Un movimento studentesco inter-universitario, a New Delhi, sta lottando per i diritti delle universitarie, soggette a sistematiche restrizioni della libertà di movimento in nome della "sicurezza". Il gruppo Pinjra Tod – rompi la gabbia, in hindi – dai social network alla street art, ha sfondato anche nei media mainstream indiani. E ora tutti sono costretti a parlarne.Una delle conseguenze della violenza sessuale di New Delhi 2012 – caso Nirbhaya – è stata l’accensione dei riflettori delle istituzioni sulla questione della "sicurezza", specie sulla categoria alla quale apparteneva la vittima: ragazza, universitaria.
L’interesse delle autorità, in linea con lo spirito di risolvere col controllo un problema culturale, si è manifestato recentemente in nuove linee guida a tutela della "sicurezza" delle universitarie residenti nei campus di New Delhi: se possibile, rendendo la vita delle ventenni indiane ancora più asfissiante di quanto già non lo sia.
Da un mese a questa parte, un gruppo studentesco inter-universitario ha iniziato una protesta intelligente, nei temi e nei modi. Si chiama Pinjra Tod -" rompi la gabbia", in hindi – ed è una grande notizia.
Tutto è cominciato i primi di settembre, quando sparsi per il campus della Delhi University sono comparsi una serie di graffiti inneggianti a #pinjratod: una novità, considerando che la street art in India è un fenomeno ancora allo stato embrionale. I graffiti hanno smosso anche l’interesse dei media online indiani, e così la vicenda #pinjratod è uscita dal circolo universitario, arrivando parzialmente a una certa opinione pubblica.
La questione è molto semplice, e terrificante: in seguito al fallimento delle autorità nel garantire la sicurezza di Nirbhaya (fuori dal campus, notare bene) – ricorda il magazine online Dailyo – la University Grants Commission (Ugc) ha fomato un’ulteriore commissione per «migliorare la sicurezza delle donne nei campus e la sensibilizzazione del tema negli istituti universitari», chiamata Saksham commission. La Saksham commission pubblica un rapporto alla fine del 2013: una «pietra miliare», secondo Dailyo, poiché affronta il problema della sicurezza delle donne nei campus prendendo come punto di partenza la garanzia di libertà di movimento, autonomia e privacy delle studentesse. Letteralmente, il rapporto indica che «le politiche di sicurezza nei campus non dovrebbero risultare nella "sicurizzazione", controllo eccessivo, utilizzo eccessivo delle forze dell’ordine o riduzione della libertà di movimento, specialmente per le donne».
Bene. Lo scorso mese di aprile, la stessa Ugc ha pubblicato un rapporto con le proprie linee guida ufficiali. Disattendendo in toto il consiglio, evidentemente non vincolante, della Sakhsam commission.
Le nuove linee guida prevedono una restrizione ulteriore della libertà delle studentesse, applicando un coprifuoco obbligatorio entro le 8:30 di sera, vietando l’organizzazione di feste all’interno dei campus femminili e l’uso dei social network, consigliando l’installazione di telecamere di sicurezza e la costruzione di muri di cinta protetti da filo spinato, per evitare che i pericoli del «fuori» possano ghermire le povere studentesse del «dentro». Il tutto, ovviamente, condito da restrizioni sull’abbigliamento permesso nel campus e il divieto categorico di «rivolgere la parola» agli studenti maschi: che, per contro, non soffrono alcun tipo di restrizione.
A questo punto, esponenti delle principali università della capitale – Delhi University, Jawaharlal Nehru University, Jamia Milia University, tra le altre – si sono uniti in una protesta a tutto campo contro le imposizioni della società patriarcale, che insiste nel considerare le donne in India come soggetti deboli, da proteggere utilizzando modalità di segregazione tipiche del patriarcato in vigore anche fuori dalle università.
Nella pagina Facebook del movimento, donne maggiorenni residenti nei campus femminili di New Delhi – e non solo, la protesta sta prendendo piede a livello nazionale – condividono episodi di discriminazione quotidiana incoraggiati dalle istituzioni indiane. Un esempio: date un occhiata a questa lista di «regole speciali» stilata dal Sai Ram Engineering College di Chennai (Tamil Nadu). Attraverso Facebook e Whatsapp, i nuclei di #pinjratod nelle varie università si organizzano per turni di volantinaggio e attacchinaggio nei campus, in almeno due casi incontrando la resistenza fisica delle forze dell’ordine all’interno delle università e dei gruppi studenteschi che fanno riferimento al Bharatiya Janata Party (Bjp), il partito di governo per il quale vietare la libertà di donne maggiorenni all’università nel nome della "sicurezza" rimane cosa buona e giusta.
È stata aperta anche una raccolta firme sul portale Change.org, ma l’attesa è per il prossimo 10 ottobre, quando gli studenti e le studentesse manifesteranno a Jantar Mantar – il parco a New Delhi tradizionalmente luogo di proteste oceaniche – chiedendo la fine di politiche repressive e regressive messe in atto dalle istituzioni a scapito della libertà delle universitarie indiane.
[Scritto per East online; foto credit: thequint.com]