Il documentario di Leslee Udwin sulla vicenda di Jyoti Singh (violentata e uccisa a New Delhi nel 2012), già censurato in India, da mercoledì scorso è proiettato nelle sale cinematografiche degli Usa. Alla prima a New York, Maryl Streep ha annunciato la formazione di un comitato per candidare India’s Daughter agli Academy Awards, categoria miglior documentario. Il documentario di un’ora realizzato da Udwin per Bbc, del quale si è parlato profusamente lo scorso anno come caso eclatante di censura del governo indiano, dopo una diffusione straordinaria sui social network (dai quali viene sistematicamente tolto per questioni di copyright, ma chi cerca trova), ha finalmente trovato una distribuzione ufficiale negli Stati Uniti e, secondo Reuters, in un’altra manciata di stati («dall’Islanda alla Cina», presumo non in Italia).
La prima di New York è stata presentata da Maryl Streep, già attiva nella promozione del documentario prima che fosse trasmesso da Bbc, parte di un progetto internazionale di sensibilizzazione per i diritti delle donne. Streep, secondo quanto riportato dalle agenzie, ha detto che India’s Daughter è un prodotto «meritevole del più importante premio della cinematografia americana», svelando l’inizio di una campagna per la nomina del documentario per gli Academy Awards.
Si tratta di un’iniziativa che reputo lodevole. Non so se India’s Daughter meriti l’Oscar, ma certamente è un documentario che andrebbe visto e diffuso il più possibile dando modo al grande pubblico di conoscere alcune delle contraddizioni più lampanti dell’India contemporanea.
Allo stesso tempo sono certo che un’eventuale candidatura agli Academy Awards manderà su tutte le furie il governo indiano, per gli stessi motivi per i quali, nel marzo del 2014, decise di bloccarne la trasmissione in chiaro in India (motivi che ho provato a spiegare in una recensione scritta lo scorso anno).
Al momento, infatti, l’annuncio di Streep non ha destato nessuna reazione dalla politica indiana.
[Scritto per East online; foto credit: guardian.com]