La parata militare per la celebrazione dei 70 anni della Corea del Nord – dalla quale ci si aspettavano segnali, temendo il peggio – ha aperto invece nuovi scenari sia interni al Paese, sia nella più generale situazione diplomatica relativa alle Coree.
La scelta di Kim di non mostrare missili intercontinentali durante la cerimonia, apprezzata anche da Trump, sottolineando invece come per il Paese ora sia il momento di dedicarsi allo sviluppo economico, è da leggere come un segnale di apertura, dopo mesi di ambiguità seguiti a quello che era stato considerato l’inizio di una nuova era, ovvero l’incontro tra Kim e Trump a Singapore il 12 giugno scorso. Pyongyang, inoltre, ha voluto sottolineare la ritrovata serenità con l’alleato storico, la Cina, ponendo così un punto fermo nella prossima girandola diplomatica.
Questa settimana una delegazione di cinque funzionari sudcoreani, con a capo il consigliere presidenziale per la sicurezza nazionale, Chung Eui-yong, è stata a Pyongyang. Oggetto degli incontri i dettagli per discutere del prossimo vertice inter-coreano – il terzo dallo scorso aprile – e della denuclearizzazione: il 18 settembre il leader nordcoreano vedrà di nuovo il presidente sudcoreano Moon Jae-in.
Da Washington, poi, è arrivata la notizia del viaggio in Asia di Stephen Biegun, ex dirigente di Ford Motor nominato inviato speciale Usa per la Corea del Nord: il dipartimento di Stato ha annunciato che il viaggio si concluderà il 15 settembre. Biegun sarà a Seoul, Tokyo e Pechino, e gli Usa non hanno chiarito se passerà o meno da Pyongyang, dopo che il primo viaggio insieme a Pompeo è stato fatto saltare da Trump in persona. Secondo la nota di Washington, Biegun incontrerà le controparti e “proseguirà gli sforzi diplomatici per ottenere la denuclearizzazione definitiva e totale della Corea del Nord”. E la portavoce della Casa Bianca Sarah Sanders ha fatto sapere ieri che, in seguito alla “lettera molto calorosa” ricevuta da Kim, l’amminsitrazione Trump “ha già iniziato i preparativi”.
Su tutta questa attività diplomatica influirà e non poco la parata per i 70 anni dalla fondazione della Corea del Nord. Innanzitutto perché Kim, che ha permesso a numerosi giornalisti stranieri di assistere alla parata, ha mostrato solo missili di corto raggio; non ha effettuato un discorso ma tutto quanto sembrava improntato al “secondo binario” della sua politica ovvero lo sviluppo economico. E su questo tassello pesano e non poco le sanzioni ancora in vigore: Kim ha dunque scelto un atteggiamento prudente e di apertura sperando di cominciare a sbloccare qualcosa quanto meno in termini di allentamento delle sanzioni.
Il passo politico in questa direzione è costituito senza dubbio dall’ampio risalto che il leader nord coreano ha voluto dare alla presenza del numero tre cinese. Si è detto che Xi Jinping avesse rinunciato a recarsi a Pyongyang per non creare malumori alla Casa Bianca, tenendo conto degli attuali screzi tanto sui dazi quanto riguardo la penisola coreana. Secondo alcuni analisti, invece, l’assenza di Xi sarebbe un segnale diretto proprio a Kim Jong-un, per sollecitare decisioni ben più concrete di quelle intraprese fino ad ora sulla denuclearizzazione.
A Pyongyang però Pechino non ha mandato un funzionario qualunque, bensì Li Zhanshu, numero tre della nomenclatura del partito comunista, nonché presidente dell’Assemblea nazionale. Kim ha colto la palla al balzo per sottolineare questa nuova vicinanza con Pechino, confermando implicitamente che nei mesi scorsi i rapporti tra i due Paesi non erano propriamente idilliaci. L’inizio della ripresa di relazioni più vicine era stato segnato dalle visite di Kim a Pechino.
Il dato più eclatante della giornata di domenica è dunque l’esibizione da parte di Kim della ritrovata intesa con Pechino. Il leader nordcoreano ha dichiarato a Li Zhanshu che le relazioni tra i due Paesi sono “speciali”. Secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa Korean Central News Agency è evidente che Kim cerca la garanzia del sostegno cinese. Secondo l’agenzia, infatti, i leader di Corea del Nord e Cina hanno “sviluppato in maniera più ferma e profonda relazioni solide e speciali tra la Repubblica Popolare Democratica di Corea e la Cina, che nessuno è oggi in grado di danneggiare”.
Durante l’incontro, Li ha consegnato al leader nordcoreano una lettera del presidente cinese Xi Jinping, nella quale il numero uno cinese elogia gli sforzi di Kim “per promuovere lo sviluppo dell’economia e migliorare la vita del popolo” della Corea del Nord, definendo queste priorità del regime nordcoreano “un nuovo indirizzo strategico”. Nella lettera Xi ribadisce anche l’impegno di Pechino a rafforzare le relazioni bilaterali “più rapidamente, tramite l’attuazione delle intese raggiunte dalle due parti”.
“Cina e Corea del Nord hanno aperto tramite i tre recenti summit con Kim un nuovo capitolo nello sviluppo delle relazioni bilaterali”, ha scritto Xi. E il segno che questa nuova fase è ben vista anche da Pechino è la pubblicazione del contenuto anche sulla stampa ufficiale cinese.
Ora la palla passa di nuovo a Trump, felice della parata poco bellicosa. Diversa, probabilmente, la sua valutazione sullo sfoggio dell’amicizia tra Kim e Xi.
[Pubblicato su Eastwest]Fondatore di China Files, dopo una decade passata in Cina ora lavora a Il Manifesto. Ha pubblicato “Il nuovo sogno cinese” (manifestolibri, 2013), “Cina globale” (manifestolibri 2017) e Red Mirror: Il nostro futuro si scrive in Cina (Laterza, 2020). Con Giada Messetti è co-autore di Risciò, un podcast sulla Cina contemporanea. Vive a Roma.