L’assemblea nazionale di Seul ha votato sì in modo bipartisan alla proposta di legge sul divieto di allevamento, macello e commercio di cani destinati al consumo umano. Su spinta del presidente conservatore Yoon Suk-yeol
Tori, Narae, Mari e Sunny. Sono i nomi di quattro dei sei cani di Yoon Suk-yeol e Kim Keon-hee, presidente e first lady della Corea del sud. I sei cani, insieme a otto gatti, sono spesso chiamati dai media sudcoreani “first pets“. Il leader conservatore ed ex procuratore generale si è fatto sovente ritratte in compagnia dei suoi amici a quattro zampe, talvolta avvinghiato a loro in abbracci appassionati. Amore, certo, ma forse anche un po’ di strategia che pare ormai funzionare a diverse latitudini. Yoon e la moglie non hanno figli e la loro passione per gli animali domestici è nota in tutto il paese, dove fino a ieri era ancora legale l’allevamento, il macello e il commercio di cani destinati al consumo umano. Anzi, tutte queste pratiche resteranno legali ancora per il periodo di grazia di tre anni previsto dal disegno di legge approvato dall’assemblea nazionale di Seul.
Il disegno di legge nasce proprio su spinta di Yoon e consorte, vogliosi di lustrarsi l’immagine in vista delle elezioni parlamentari di aprile in cui il presidente conservatore rischia di restare ulteriormente azzoppato per il resto del mandato. Ancora di più, sostiene qualche analista, dopo l’accoltellamento della scorsa settimana al leader dell’opposizione, il “Bernie Sanders sudcoreano” Lee Jae-myung.
Il consumo della carne di cane è un retaggio della povertà e dalla carenza di cibo vissute il secolo scorso, tra la fine della colonizzazione giapponese, le macerie lasciate dalla seconda guerra mondiale e la guerra di Corea. Non solo. La carne di cane fa parte di pratiche culinarie antiche, soprattutto come ingrediente principale di una zuppa chiamata bosintang, che si ritiene aumenti la virilità e abbia effetti benefici sulla salute. Dalla medicina tradizionale coreana, la carne di cane viene ritenuta utile anche per contrastare la pesante umidità estiva. Veniva infatti consumata soprattutto nei giorni più caldi dell’anno secondo il calendario lunare, cioè in luglio e agosto. È anche inclusa nel gaesoju, altra bevanda popolare e utilizzata nella medicina tradizionale.
Negli ultimi anni e decenni, il consumo è drasticamente diminuito con la diffusione degli animali domestici, una tendenza che accomuna la Corea del sud a diversi altri territori dell’Asia orientale. Hong Kong, Taiwan, Thailandia e Singapore hanno già in vigore restrizioni di questo tipo, introdotte già da diversi anni. Ora si aggiunge anche Seul. Secondo i dati del governo, nel 2022 una famiglia coreana su quattro possedeva un cane domestico, rispetto al 16% del 2010. Un aumento frutto dell’espansione della classe media, a sua volta accompagnata da una storica moltiplicazione dell’esposizione globale della Corea del sud. Il motivo? Il successo planetario della sua controversa industria dell’intrattenimento, costellata di stelle e successi ma anche di scandali e suicidi. L’ultimo, pochi giorni fa, di uno degli attori del film premio Oscar Parasite. Aumenta il soft power di Seul, che improvvisamente vede arrivare schiere di studenti di coreano a caccia del sogno vissuto guardando le serie tv. Aumenta anche l’imbarazzo nel dover giustificare pratiche che il mondo occidentale giudica disgustose e arcaiche.
In un sondaggio pubblicato nei giorni scorsi da Animal Welfare Awareness, Research and Education, un think tank con sede a Seul, oltre il 94% degli intervistati ha dichiarato di non aver mangiato carne di cane nell’ultimo anno e circa il 93% ha affermato che non lo farà in futuro.
Eppure, secondo l’associazione degli allevatori di cani, le aziende agricole ancora attive nel settore sarebbero 3500, con un milione e mezzo di esemplari allevati per essere serviti in circa tremila ristoranti. Cifre ritoccate al ribasso da quelle del ministero dell’Agricoltura, secondo cui in realtà ci sarebbero 1100 aziende che allevano 570 mila cani per 1600 ristoranti.
La legge non prevede pene per il consumo, ma chiunque macelli un cane a scopo alimentare può essere punito con una pena fino a tre anni di carcere o con una multa fino a 30 milioni di won coreani (circa 21 mila euro). Rischia la prigione anche chiunque allevi cani a scopo alimentare o acquisti, trasporti, immagazzini o venda consapevolmente cibo ottenuto da cani. Il tutto dopo un periodo di grazia di tre anni che durerà fino all’inizio del 2027, concesso per dare tempo agli allevatori di chiudere o cambiare la loro attività. Ma i commercianti di carne di cane chiedono più tempo per riorientare le loro attività e hanno chiesto risarcimenti per 7 mila miliardi di won (5,3 miliardi di dollari) per l’industria. Il governo promette un supporto “ragionevole”, senza però quantificarlo. “In molti abbiamo 60 o 70 anni e non ci viene data altra scelta di perdere i nostri mezzi di sussistenza”, protesta Joo Yeon-bong, citato dalla Bbc.
Già a novembre, dopo che il disegno di legge era approdato per la prima volta nelle discussioni parlamentari, gli allevatori avevano inscenato una maxi protesta con tanto di camion a Seul, minacciando di liberare due milioni di cani di fronte all’assemblea nazionale. In passato le proteste avevano funzionato e più volte i tentativi di proibire la vendita di carne di cane erano falliti di fronte alle manifestazioni del settore. Anche stavolta il settore aveva iniziato a sperarci, dopo che il disegno di legge non è entrato in votazione nelle ultime due sedute plenarie del 2023. Inizialmente si sarebbe dovuto votare il 20 dicembre, ma così non è stato. In risposta alla lentezza del processo, una coalizione di 40 gruppi di difesa degli animali aveva anche organizzato una protesta davanti al parlamento.
Ieri era l’ultima possibilità primo dello scioglimento e delle elezioni di aprile. Già il giorno prima si era capito che sarebbe stata la volta buona. Il voto è entrato in calendario e la legge è stata approvata con sostegno bipartisan: 208 favorevoli, due astenuti e nessun contrario.
Una rara dimostrazione di concordia tra il partito conservatore di Yoon e quello democratico di Lee, che da mesi si scambiano accuse in un clima di tensione politica avvelenato (tra le altre cose) dall’inchiesta per corruzione a carico del leader dell’opposizione, che protesta per le politiche sociali e diplomatiche del rivale. Anche ieri, subito dopo il voto sulla carne di cane, è arrivato quello che istituisce una commissione d’indagine indipendente sulla strage di Itaewon, che la notte del 29 ottobre 2022 costò la vita a 159 persone durante i tragici festeggiamenti di Halloween. Sono trascorsi 438 giorni. L’opposizione ha votato compatta a favore, la maggioranza ha boicottato, Yoon ha evitato di porre il suo veto.
Nel frattempo, gli animalisti esultano per l’approvazione del divieto di consumo della carne di cane, definita “storica”. Nei prossimi giorni arriverà la scontata firma dello stesso presidente per il via libero definitivo al testo. Le aziende agricole del settore, invece, preannunciano ricorsi alla corte costituzionale. Difficile che l’abbaiare di macellatori e allevatori possa tramutarsi in mordere.
Di Lorenzo Lamperti
[Pubblicato su il Manifesto]
Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.