Kathy Chen, dubbi sulla nuova boss di Twitter China

In by Gabriele Battaglia

Prima, informatica per l’Esercito Popolare di Liberazione, poi manager di imprese che sarebbero legate agli apparati di sicurezza; infine un passaggio a Cisco, che si sospetta abbia contribuito all’allestimento del Grande Firewall. La nuova direttrice generale di Twitter solleva molte perplessità tra gli utenti del social network e non solo. Quando si diceva «Internet cambierà la Cina», qualcuno rispondeva «no, guardate che sarà la Cina a cambiare Internet». Se della prima affermazione abbiamo ampie e quotidiane dimostrazioni guardando un popolo che era prevalentemente contadino appena trent’anni fa e che nel solo gennaio scorso ha effettuato 100 miliardi di dollari di acquisti online, della seconda si hanno sempre più conferme osservando come le principali aziende IT globali si mettano in fila per entrare nel web «secondo caratteristiche cinesi».

Dopo le sfilate in piazza Tian’anmen di Mark Zuckerberg – di Facebook – condite da discorsi in cinese mandarino, l’ultimo caso è quello del primo direttore generale che Twitter ha nominato per la grande Cina: Kathy Chen, che ha già un passato a Microsoft e a Cisco System. Sia Facebook sia Twitter sono bloccati, nella Repubblica Popolare, ma entrambi cercano di penetrare il mercato più grande del mondo per vie traverse, proponendosi soprattutto di intercettare la pubblicità di investitori cinesi. Pazienza se i netizen dell’ex Celeste Impero non possono vederli, a meno che non abbiano una VPN; c’è sempre l’appetitosa possibilità che le imprese del Dragone vogliano comunque investire in spazi pubblicitari per vendere a chi sta fuori dalla Cina.

Ora, la nomina di Kathy Chen ha fatto sollevare più di un sopracciglio sia in Occidente, sia tra ai pochi utenti di Twitter nella Cina stessa. Secondo quanto riporta la sua biografia su Baike, l’equivalente cinese di Wikipedia, dopo esserci laureata in ingegneria informatica nel 1987, la signora Chen è infatti entrata nel secondo corpo d’artiglieria dell’Esercito Popolare di Liberazione, lavorando da programmatrice capo a un progetto missilistico top-secret.

Nei primi anni duemila è stata amministratrice delegata CA-Jinchen, una joint venture sino-americana divenuta poi solo cinese, che produce software antivirus e prodotti per la sicurezza informatica in generale.
Secondo il sito Chinachange.org di Cao Yaxue – una dissidente che vive negli Stati Uniti – dietro Jinchen ci sarebbero gli apparati di sicurezza, i militari e il governo cinese, ma non solo: Kathy Chen sarebbe sicuramente un membro del Partito comunista perché – argomenta il sito di controinformazione – è impossibile che i suoi numerosi incarichi del passato siano stati dati a qualcuno non iscritto.
Ci sono inoltre aspetti poco chiari circa il passato della signora Chen a Cisco, visto che la multinazionale Usa è stata accusata in passato di aver contribuito ad allestire l’infrastruttura tecnologica del Grande Firewall, il sistema che blocca in Cina sia i siti scomodi sia i singoli contenuti vietati.

Sempre seguendo il ragionamento di Chinachange, ora il punto sarebbe: cosa ci dice la nomina di una donna degli apparati alla guida di una multinazionale straniera di internet, che vuole sbarcare in Cina e il cui prodotto principale è un social network?
Si torna al punto di partenza, cioè a Internet che cambia la Cina, che però a sua volta cambia Internet.

Secondo un articolo comparso su Netease Tech, la signora Chen avrebbe come compiti principali quello di «raccontare la storia cinese, introducendo al mondo il meglio della cultura, della tradizione, della storia e del turismo cinesi e facendo conoscere meglio la Cina al mondo attraverso la piattaforma di Twitter; il secondo è quello di aiutare le grandi e medie imprese cinesi a raccontare la storia dei propri marchi, costruendosi un nome e una strategia marketing all’estero; il terzo è quello di attivare una comunicazione e uno scambio con le aziende IT e con le società di internet mobile cinesi più dinamiche, nei settori della tecnologia e della pubblicità».
È un programma molto simile a quello enunciato dal presidente Xi Jinping durante la sua recente visita ai media di Stato, quella che ha scatenato molte polemiche perché ha riaffermato che l’informazione, in Cina, è propaganda. Punto.

Ora, gli utenti cinesi di Twitter temono che la vita per loro sarà sempre più difficile, con una censura che potrebbe colpirli non solo dall’esterno, ma addirittura dall’interno della compagnia. Sono pochi, stimati tra i 10 e i 20mila, ma sono una comunità attiva, d’elite, nel senso che vi appartengono soprattutto esperti di tecnologia e parecchi dissidenti, tra cui il più famoso è Ai Weiwei. Usano una VPN, aggirano il Grande Firewall, e scrivono quello che sugli altri social media made in China non è consentito. Tuttavia, il loro numero esiguo sia rispetto ai twittatori globali – 3-400 milioni – sia rispetto ai numeri del business che la Cina può portare a Twitter, li rende molto poco interessanti.