La censura che esiste solo quando conviene, ancora sull’incidente di treno

In by Simone

Due settimane fa a bordo del Maglev, il treno a levitazione magnetica che porta dall’aeroporto di Shanghai alla prima fermata di metropolitana disponibile a Pudong, osservando la velocità raggiunta, circa 300 km all’ora, un dirigente di un’importante azienda cinese sottolineava la bellezza della rapidità, dell’immediatezza del trasporto, della tecnologia a disposizione, specificando: “peccato che in Europa non si possa usare”. Il dirigente dell’azienda cinese vive in Europa, da dove guida le attività commerciali del colosso cinese in terra occidentale. Alla domanda sulle ragioni di tali affermazioni, sorridendo e barcollando un poco data la curva presa dal Maglev, ha specificato: “perché in Europa per fare un treno di questo genere, è necessario prima convincere la popolazione che può dire la sua su tutto”. Chissà cosa ne pensano in Val di Susa.

Quello che interessa però, rispetto alla Cina, è osservare come la presenza del dirigente in Europa abbia finito per intaccare la sua visione generale della Terra di Mezzo, dove si reca solo un paio di volte all’anno. Non è proprio vero, infatti, che in un paese come la Cina, in cui la dialettica tra popolo e autorità è ridotta ai minimi termini, non ci siano proteste in riferimento al mito della velocità: nel 2008 proprio la seconda tratta del Maglev ipotizzata a Shanghai, venne fermata da molte proteste dei cittadini cui le autorità decisero di dare ascolto. Ci furono arresti, proteste bloccate dalla polizia, ma alla fine le autorità di Shanghai decisero di ripensarci.

Un caso unico, vero, perché nel resto del paese è valso l’assioma del dirigente d’azienda cinese: l’alta velocità è divenuta l’immagine di marketing politico interno ed internazionale che la Cina ha utilizzato più di altri. Il sogno cinese è quello di realizzare, secondo i dettami dei piani quinquennali, un paese in cui ci voglia al massimo un’ora e mezza per raggiungere il primo aeroporto disponibile. Un paese in movimento, rapido, costante e sfavillante. Il mito del progresso lanciato a bomba sopra il continente cinese: prima i treni ad alta velocità su tratte medie, infine il super mega treno che collega Pechino a Shanghai in quattro ore e mezza sfoggiato come regalo per il popolo in occasione dei festeggiamenti per i novant’anni del Partito Comunista cinese il primo luglio 2011.

Una bella trovata propagandistica, pagata però a caro prezzo. Chi è infatti è stato zitto fino ad ora, a seguito della tragedia annunciata di sabato scorso, ha cominciato a dire la sua: sul web, novella arena della società civile cinese che, al contrario di tanti articoli sui media nostrani, esiste, vive pur tra mille difficoltà e repressione. Basta saperla trovare e potere parlarci. Ora infatti il web cinese è insorto. Dopo l’incidente che ha visto protagonisti due treni ad alta velocità nel sud est della Cina (con un bilancio attuale di 43 morti, tra cui una ragazza italiana, e oltre duecento feriti alcuni in modo grave) il popolo on line cinese ha fin da subito preso alcune direzioni precise: in primo luogo non ha creduto a nessun bollettino ufficiale fornito dai media, in secondo luogo si è subito mobilitato per capire le cause dell’incidente, mettendo in croce fin da subito il concetto dell’alta velocità in Cina, come sinonimo di progresso, sottolineando le incongruenze di progetti avveniristici in un paese in cui un semplice calo elettrico può mettere in crisi ogni treno proiettile che si muove nel paese (basti pensare ai grovigli di cavi ad altezza uomo nelle strade di una qualsiasi città cinese).

La stampa ufficiale prima ha parlato di un lampo (versione che è stata presa e accettata a scatola vuota anche dai media occidentali, sempre pronti a criticare la censura di Pechino, ma poi proni a copiare e incollare le veline governative) poi di un incendio. E’ stato il web cinese, attraverso weibo, il twitter locale e blogger e gente che ha postato foto, video e testimonianze, a porre in dubbio queste ricostruzioni, ricordando come nelle settimane prima dell’incidente ben trenta treni si fossero fermati a causa di cali elettrici.

Anche il treno tra Pechino e Shanghai a causa del maltempo si era dovuto fermare: servizio appena lanciato e sospeso subito. Il portavoce del ministro delle ferrovie ha chiesto scusa in una drammatica conferenza stampa, il suo collega di Shanghai è stato immediatamente licenziato e non pochi hanno ricordato come l’ex ministro dei trasporti sia finito recentemente al gabbio accusato di corruzione, tangenti e altre nefandezze, messo alla berlina in un processo pubblico show di cui i media governativi hanno rivelato i dettagli più “rosa”, come ad esempio le diciotto amanti di Mr Treni Veloci cinesi, senza però sottolineare l’incrocio di interessi e loschi affari che si celano dietro le sfavillanti rotaie ad alte velocità in Cina.

Perfino il China Daily Youth, in un articolo apparso oggi ha sottolineato l’incapacità dei media ufficiali di reggere l’urto dell’informazione passata on line, molto più utile e “sul pezzo” rispetto all’armoniosa (ovvero censurata) informazione statale: “nel riportare l’incidente di treno – scrive il quotidiano in lingua cinese – i nuovi media hanno battuto i mezzi di comunicazione tradizionale in tema di tempismo, velocità di aggiornamento e mobilitazione. I media ufficiali non hanno fatto un buon lavoro. Il web deve spingere più che mai per le riforme politiche in seno al paese”.

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