Nonostante l’iniziale sostegno alla causa, la scorsa settimana la delegazione indiana all’Onu ha deciso di non sponsorizzare la risoluzione contro le spose bambine. In India ci sono oltre 24 milioni di mogli sposate prima della maggiore età: questione culturale ma anche, e soprattutto, economica.
L’India, assieme a buona parte dei paesi dell’Asia meridionale, lo scorso 13 ottobre ha deciso di non firmare la risoluzione Onu contro la cosiddetta pratica delle “spose bambine”, la tradizione diffusa nel subcontinente indiano di permettere di prendere in sposa ragazze ben al di sotto della maggiore età.
La risoluzione discussa da Consiglio dell’Onu per i Diritti Umani, la prima in assoluto ad occuparsi del fenomeno del child marriage, spingeva per l’introduzione dell’abolizione del matrimonio di bambini come obiettivo dell’Agenda internazionale di Sviluppo post-2015, descrivendo la pratica come dannosa per donne e bambine a livello “economico, legale, di salute e sociale”.
Supportata da oltre 107 paesi membri – compresi molti stati africani dall’altissima percentuale di spose bambine, come Niger, Ciad e Mali – il documento è stato invece boicottato in blocco da tutti i paesi dell’Asia meridionale, eccezion fatta per il Nepal, facendo emergere una chiara carenza di volontà – al di là dei buoni intenti – nell’affrontare un retaggio culturale dalle radici profonde nella società del subcontinente.
Secondo i dati del Centre for Reproductive Rights, ripresi dal Times of India, in India il 46 per cento delle donne tra i 20 e i 24 anni dichiarano di essersi sposate prima dei 18 anni. Significa che oggi, nella regione, ci sono 24,4 milioni di mogli sposate prima della maggiore età, una cifra che proiettata fino al 2030 salirebbe a 130 milioni.
Un portavoce del centro di studi ha spiegato al quotidiano indiano: “Il matrimonio di bambine mette in pericolo la sopravvivenza e l’incolumità delle ragazze, esponendole a un’iniziazione forzata al sesso e a episodi di violenza sessuale, con gravidanze premature, non pianificate e frequenti”.
I funzionari indiani all’Onu hanno giustificato la battuta di arresto nella redazione della risoluzione – arrivata dopo un primo appoggio formale alla causa – con la scarsa chiarezza del termine early marriage, ovvero matrimonio prematuro: “Abbiamo già delle leggi contro la pratica delle spose bambine e i matrimoni forzati – ha dichiarato un poravoce della delegazione indiana all’Onu al quotidiano Hindustan Times – ma siccome i termini di matrimonio prematuro non sono stati definiti con precisione, non c’era abbastanza chiarezza nelle implicazioni legali di un’eventuale sponsorizzazione della risoluzione”.
Una posizione che secondo Human Rights Watch (Hrw) rappresenta solo una scusa per evitare il problema: “La legge indiana definisce ‘bambino’ una persona sotto i 18 anni. Qual è il problema della mancata definizione specifica di matrimonio prematuro?” ha dichiarato Meenakshi Ganguly di Hrw all’Hindustan Times.
La legge indiana contro i matrimoni di minori – Prohibition of Child Marriage Act del 2006 – prevede pene detentive per chiunque permetta ad un minore di sposarsi. Non solo quindi i mariti, ma anche i genitori della sposa bambina. Nell’intero 2012 gli arresti per la violazione di tale legge, in tutta l’India, sono stati meno di 400.
Il matrimonio di spose bambine si inserisce nella tradizione del matrimonio combinato e, soprattutto, in quella della dote, ufficialmente illegale secondo la costituzione indiana ma ampiamente diffusa nel paese. Riuscire a sposare una figlia in tenera età, per molte famiglie dell’India rurale, significa evitare complicazioni economiche al momento della trattativa con la famiglia dello sposo: più l’aspirante moglie è avanti con l’età, più la contropartita in denaro da assicurare alla famiglia dello sposo – che, tecnicamente, col matrimonio si addossa il mantenimento della moglie, alla quale è proibito svolgere attività lavorative – sarà ingente.
Recentemente, con l’emergenza stupri in India, sposare le donne in giovane età è stato elevato ad efficace tutela contro gli stupri dai gram panchayat (una sorta di consiglio del villaggio, l’unità minima dell’amministrazione pubblica indiana) dello stato dell’Haryana: passando dalla cura del padre a quella del marito in tenera età, questa la loro tesi, il rischio che la ragazza raggiunta la pubertà compia azioni giudicate immorali – come il sesso prematrimoniale – si riduce sensibilmente.
Secondo i dati del governo indiano la percentuale di matrimoni di minori, basandosi sul campione di donne tra sposate tra i 20 e i 24 anni, sta diminuendo: se nel 1992-93 erano il 54 per cento, nel 2007-08 erano scese al 43 per cento.
Non abbastanza, considerando che ad oggi nella sola India vivono oltre il 40 per cento delle spose bambine di tutto il mondo, stimate intorno ai 60 milioni.
[Scritto per ilfattoquotidiano.it; foto credit: mydosti.com]