Sarà Tsai Ing-wen la candidata del Partito democratico progressista (DPP) taiwanese. che il prossimo gennaio sfiderà alle presidenziali il capo di Stato uscente Ma Ying-jeou.
La presidentessa del DPP si è aggiudicata il sondaggio telefonico commissionato dal partito per la scelta del proprio candidato, superando di un punto percentuale l’ex primo ministro, Su Tseng-chang: 42,5 per cento contro 41,5 per cento il risultato finale della rilevazione.
La scelta di Tsai, prima donna a correre per la poltrona presidenziale, è per gli elettori una mediazione tra le posizioni indipendentiste intransigenti di parte del DPP e la politica di riavvicinamento con la Cina continentale intrapresa dal Partito nazionalista di Ma, tornato al governo dell’isola nel 2008. La presidentessa è considerata una moderata, esponente dell’ala pragmatica del partito, decisa a non interrompere bruscamente i nuovi rapporti economici stretti con Pechino. Questo sebbene negli anni Novanta del secolo scorso sia stata tra le ispiratrici della ‘teoria dei due Stati’, propugnata dall’ex presidente Lee Teng-hui, e della proposta di cambiare il nome ufficiale di Formosa da Repubblica di Cina a Repubblica di Taiwan.
“E’ il simbolo di una nuova generazione di leader più pragmatici e più moderati verso la Cina”, ha detto l’analista politico Raymond Wu al Christian Science Monitor. Tuttavia l’appartenenza ai democratici progressisti è tutt’altro che una garanzia per la dirigenza cinese. “E’ una persona mite, ma resta comunque una separatista, sebbene moderata. I rapporti tra le due sponde dello Stretto potrebbero subire un’inversione di rotta”, ha sottolineato Wang Jianmin, ricercatore dell’Accademia cinese per le scienza sociali, intervistata dall’agenzia Bloomberg. L’elezione di Ma Ying-jeou due anni fa ha portato a un miglioramento delle relazioni tra Pechino e Taipei, suggellato a giugno dell’anno scorso dalla firma di un accordo di cooperazione economica che ha segnato il punto più alto dei rapporti dalla fine della guerra civile nel 1949 e dalla vittoria dei comunisti di Mao Zedong che costrinsero i nazionalisti di Chang Kai-Shek a riparare a Formosa.
Una politica che Tsai non ha intenzione di rinnegare, sebbene decisa a trattare la Cina come qualsiasi altro partner commerciale e soprattutto con il sostegno dell’Organizzazione mondiale del commercio che, al momento, il governo di Taipei ha preferito lasciare fuori dai rapporti commerciali con Pechino. Gli scambi con la Cina hanno spinto l’economia dell’isola a una crescita economica a un tasso del’11 per cento lo scorso hanno, il più veloce degli ultimi 23 anni. E a marzo le esportazioni verso il continente hanno toccato i 2,5 miliardi di euro. Vinto il primo round, Tsai dovrà ora cercare di tenere unito il suo stesso partito.
Nei giorni scorsi è stata difesa da associazioni femministe e lgbt perché attaccata da un ex presidente del DPP, Shih Ming-teh, che le chiedeva di fare chiarezza sul suo orientamento sessuale per poi giustificare la sua richiesta con la scusa di evitare eventuali violazioni della privacy della candidata durante la campagna elettorale. Bisognerà inoltre vedere il comportamento del suo sfidante alle primarie, Su Tseng-chang, da cui tutti si attendono un impegno a favore della vincitrice, ma in rotta con un dei principali sponsor politici di Tsai all’interno del partito, quel Frank Hsieh battuto due anni fa alle presidenziali da Ma Ying-jeou. Nei sondaggi, tra l’attuale capo di Stato e la sua sfidante è al momento testa a testa.
Tuttavia Ma può contare su un precedente propizio: la sconfitta di Tsai nella corsa a sindaco di Taipei lo scorso anno, quando a vincere fu il candidato dei nazionalisti.
[Nella foto night market a Taipei – Foto China Files]