Indonesia – Punk e diritti umani a Banda Aceh

In Uncategorized by Simone

La controversa azione della polizia contro un gruppo di giovani punk indonesiani, rasati e "rieducati" per 10 giorni, viene vista da molti come una violazione dei diritti umani. La scena punk mondiale è intervenuta manifestando pacificamente, mentre si prepara un esposto ufficiale contro le autorità di Banda Aceh.
Pochi giorni fa, 65 giovani amanti del punk rock sono stati arrestati ad un concerto di beneficenza al Taman Budaya park di Banda Aceh, Indonesia, colpevoli di “essere punk”. Sono stati umiliati: i loro capelli rasati, i loro vestiti strappati e bruciati, costretti a bagnarsi nelle acque di un fiume per “purificarsi”, i loro piercing sono stati rimossi. I loro tatuaggi, indelebili, fortunatamente sono invece rimasti al loro posto.

Ma piú emblematicamente, questi giovani ribelli sono stati costretti a un trattamento rieducativo, internati per 10 giorni nella scuola di polizia delle Seleuwah Hills, a 60 chilometri dalla capolouogo Banda Aceh.

Due giovanissimi ragazzi, Syaukani, 20, originario di Lhokseumawe, e Saiful Fadli, 17, di Seutui, sono riusciti ad evadere durante la notte, ma secondo il Jakarta Post, sono stati prontamente ricatturati e riportati nella “scuola di prigionia”.

Questo il destino brutale riservato a 65 giovanissimi indonesiani nella provincia di Aceh, punta estrema settentrionale dell’isola di Sumatra. Una provincia che sopravvive nonostante un passato di tsunami, terremoti e distruzione naturale, e che ha abbracciato la legge islamica, la Shariah, sin dal 2002.

"Cambieremo i loro luridi indumenti con vestiti decenti e puliti, gli daremo spazzolino da denti e dentifiricio, shampoo, sandali e tutto l’occorrente per pregare" ha dichiarato al Jakarta Globe il capo del dipartimento di polizia di Aceh, il generale Iskander Hasan. "Ricorderò ai miei agenti di non violare i diritti umani, ma sia chiaro, noi stiamo solo cercando di rieducare i nostri giovani, la nostra nazione… questo è il nostro Paese, giusto?" ha concluso.

La notizia, intanto, ha fatto il giro del mondo e non ha lasciato il pubblico indifferente riguardo ad una chiara violazione dei diritti umani, che sarebbero invece stati tutelati secondo Iskandar Hasan. Il Jakarta Post ha riportato che 20 persone a San Francisco hanno già manifestato pacificamente davanti all’ambasciata indonesiana per rivendicare i diritti dei propri fratelli punk dall’altra parte del globo.

Tubagus Edwin Suchranudin, rappresentante consolare per i media, ha dichiarato al Jakarta Post che i manifestanti sono stati ricevuti ed ascoltati: "Ci hanno comunicato la loro indignazione per gli arresti, dimostrando la propria solidarietà per i loro fratelli punks in Aceh, Indonesia."

D’altro canto, Evi Narti Zain, direttore esecutivo della Coalizione per I Diritti Umani di Aceh, ha raccontato al Jakarta Globe che la polizia ha invece commesso un’azione violenta e illegale.

"Educazione? Questa azione di polizia è totalmente incosistente, dal momento che i punk non hanno fatto nulla di male. La musica punk è il loro veicolo di espressione, è un genere musicale normale che si trova in tutto il mondo. È un loro innegabile diritto l’essere liberi di esprimersi, non c’è nulla di malvagio o antireligioso tra giovani punk rocker!"

Marzuki, responsabile delle investigazioni per la Satpol PP e la polizia Shariah in Aceh, ha idee ben diverse. Sostiene che le retate contro i punk di Aceh sono state effettuate in totale accordo con le leggi esistenti nella provincia. "Le retate sono state approvate verbalmente sia dal governatore di Aceh che dal capo della polizia, e approvate per iscritto anche dal sindaco di Banda Aceh", ha spiegato Marzuki, "…i punk sono un disturbo alla quiete pubblica. Rubano, scatenano risse e attacchi a Banda Aceh e ad Aceh Besar. Sono criminali e devono essere puniti secondo la legge di Aceh, e secondo la Shariah".

Marzuki ha aggiunto che i giovani detenuti potranno essere rilasciati solo dopo che i propri genitori li avranno personalmente visitati, firmando un contratto che garantisca il “termine della loro ribellione”.

"Molti genitori ci hanno già ringraziato perchè noi siamo stati capaci dove loro stessi hanno fallito. mettendo del buon senso nelle teste di questi ragazzi influenzati dalla cultura punk", ha concluso Marzuki.

Un’opinione differente è quella del giovane Rizal Adi Syaputra, raggiunto dal Jakarta Globe subito dopo il suo rilascio dalla scuola di rieducazione: dopo gli eventi, preferisce nascondere i propri capelli tinti di rosso sotto un berretto.

"Noi, come membri dei Museum Street Punk, non abbiamo mai commesso nessuno degli atti vandalici di cui siamo stati accusati" ha affermato Rizal. "Portiamo avanti importanti attività sociali come qualsiasi altro gruppo di attivisti punk nel mondo".

Ha infine aggiunto che lui e i suoi amici punk sono anche stati tra i fondatori di una campagna di beneficenza a favore delle vittime dello tsunami Mentawai, abbattutosi lo sorso anno su Aceh. "Come possono darci dei criminali? Siamo solo dei giovani che vogliono creare la propria arte, senza pensare ai soldi".

In seguito a tutta questa vicenda, i punk di Aceh hanno deciso di non arrendersi: Felix e Juanda, rappresentanti del gruppo Aceh punk, aiutati dagli attivisti per i diritti umani Hospi Novizal Sabri, dal direttore della fondazione di assistenza legale di Banda Aceh Evi Narti e l’artista Azhari, si sono incontrati coi membri della commissione Romi Mulya e Eka Azmiyadi.

Felix e Juanda hanno dichiarato che durante la retata la polizia si è accanita con forza contro alcuni dei giovani arrestati, tra cui anche alcune ragazze. "Vogliamo denunciare il comportamento della polizia" ha dichiarato Feliz a tempo.co.
Juanda ha aggiunto che la polizia ha discriminato il gruppo, arrestandoli e portandoli alla scuola di rieducazione senza alcun motivo apparente.

Come in una classica lotta di strada che ha un sapore anarchico da 1977, la scena punk mondiale rimane col fiato sospeso aspettando le prossime mosse dei punk indonesiani contro le forze dell’ordine.

[Foto credit: media.vivanews.com]

*Marco Ferrarese ha suonato per 10 anni nei The Nerds Rock Inferno, una delle poche punk rock band italiane capaci di infiammare i palchi di Europa e Stati Uniti. Dal 2007, incuriosito dall’Asia, si trasferisce in oriente. Ha vissuto in Europa, Cina, Stati Uniti e Australia, e viaggiato in circa 40 paesi. Al momento vive, scrive e lavora in Malesia, a Penang. Il suo sito è www.monkeyrockworld.com