La Cina è oggi la prima economia per export, commercio e per volume di investimenti diretti esteri ma punta anche ad essere prima anche nell’influenza culturale. Oltre agli obiettivi macroeconomici, Pechino vuole una stabile presenza nell’UNESCO con investimenti destinati alla realizzazione di infrastrutture ed eventi per soddisfare le necessità culturali di una popolazione sempre piu benestante, e per attirare turisti, studenti e imprenditori stranieri, rafforzando il proprio soft-power come super-potenza culturale. Lo stesso Xi Jinping, presidente della Repubblica popolare e segretario del Partito comunista cinese, menziona spesso nei propri discorsi il valore del Paese nella storia e nell’archeologia.
Nella seconda metà di luglio 2021, la città di Fuzhou, nella provincia del Fujian, ha ospitato la 44° sessione del Comitato del Patrimonio mondiale, presieduta da Tian Xuejun, Viceministro dell’educazione e presidente della commissione della Repubblica Popolare Cinese per l’UNESCO, in occasione della quale sono stati inseriti nell’elenco del Patrimonio mondiale diversi nuovi siti, tra cui l’antica città portuale di Quanzhou, situata proprio nel Fujian. L’inclusione di Quanzhou, centro commerciale marittimo tra il X e il XIV secolo durante le dinastie Song e Yuan e visitata anche da Marco Polo durante il suo viaggio, evidenzia l’importanza dell’intreccio tra cultura ed economia.
Quanzhou si aggiunge agli altri beni materiali cinesi iscritti nel Patrimonio mondiale, con 56 siti (38 culturali, 14 naturali, 4 misti) e 42 patrimoni immateriali per un totale di 98 beni materiali e immateriali riconosciuti da UNESCO come world heritage. La Cina si posiziona al primo posto tra tutte le nazioni per numero di patrimoni dell’umanità; l’Italia ha infatti un numero maggiore di beni materiali (58) ma inferiore di beni immateriali (14).
Tra gli World Heritage Sites cinesi si annoverano non solo siti archeologici e resti di antiche città imperiali, ma anche luoghi che hanno avuto una particolare importanza economica: oltre alla città portuale nel Fujian, la lista include anche il Gran Canale imperiale, che permetteva il collegamento fluviale tra il Fiume Giallo e il Fiume Azzurro, e il segmento della Via della Seta, di oltre 5.000 km, denominato Corridoio di Tianshan, che da Chang’an, l’antica capitale delle dinastie Han e Tang, permetteva di raggiungere le lontane regioni dell’Asia Centrale e da qui, i mercati dell’Europa.
L’importanza data dalla Cina all’agenzia UNESCO si affianca a molte altre azioni che mostrano l’attenzione che Pechino pone nella promozione della propria storia millenaria, ben rappresentata dai crescenti investimenti, pubblici e privati, nella realizzazione di progetti culturali e nella costruzione di nuovi musei. Tale indirizzo è promosso con specifiche linee guida del governo, tra cui la trasformazione del sistema museale con standard internazionali entro il 2035, tramite la creazione di 15 poli di primaria importanza e di 20 centri per la tutela del patrimonio immateriale, a cui si aggiunge ogni luogo di promozione dell’influenza culturale.
In base ai dati dell’istituto statistico, sono presenti in Cina oltre 3.200 biblioteche pubbliche, 44.000 centri per la cultura (inclusi teatri, sale concerti ed altre strutture), e 10.560 istituti per la preservazione e tutela dei reperti archeologici, che danno lavoro a oltre 2.3 milioni di persone.
Il National Bureau of Statistics registra un totale di 5.466 musei alla fine del 2020 con 110 mila addetti. Nei periodo 2016 – 2020 sono stati aperti quasi 1.600 nuovi musei che hanno generato, nel 2019 ultimo anno pre-pandemia, un giro d’affari di 34 miliardi di yuan con 1.12 miliardi di ingressi.
La costruzione di centri culturali e gallerie d’arte, soprattutto nelle principali metropoli, ha coinvolto architetti di fama internazionale e fa parte di progetti di sviluppo e riqualificazione immobiliare, iniziati in particolare in occasione delle Olimpiadi di Pechino 2008 e di Expo Shanghai 2010, che ha ospitato oltre 73 milioni di visitatori. Non è raro infatti imbattersi, soprattutto a Shanghai, in vecchie fabbriche e aree industriali completamente riqualificate e convertite in spazi dedicati all’arte, o in edifici storici restaurati e distinti da specifiche targhe commemorative.
Il Ministro per la Cultura e il Turismo ha rilasciato il piano quinquennale per il settore, definendo gli obiettivi principali di sviluppo per il periodo 2021 – 2025. Tra questi, garantire una maggiore protezione ai siti che fanno parte del patrimonio culturale cinese e sviluppare il settore del turismo in chiave moderna e sostenibile, anche mediante nuove tecnologie e intelligenza artificiale. In ambito internazionale, promuovere un maggiore sviluppo della cooperazione culturale, soprattutto con i Paesi lungo la nuova Via della Seta.
Il 2022 sarà l’anno del turismo e della cultura tra Italia e Cina. In base ai dati del centro statistico di Pechino, nell’ultimo anno pre-pandemia, il 2019, il mercato del turismo domestico ha registrato 6 miliardi di viaggi e oltre 5.700 miliardi di yuan di giro d’affari. 145 milioni sono stati gli arrivi internazionali in Cina nel 2019, con oltre 31 milioni di turisti stranieri e un giro d’affari di oltre 900 miliardi di yuan.
Una classifica del 2020 vede Pechino come destinazione principale del turismo domestico, seguito da Shanghai, Chengdu, Hangzhou e Xi’an, mentre un recente sondaggio ha confermato la popolarità delle visite culturali e l’apprezzamento da parte dei turisti: l’83.6% apprezza visite ai musei e oltre il 73.2% include queste esperienze nei propri itinerari di viaggio. Una particolare nicchia è rappresentata dal cosiddetto turismo rosso, finalizzato a scoprire e comprendere le origini, e l’evoluzione del Partito comunista cinese. Ad oggi, la Cina ha oltre 33 mila siti e reperti del periodo rivoluzionario, con oltre 800 milioni di turisti ogni anno.
Il turismo domestico è stato inoltre fondamentale per la ripresa economica post-covid, e l’obiettivo dichiarato dal governo è quello di costruire un settore in grado di generare il 10% del PIL nei prossimi anni.
A livello internazionale, Pechino ha puntato a sviluppare una diplomazia basata su aspetti culturali, oltre che economici. Negli anni piu recenti, al fine di incrementare la diffusione della lingua cinese all’estero, Pechino ha promosso lo sviluppo del network degli Istituti Confucio, che spesso costituiscono un ponte per gli studenti stranieri interessati a comprendere lingua e società cinese.
A questi si aggiungono i progetti culturali che orbitano attorno alla nuova Via della Seta, con nuovi investimenti e un maggiore interscambio. La realizzazione di numerosi progetti in regioni emergenti, tra cui un museo a Dakar, in Senegal, in cui la Cina ha allocato 34 milioni di dollari sono simboli di questa strategia di interazione culturale ed economica.
Fondi ingenti sono inoltre dedicati all’utilizzo di vari media, quali libri, giornali, televisione e cinema con la costituzione di fondazioni artistiche (come il China National Arts Fund e il National Center for the Performing Arts).
Poche nazioni hanno analoghe capacità e risorse da destinare alla promozione culturale. I ricavi delle società operanti nel settore hanno generato un volume d’affari in Cina pari a 9.850 miliardi di yuan (circa 1.530 miliardi di dollari) nel 2020, con un incremento rispetto ai 8.660 miliardi di yuan dell’anno precedente.
Con il nuovo Five-year plan, Pechino ha definito i piani di sviluppo del Paese dei prossimi anni, finalizzati a creare una nazione socialista prospera, armoniosa e culturalmente avanzata.
Di Lorenzo Riccardi*
**Lorenzo Riccardi insegna presso Shanghai Jiaotong University ed è managing partner di RsA Asia (rsa-tax.com). Vive in Cina da 15 anni dove segue gli investimenti esteri nel Far East e ha ricoperto ruoli nella governance dei piu grandi gruppi industriali italiani. A gennaio 2020 ha completato un progetto di viaggio in ogni paese del mondo raccogliendo trend e dati economici da Shanghai, in ogni regione, lungo le nuove vie della seta (200-economies.com).