Quattro tra gli arbitri di calcio più importanti della Cina sono finiti in carcere, nell’ambito di un’inchiesta sugli scandali del football locale che sembra non avere confini. Si tratta di indagini partite nel 2009 e arrivate in questi giorni alle prime sentenze.
La conversazione tipo con i tassisti cinesi assume i contorni della cronaca: sono i miracoli – si fa per dire – del calcio locale, falcidiato da scandali a ripetizione e dalla frustrazione di non riuscire a produrre uno spettacolo minimamente vicino ai canoni del calcio estero, europeo in primis.
Di solito quando capita di conversare rapidamente con gli autisti cinesi più propensi al dialogo, dicendo improvvsamente “Italia”, si provoca di solito la risposta: “calcio!”.
Anche ieri poteva accadere a chiunque affrontasse l’argomento, con la novità del giorno. Gli improperi dei tassisti cinesi, infatti, non si sono limitati ai calciatori strapagati e “scarsi”, ma si sono allargati anche alla classe arbitrale: inadeguata e soprattutto corrotta.
La calciopoli cinese infatti ha colpito le ex “casacche nere”, con una sfilza di condanne per volti più o meno noti del calcio locale, compreso l’unico arbitro cinese ad aver mai diretto un incontro valido per la Coppa del Mondo di calcio (quella del 2002 in Corea e Giappone). Uno scandalo legato a partite truccate e soldi, tanti.
Quattro tra gli arbitri di calcio più importanti della Cina sono finiti in carcere, nell’ambito di un’inchiesta sugli scandali del football locale, che sembra non avere confini. Si tratta di indagini partite nel 2009 e arrivate in questi giorni alle prime sentenze.
Il tribunale intermedio del popolo di Dandong, provincia di Liaoning ha condannato a cinque anni e mezzo di reclusione l’arbitro Lu Jun (Coppa del Mondo 2002 e le Olimpiadi di Sydney), per aver preso un totale di 810.000 yuan (128,540 dollari) in tangenti e per aver “taroccato” sette partite tra il 1999 e il 2003.
“Lu è stato arrestato nel 2010 nel mezzo di una campagna radicale per ripulire la corruzione nel calcio cinese, che ha portato all’arresto di circa 60 giocatori, arbitri, dirigenti di club e funzionari, tra cui il capo della Football Association cinese”, ha scritto il Global Times. Gli altri tre arbitri, Huang Junjie, Zhou Weixin e Wan Daxue, sono stati condannati rispettivamente a sette, tre anni e mezzo e sei anni di carcere.
Huang è stato accusato di aver intascato un milione e mezzo di yuan e 100mila dollari di Hong Kong in 21 casi, contribuendo a falsare il risultato di alcune partite di calcio, perfino amichevoli. Insieme agli arbitri, è stato condannato Lu Feng, l‘ex direttore generale della Super League, nonché il rappresentante di “una società finanziata dall’amministrazione del calcio in Cina”: sei anni e mezzo anche per loro.
Yan Qiang, un giornalista di calcio della rivista Titan Sports, il magazine sportivo più popolare in Cina, ha spiegato al Global Times che “il verdetto non solo invia un segnale forte agli arbitri altri ma definisce anche uno standard per la sanzione di violazioni future: gli arbitri dovrebbero rappresentare lo spirito del gioco, ma le azioni dei condannati hanno gravemente offuscato l’immagine di questa professione”.
I seguaci del calcio cinese, spesso molto più interessati al football europeo (Premier League su tutto) si sono espressi online. Secondo quanto riporta il quotidiano cinese Global Times, su 11mila intervistate, il 90 per cento ha ritenuto le condanne “troppo leggere”.
[Scritto per Lettera43; foto credits: first-stop.org]