Ad aprire il varco alla nascita di soluzioni creditizie alternative a quelle offerte dagli istituti di credito tradizionali, sono stati i pagamenti digitali che, de-materializzando il legame con il denaro, hanno definitivamente scavato un solco culturale che è servito da trampolino di lancio per altri tipi di innovazione, tra tutte le piattaforme di prestito tra pari o Peer to Peer lending (P2P).
Questo servizio, alla banca o all’intermediario finanziario, sostituisce il singolo che può contribuire, anche in minima parte, a finanziare altri individui o piccole imprese. Tecnicamente il P2P é considerato come crowdfunding e microfinanza, ma l’entità dei prestiti raggiunti in Cina fa virare il settore verso il FinTech. Le formule sono diverse, si va dalle piattaforme che raccolgono prestiti da singoli per lo sviluppo di prodotti o servizi, a quelle equity based in cui il creditore viene ripagato con azioni dell’azienda finanziata.
In Cina sopratutto, si parla di prestito social o social landing perché è proprio attraverso un social network come WeChat che si passa per accedere al peer to peer lending. La principale forza del settore è nel permettere finalmente l’accesso al credito a PMI e piccoli imprenditori, tradizionalmente trascurati dai gruppi finanziari, più attratti dai finanziamenti sicuri alle grandi imprese.
Condivisione del rischio e libertà di uscire dall’operazione in qualsiasi momento e, per chi presta denaro, buoni rendimenti e volatilità contenuta, questi i fattori che hanno decretato il successo delle piattaforme di prestito peer to peer in Cina, che nel 2015, loro momento di massima espansione, ammontavano a circa 6000.
Facendo leva sulla deregulation dei mercati finanziari, le P2P hanno potuto negli anni 2012-2016 svilupparsi con grande libertà, rispondendo all’appello lanciato dall’allora Premier Li Keqiang, che chiedeva al paese “imprenditoria diffusa ed innovazione” per sostenere la propria crescita economica.
Ma l’ascesa delle P2P è stata tanto brillante quanto breve. Martin Chorzempa, ricercatore del Peterson Institute descrive senza mezzi termini, la crescita e il declino delle P2P come “il peggiore fallimento del sistema regolatorio cinese” e ammette che” già nel 2013 la People’s Bank of China (PBOC), aveva individuato i rischi del settore ma non è intervenuto se non quando è stato troppo tardi”.
A settembre 2019 il portale Wangdaizhijia.com ne contava infatti solo 456. La chiusura della maggior parte delle piattaforme è conseguenza di una stretta da parte delle autorità. Sviluppatesi infatti un uno scenario regolatorio pressoché inesistente, numerose P2P sono state al centro di scandali e frodi. L’equivalente di 30.6 miliardi di dollari provenienti da 2.7 milioni di clienti sono stati bruciati in frodi. Un caso tra tutti, quello di Ezubao, una delle piattaforme più grandi del paese, dietro la quale si nascondeva un elaborato schema Ponzi che è costato i risparmi a 900.000 utenti.
Appena l’eco di frodi e perdite è arrivato alle autorità, è iniziato un iter di controllo e di contenimento delle piattaforme che promette di inasprirsi nel corso del 2020. Nell’annunciare le misure di contenimento, Pechino ha dichiarato che l’obiettivo è “ridurre le perdite dei creditori, mantenere la stabilità sociale e sviluppare prontamente una finanza più inclusiva”.
Regioni come Gansu, Hebei, Hunan, Chongqing e Sichuan hanno disposto nel 2019 la chiusura di tutte le piattaforme presenti sul territorio, mentre Pechino ha dato tempo due anni per allinearsi ai nuovi regolamenti, che molti esperti considerano però troppo stringenti e un limite al settore. Secondo le stime ufficiali i prestiti si sono radicalmente ridotti, passando da 491.6 miliardi di yuan nel dicembre 2019 rispetto ai 1,32 trilioni di yuan dello stesso periodo del 2018.
Un settore, quello dei piccoli crediti, che non pare però volersi arrestare. La domanda di piccoli finanziamenti da parte dei piccoli imprenditori o singoli individui sembra infatti destinata a crescere. I consulenti di Frost & Sullivan prevedono che entro il 2023 la crescita nel valore del Peer to Peer lending toccherà i 311 miliardi di dollari, triplicandosi rispetto al 2018. Una questione che Pechino dovrà affrontare prima o poi.
Esperta di sostenibilità sociale e ambientale. Si è formata nel mondo della ricerca accademica (prima alla Fondazione Eni e in seguito all’Università Bocconi) ed é arrivata in Cina nel 2007. Negli anni cinesi ha lavorato come consulente e collaborato con diverse testate italiane online quali AgiChina e China Files per le quali ha tenuto il blog La linea rossa e la rubrica Sustanalytics oltre a curare il volume “Cina e sviluppo sostenibile, le sfide sociali e ambientali del XXI secolo, L’Asino d’oro (2015). Dopo una parentesi nel settore privato come Communications & Corporate Affairs Manager in Svizzera, é rientrata in Italia e ora vive a Milano.