La censura cinese, secondo il Japan Times

In by Simone

– Una battaglia persa. Per il Japan Times, la tecnologia che sta portando ai grandi successi economici la Cina, costituisce anche il punto debole dell’armonico progetto cinese. Analizzando la stretta di Internet degli ultimi tempi, una visione giapponese degli sforzi di controllo di Pechino. Dai messaggi di aiuto su twitter, agli attacchi hackers, al black out in Xinjiang –

Nonostante il muscolare show, con cui il partito comunista cinese ha festeggiato i suoi 60 anni di potere, Pechino sta letteralmente impazzendo nel tentativo di controllare le voci del dissenso. La censura di Internet in Cina non è mai stata un segreto. Siti web come YouTube, Blogger e Twitter (e Facebook) sono bloccati (o "armonizzati", come si dice in gergo in Cina) con il Great Firewall. Sebbene questi blocchi ci siano sempre stati periodicamente, negli  ultimi sei mesi la paranoia ha raggiunti livelli di guardia. Ma anche per il colosso cinese, stare al passo con le moderne tecnologie di comunicazione si sta rivelando difficile.

Il blogger Peter Guo è stato arrestato nel mese di luglio per avere messo on line un video circa un insabbiamento da parte di funzionari locali di uno stupro di gruppo e di omicidio. In un ultimo disperato tentativo di aiuto è riuscito a inviare due messaggi Twitter verso il mondo, dal carcere, tramite il suo iPod Touch. Aveva detto alla polizia che era solo un lettore MP3. Peter ha riflettuto circa quel momento, sul suo blog, "ho inviato il messaggio di SOS e ho aggiornato la pagina Web. Ho visto lo schermo del mio telefono riempirsi di tweets sia in cinese sia in inglese. Su di me. In quel momento mi sono sentito sicuro”. La sua storia ha fatto il giro del mondo e Peter è stato rilasciato 16 giorni dopo.

Nonostante gli sforzi di Pechino, questo tipo di comunicazione istantanea sta avendo un enorme impatto sulla società. Innumerevoli funzionari corrotti sono stati scovati attraverso motori di ricerca umana, il ben noto fenomeno dello human flesh search engine. Allo stesso modo si prova ad impedire la navigazione sicura, anonima. Virtual Private Networks (VPN) e Tor erano soluzioni molto popolari in Cina, che consentivano di evitare problemi. In questo momento questi servizi non funzionano in modo ottimale. La lotta online di Pechino ha cominciato ad intensificarsi nel marzo scorso in occasione dell’anniversario tibetano, dell’esilio del Dalai Lama e della rivolta dello scorso anno. A quel tempo, i ricercatori dell’Università di Toronto hanno scoperto una vasta rete di spionaggio soprannominata "Ghostnet" che avrebbe infettato i computer di molte organizzazioni, tra cui l’Ufficio del Dalai Lama, saccheggiandone i documenti e le informazioni strategiche.

Questi attacchi sembrano aver avuto origine in Cina e  quando si parla di hacking cinese, i critici concordano sul fatto che il governo sta spesso dietro queste azioni, data la natura delle informazioni rubate. In un caso il Dalai Lama aveva programmato un incontro con un diplomatico straniero, ma casualmente quel diplomatico, dopo pressioni cinesi, aveva deciso di cancellare l’appuntamento. Nel mese di giugno, prima del 20 ° anniversario del massacro di Tiananmen del 1989, Pechino aveva inoltre annunciato la legge che richiedeva che tutti i produttori di PC installassero sui nuovi computer un filtro per la navigazione. In questo caso il governo ha perso la sua battaglia, rinviando l’attuazione della norma, per le proteste e on line e la poca disposizione delle aziende produttrici di computer.

Ancora: quando sono scoppiati i disordini nella regione del Xinjiang all’inizio dello scorso luglio, le autorità hanno immediatamente spento tutti i servizi Internet e di telefonia mobile nelle zone colpite. Ilham Mehmut, presidente dell’Associazione Uighur in Giappone, dice che ancora oggi Internet e la comunicazione telefonica non funzionano in  Xinjiang, e che gli uiguri in ogni parte la Cina non sono autorizzati a entrare negli Internet café. Contrariamente a quanto alcuni potrebbero pensare, in Occidente, la censura di Internet non è un segreto tra la popolazione cinese. Gli utenti di Internet non si fanno lavare il cervello, ma molti di loro ritengono che per la stabilità sociale e la prosperità economica per l’intera nazione, valga la pena sacrificare alcuni diritti.

Il blogger Steven Lin dice che è comprensibile che i censori abbiamo avuto un anno duro.  Ma certamente è meno comprensibile per molti tibetani, uiguri o per altre minoranze, che vedono lo sviluppo economico passare sopra le proprie culture, consegnandoli ad una situazione disarmonica rispetto al resto. Le organizzazione tibetane e quelle uighure sono state sempre sotto attacco di hackers cinesi. Molti giornalisti stranieri hanno riferito di avere ricevuto, prpoprio nel periodo che precedeva le celebrazioni della Repubblica, mail contenenti virus. E proprio come con gli attacchi Ghostnet, le e-mail sono finalizzate ad ottenere informazioni

La Cina deve affrontare una situazione difficile. L’avanzamento tecnologico che sta portando la Cina a diventare egemone, crea anche i fenomeni che potrebbero indebolirla. E questo gioco di gatto con il topo attuato dal governo cinese, nei confronti dell’internet, sembra una battaglia persa.

[Il Japan Times è un quotidiano giapponese in lingua inglese, fondato nel 1897]