucraina, contraddicendo direttamente il fermo sostegno del loro governo al suo partner russo. Mentre tali voci sono state quasi soffocate da un assordante coro di sentimenti filo-russi e anti-occidentali, le loro opinioni mostrano opposizione alla nuova inclinazione della Cina verso la Russia. I media locali hanno riferito lunedì che un uomo a Hangzhou ha alzato un cartello che diceva: “Stop War” in inglese. In cinese aveva scritto: “Per favore, non sostenere la guerra in Ucraina”. Su WeChat, il poeta cinese Yu Xiuhua ha pubblicato una poesia, intitolata “Prego affinché una poesia possa fermare un carro armato”.
E non solo, perché in rete – benché immediatamente censurato – è apparso un appello di accademici di prestigiose università contro la guerra nel quale si può leggere che “Il 24 febbraio, la Federazione Russa ha lanciato le sue forze aeree, terrestri e marittime per una massiccia invasione dell’Ucraina. (…) A cosa porterà questa guerra? Porterà a una guerra mondiale su larga scala? Le grandi catastrofi della storia sono spesso iniziate con conflitti locali. L’opinione pubblica internazionale è preoccupata. (…) Siamo profondamente addolorati nel vedere le ferite dell’Ucraina
(…) In mezzo a questo clamore, sentiamo anche noi il bisogno di far sentire la nostra voce. Ci opponiamo fermamente alla guerra della Russia contro l’Ucraina.
L’invasione da parte della Russia di uno stato sovrano con la forza, non importa quante ragioni o scuse possa avere la Russia per le sue azioni: siamo di fronte a una violazione delle norme delle relazioni internazionali basate sulla Carta delle Nazioni Unite e una violazione del sistema di sicurezza internazionale esistente. Sosteniamo fortemente le azioni del popolo ucraino in difesa del proprio Paese.
Siamo preoccupati che l’uso della forza da parte della Russia porti alla destabilizzazione della situazione in Europa e nel mondo nel suo insieme e porti a un disastro umanitario più ampio. Facciamo un forte appello al governo russo e al presidente Putin affinché fermi questa guerra e risolva la controversia attraverso i negoziati. La politica di potenza non solo distruggerà le conquiste della civiltà e i principi della giustizia internazionale, ma porterà anche grande vergogna e disastro alla nazione russa. La pace inizia con il desiderio del cuore umano. Ci opponiamo alle guerre ingiuste”.
Sanzioni e Swift: la Cina accorrerà in soccorso della Russia?
Questo è probabilmente il fronte più complicato per Pechino. Nei giorni scorsi è stato specificato che le relazioni con la Russia procederanno nel modo “normale”, lasciando intravedere che non saranno presi provvedimenti “straordinari”.
Sappiamo che l’esclusione dal sistema Swift della Russia, ad esempio, potrebbe essere ovviato – benché solo in parte – dalla Cina. A questo proposito un articolo su Ispi del 18 febbraio spiegava che “Nel caso in cui le banche russe fossero disconnesse da Swift, il sistema finanziario russo potrebbe appoggiarsi, poi, al sistema di pagamento interbancario transfrontaliero cinese (Cips). Pur non essendo un perfetto sostituto del sistema Swift, Cips ha utenti in oltre cento Paesi. Al contrario di Swift, Cips è gestito dalla People’s Bank of China che potrebbe sfruttare questa leva all’interno di un progetto più ampio di de-dollarizzazione del sistema finanziario globale. Realisticamente, il CIPS al momento potrebbe diventare un’alternativa al massimo regionale a Swift”.
Secondo Reuters “Gli ultimi segnali suggeriscono che la Cina non sta andando in soccorso della Russia”; secondo l’opinione di un funzionario americano infatti “i recenti rapporti secondo cui alcune banche cinesi hanno smesso di emettere lettere di credito per l’acquisto di materie prime fisiche dalla Russia sono stati un segnale positivo” anche per gli Stati Uniti.
E Bill Bishop nella sua Sinocism ha riportato le parole del professor Chen Xin di Shanghai, intervistato da Guanghcha sulle sanzioni finanziarie contro la Russia, sottolineandone alcuni aspetti. Secondo Chen Xi “il sistema di pagamento transfrontaliero in rmb si basa ancora sulle banche come nodi che possono essere sanzionati e influenzati. Ad esempio, il sistema di pagamento cinese può evitare il sistema Swift controllato dagli Stati Uniti, ma i nodi nel mezzo sono tutti banche. Gli Stati Uniti possono sanzionare queste banche”.
Un altro bel dilemma e probabilmente il prossimo aspetto della posizione cinese sull’Ucraina che andrà monitorato. Ne andrà della stessa tenuta della leadership di Putin, posto che a Pechino, in questo momento, interessi aiutare il presidente russo a superare questa spericolata avventura ucraina che potrebbe trasformarsi in un pantano politico, oltre che militare.
Di Simone Pieranni
[Pubblicato su il manifesto]Fondatore di China Files, dopo una decade passata in Cina ora lavora a Il Manifesto. Ha pubblicato “Il nuovo sogno cinese” (manifestolibri, 2013), “Cina globale” (manifestolibri 2017) e Red Mirror: Il nostro futuro si scrive in Cina (Laterza, 2020). Con Giada Messetti è co-autore di Risciò, un podcast sulla Cina contemporanea. Vive a Roma.