Secondo le stime governative, oggi in nel Paese più di mezzo miliardo di persone fa i propri bisogni «all’aperto, dietro a un cespuglio, per strada o sui binari del treno». E finché tutti non avranno accesso a strutture igieniche adeguate «la qualità delle risorse idriche sarà compromessa».L’India è riuscita a ridurre del 31 per cento il tasso di defecazioni all’aperto nel Paese, tra le cause principali della diffusione di malattie – mortali, in questa parte di mondo – come la diarrea e motivo principale di malnutrizione cronica specie per i minori. Lo indica un rapporto rilasciato dallo UN’s Children Fund in collaborazione con l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), nel quale si legge che l’India fa parte del gruppo di sedici paesi che è riuscito a ridurre il tasso di defecazioni all’aperto di oltre il 25 per cento, considerando i livelli registrati nel 1990.
In particolare, si legge nel rapporto, «la regione dell’Asia meridionale, dove il numero di defecatori all’aperto è più alto, ha raggiunto progressi significativi. Bangladesh, Nepal e Pakistan hanno tutti ottenuto riduzioni superiori al 30 per cento dal 1990».
Solo in India, prosegue il documento, una riduzione del 31 per cento equivale a 394 milioni di persone, «influenzando significativamente le stime regionali e globali». La lotta contro le defecazioni all’aperto era uno dei temi all’interno degli Obiettivi di sviluppo del Millennio dell’Onu, progetto promosso nel 2000 dalle Nazioni Unite per raggiungere, entro la fine del 2015, traguardi storici come garantire universalmente l’educazione primaria, cancellare la fame nel mondo, combattere l’Aids.
Nonostante l’India sia uno dei paesi più virtuosi nel percorso segnato dagli Obiettivi di sviluppo del Millennio, le defecazioni all’aperto sono ancora oggi tra i principali corresponsabili della diffusione di malattie come la diarrea, che secondo stime ufficiali causa oltre 450mila morti all’anno, in particolare tra bambini e, soprattutto, neonati.
Nel 1999 il governo federale ha varato una campagna nazionale denominata Total Sanitation Campaign, con l’obiettivo di diffondere nel paese l’utilizzo di bagni con acqua corrente grazie a incentivi distribuiti stato per stato. La campagna ha avuto esiti discutibili, tra cui un mega scandalo di fondi destinati a bagni pubblici – il cosiddetto Toilet Scam – che ha investito l’Uttar Pradesh nell’aprile del 2012: dei 17,1 milioni di bagni pubblici che lo stato avrebbe dovuto realizzare attingendo dai fondi federali (426 milioni di euro), alla conta degli ispettori ne risultarono solo 11,6 milioni. Il resto, inghiottiti dalla corruzione locale.
Secondo le stime governative, oggi in India più di mezzo miliardo di persone fa i propri bisogni «all’aperto, dietro a un cespuglio, per strada o sui binari del treno»: in percentuale, siamo vicini al 48 per cento, cioè quasi un indiano su due. Una situazione di perenne emergenza che, secondo il rapporto dell’Onu, rischia di vanificare gli enormi successi raggiunti dal paese per quanto riguarda la fornitura di acqua potabile a livello nazionale: se nel 1990 la rete copriva solo il 71 per cento della popolazione indiana, oggi siamo intorno al 94 per cento.
«Finché tutti non avranno accesso a strutture igieniche adeguate, la qualità delle risorse idriche sarà compromessa e troppe persone continueranno a morire di malattie legati all’acqua» ha dichiarato Maria Neira, direttrice del Dipartimento di salute pubblica, ambiente e fattori sociali della salute dell’Oms, interrogata dal quotidiano indiano Indian Express.
Il tema dei sanitari è stato affrontato anche durante la campagna elettorale dello scorso anno, quando Narendra Modi – primo ministro indiano in carica da più di un anno – pronunciò l’ormai famoso slogan «più water, meno templi», sottolineando l’urgenza di affrontare di petto il problema delle defecazioni all’aperto nel paese che contribuisce maggiormente al computo totale di chi non ha accesso a servizi igienici: 2,4 miliardi di persone al mondo, secondo l’Onu, di cui quasi il 20 per cento in India.
Il problema delle defecazioni all’aperto e della trasmissione di virus legata al fenomeno è raramente affrontato con la serietà che meriterebbe, subissato da battutine scatologiche e risatine proprie della prepubertà. Eppure, per esempio, la diarrea uccide quattromila bambini al giorno, seconda causa di morte infantile in assoluto. In questo senso rimane ammirevole e altamente edificante il Ted Talk della giornalista Rose George: si intitola Let’s talk crap. Seriously. (“Diciamo stronzate. Seriamente.”).
[Scritto per il Fatto quotidiano online; foto credit: thestar.com]