È iniziata ieri la visita del presidente cinese Hu Jintao a Washington. Anticipata dalle immagini di uno spot cinese trasmesso sugli schermi di Time Square a New York per restituire agli americani un’immagine più rassicurante della Cina e con sullo sfondo la difesa dei diritti umani; le opportunità di business americane oltre la Muraglia e le tensioni valutarie yuan-dollaro. Ricevuto dall’augurio del presidente statunitense, Barack Obama, affinché si gettino “le fondamenta per un futuro rapporto di cooperazione”, Hu ha sottolineato la necessità del “mutuo rispetto” e della “mutua fiducia” e ha ricordato gli “ampi interessi comuni e le responsabilità” condivise dai due Paesi.
“La Cina non accetterà alcuna lezione dagli Stati Uniti. Si aspetta realismo politico e il riconoscimento del proprio ruolo internazionale”, ha detto la professoressa Rosella Ideo, docente di storia politica e diplomatica dell’Asia orientale all’Università di Trieste.
Si torna a parlare di G2. L’anno appena trascorso ha visto crescere le tensioni tra Cina e Stati Uniti. Ha ancora senso riferirsi a questo direttorio a due dell’economia e della politica mondiale?
“La definizione era già abbastanza prematura dopo la visita a Pechino del presidente statunitense, Barack Obama, a novembre 2009. Allora la Cina si dimostrò assertiva; difficile da condizionare e piuttosto fredda. Da oltre un anno i rapporti tra i due Paesi sono caratterizzati da frizioni economiche e strategiche e dalla volontà di primeggiare dell’uno e dell’altro. Mentre gli Stati Uniti hanno mostrato i propri limiti, soprattutto in campo economico, la Cina è in una fase opposta e vuole tornare a essere al centro della scena, almeno in quella asiatica.”
Quali sono questi punti di frizione?
“C’è una ridefinizione degli interessi economici statunitensi in Cina. Gli Usa vogliono un vero e proprio accesso al mercato cinese che adesso non hanno. Basti pensare ai casi di Google, di Microsoft o della General Electric. Le grandi aziende e gli industriali vogliono che Obama prema su questi punti. D’altra parte anche la Cina ha interesse allo sviluppo del proprio mercato interno e della propria tecnologia e per questo sta puntando molto sull’innovazione. Non possiamo poi dimenticare le divergenze sulla svalutazione costante dello yuan. Con la moneta cinese che ha subito una lenta rivalutazione del 3,6 per cento da quando è stato ammorbidito l’ancoraggio con il dollaro.”
Sul piano della politica internazionale pesa la questione nordcoreana. Da coreanista come giudicata l’atteggiamento di Washington e Pechino?
“Partiamo dalle rivelazioni di WikiLeaks, sebbene non abbiamo svelato niente di così nuovo. Sia gli Stati Uniti sia la Corea del Sud considerano il regime di Kim Jong-il alle corde e sembrano non voler abbracciare una politica di distensione. Così non è per Pechino, il principale alleato di Pyongyang, con cui tuttavia ha un rapporto che gli stessi cinesi definiscono “da separati in casa”. Il problema è più grosso di quanto si voglia vedere. La questione nordcoreana non riguarda soltanto Washington, Seul e Tokyo, mentre Pechino sta a guardare. La Cina non vuole affrontare una debacle del Nord. Se ciò accadesse potrebbe trovarsi ad affrontare il problema di dare aiuto a migliaia di profughi nordcoreani che si riverserebbero oltre i confini cinesi. Bisogna ricordare inoltre che la Cina non è un monolite. Una parte dei funzionari vorrebbe abbandonare la Corea del Nord. Ma la Cina non può permettersi di ritrovarsi gli Stati Uniti accanto a casa.
Quali saranno i risultati di questa visita?
“I temi sul tavolo sono molti, dal riscaldamento globale all’approvvigionamento di risorse energetiche, con la Cina che va a pescare nelle tradizionali riserve statunitensi come un tempo era, a esempio, l’America Latina. Obama, come democratico, non potrà inoltre non affrontare il tema dei diritti umani. Né la Cina né gli Usa possono tuttavia permettersi di far aumentare le frizioni. Occorre ristabilire una fiducia reciproca. È su questo punto che si gioca la partita".
Cosa si aspetta la Cina dal viaggio di Hu?
"La Cina vorrà dare l’immagine di un grande Paese che può condizionare l’economia e la politica e che a sua volta non si farà condizionare dalle richieste statunitensi. Senza tuttavia dare un’immagine bellicosa di sé stessa. L’armonia sociale e uno sviluppo armonioso sono al centro del discorso politico del governo. Rimangono le disuguaglianze. Ma allo stesso tempo, soprattutto nelle grandi città, sono aumentate anche le libertà personali di milioni di cittadini. Sempre che non si metta in dubbio l’egemonia del Partito comunista".