Nel film Gattaca, Andrew Niccol immaginava un futuro dominato da esseri umani con un corredo genetico praticamente perfetto, “costruiti” su misura grazie alla selezione di un preciso gruppo di cellule embrionali. Venti anni dopo, lo scenario prospettato dalla fortunata pellicola del ’97 non è più fantascienza. Solo pochi giorni fa un giovane ricercatore della Southern University of Science and Technology di Shenzhen ha annunciato – senza fornire prove concrete – la nascita dei primi esseri umani geneticamente modificati attraverso la tecnica di editing genomico CRISPR-Cas9, che taglia e ricuce il DNA.
In salute ma tutt’altro che geneticamente “perfette”, le gemelline “Lulu” e “Nana”, sarebbero venute al mondo alcune settimane fa grazie all’alterazione degli embrioni di sette coppie con partner maschile sieropositivo durante trattamenti di fertilità per prevenire la trasmissione del virus dell’HIV ai nascituri. Nonostante le preoccupazioni di natura etica e medica, da anni la comunità scientifica cinese esplora il settore con l’avvallo delle autorità governative.
D’altronde, trasformare la seconda economia mondiale in “una potenza scientifica e tecnologica” entro il 2049 rientra tra gli obiettivi prefissati dal presidente Xi Jinping nell’ambito della “grande rinascita nazionale”. Secondo un’inchiesta del Wall Street Journal, sfruttando le blande restrizioni, Pechino starebbe da tempo iniettando milioni di dollari nella “manipolazione genetica” sugli adulti per far fronte all’aumento dei casi di cancro e HIV, con un primo intervento realizzato dall’Ospedale N° 105 dell’Esercito popolare di liberazione già nel 2015.
Come spiega sul New York Times Mei Fong, giornalista Premio Pulitzer nonché autrice di “One Child: The Story of China’s Most Radical Experiment”, la politica del figlio unico (terminata nel 2015), ha di fatto costituito un primo sforzo eugenetico volto a limitare l’aumento della popolazione, selezionandone gli elementi “migliori” attraverso l’esecuzione di aborti selettivi in caso di feto femmina. L’intento è diventato anche più esplicito con la promulgazione della Eugenics and Health Protection Law del 1994, tesa a vietare la riproduzione tra persone con disturbi mentali o fisici. Insomma, secondo Mei, trent’anni di pianificazione familiare avrebbero reso la Cina particolarmente recettiva alle nuove tecniche di manipolazione delle nascite. D’altra parte, ancora prima di CRISPR, la ricerca del figlio ideale era cominciata con l’impiego della fecondazione in vitro e la selezione di donatrici con caratteristiche genetiche desiderabili, come una certa altezza. Nulla di troppo lontano dai “validi” di Gattaca”.
Classe ’84, romana doc. Direttrice editoriale di China Files. Nel 2010 si laurea con lode in lingua e cultura cinese presso la facoltà di Studi Orientali (La Sapienza). Appena terminati gli studi tra Roma e Pechino, comincia a muovere i primi passi nel giornalismo presso le redazioni di Agi e Xinhua. Oggi scrive di Cina e Asia per diverse testate, tra le quali Il Fatto Quotidiano, Milano Finanza e il Messaggero. Ha realizzato diversi reportage dall’Asia Centrale, dove ha effettuato ricerche sul progetto Belt and Road Initiative. È autrice di Africa rossa: il modello cinese e il continente del futuro.