Se la Russia dà segnali di frammentazione, la Cina serra i ranghi. L’insistenza sul patriottismo è una caratteristica ben radicata nella “nuova era” di Xi Jinping, ma gli esempi di potenziale instabilità che arrivano da oltre confine sono un’ulteriore spinta a insistere sul percorso tracciato. In un’interessante coincidenza di tempi, a poche ore dalla fine della marcia del Gruppo Wagner è arrivata la notizia che il Comitato centrale dell’Assemblea nazionale del popolo cinese sta considerando l’introduzione di una nuova legge di educazione patriottica, così come viene battezzata dall’agenzia di stampa Xinhua.
Secondo la bozza, di cui si conoscono per ora solo pochi dettagli, l’educazione patriottica deve coprire aree come «l’ideologia e la politica, la storia e la cultura, i simboli nazionali, la bellezza della madrepatria e l’unità nazionale, la sicurezza e la difesa nazionale». Il testo specifica che le scuole a tutti i livelli devono integrare l’educazione patriottica nell’intero processo educativo. Sottolinea inoltre l’importanza di fornire corsi di teoria ideologica e politica e di integrare i loro contenuti nelle varie materie. Il tutto con la valorizzazione di musei, siti o luoghi legati alla storia del partito e all’eredità culturale cinese.
SIN DAL SUO PRIMO MANDATO, Xi ha rinvigorito l’importanza della storia e dell’archeologia, ponendo l’accento sulla continuità della civiltà millenaria cinese. Non solo per puntellare la legittimità del partito ma anche per sollecitare un orgoglio nazionale che deve seguire la traiettoria di ascesa diplomatica di Pechino, nonché mantenersi viva anche di fronte alle potenziali difficoltà. Se le «opportunità strategiche» hanno almeno in parte lasciato il posto alle «sfide senza precedenti» del futuro prossimo, un radicamento più forte del sentimento patriottico può garantire maggiore stabilità anche di fronte a eventuali turbolenze.
ATTENZIONE anche alla comunicazione: secondo l’emittente statale CCTV, il progetto di legge prevede che i fornitori di contenuti online rafforzino la creazione e la diffusione di materiali patriottici. L’insistenza sulla creazione e mantenimento di un ecosistema digitale in linea con la retorica governativo-partitica non è certo una novità. Nel 2021, Pechino aveva lanciato un’altra iniziativa per instillare l’amore per il partito tra gli studenti, introducendo nelle scuole l’insegnamento di un maggior numero di contenuti ideologici, tra cui i «valori socialisti fondamentali».
Ma la nuova iniziativa legislativa mostra la volontà di cementare ancora di più la presa in un momento in cui le incognite, soprattutto esterne, sul futuro aumentano. Ecco allora che si dà ancora maggiore attenzione al sistema educativo. Dal 2019 è diffusa l’app Xuexi Qiangguo, letteralmente «studia per far diventare grande il nostro paese», con centinaia di milioni di download. Negli ultimi anni sono sorti una ventina di centri di ricerca sulla dottrina politica di Xi, inserita nella costituzione nel 2018. E negli scorsi mesi è stata avviata una nuova campagna di studio per i funzionari del partito, chiamati a diffondere il «socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era».
SEGNALI ANCHE DAL GAOKAO, il temutissimo esame nazionale di ammissione all’università. Durante i test di qualche settimana fa sono comparse diverse frasi di Xi da analizzare. «Se al mondo ci fosse un solo tipo di fiore, la gente lo troverebbe noioso, per quanto bello sia». O ancora: «Non ci si vedrà in una luce più favorevole spegnendo le lampade degli altri». Con riferimenti impliciti agli Stati uniti. «Non si andrà più lontano bloccando le strade altrui», recitava una frase, che ricorda le accuse di «mentalità da guerra fredda» mosse da Pechino a Washington. Un maggiore patriottismo viene chiesto anche alle forze armate nel nuovo codice di condotta. Il che significa «un forte senso dello spirito di partito». Più dall’esterno arriveranno segnali di fragilità, più il partito e la Cina vorranno sentirsi forti.
Di Lorenzo Lamperti
[Pubblicato su il manifesto]Classe 1984, giornalista. Direttore editoriale di China Files, cura la produzione dei mini e-book mensili tematici e la rassegna periodica “Go East” sulle relazioni Italia-Cina-Asia orientale. Responsabile del coordinamento editoriale di Associazione Italia-ASEAN. Scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra cui La Stampa, Il Manifesto, Affaritaliani, Eastwest. Collabora anche con ISPI. Cura la rassegna “Pillole asiatiche” sulla geopolitica asiatica.