I commentatori rancorosi della destra indiana stanno prendendo sempre più piede nei luoghi di discussione online. Gli Internet Hindus, benestanti conservatori spesso emigrati all’estero, attaccano il multiculturalismo indiano per una "democrazia vera". Nel nome della tradizione.
Sono tanti, sono maschi, sono benestanti e sono su internet. In gergo li chiamano Internet Hindus (IH), i troll della destra conservatrice indiana che da anni difendono l’ideologia dell’hindutva – la supremazia hindu nel subcontinente, una sorta di "India agli induisti" – nei luoghi di discussione libera in rete.
Il fenomeno, la scorsa settimana, è stato affrontato dal magazine Outlook India con un articolo intitolato I tridenti di Shiva, cercando di stilare l’identikit del troll indiano, creatura che ama muoversi in branco e che, secondo molti, giocherà un ruolo fondamentale nelle prossime elezioni del 2014.
Tutto nasce da Patriots and Partisans, l’ultimo libro dello storico Ramachandra Guha, intellettuale di riferimento per l’India più "liberal" ed ospite assiduo di salotti tv. Nel volume, del quale Outlook ha pubblicato un estratto, Guha tratteggia l’identità dell’IH basandosi su una solida esperienza personale fatta di lettere minatorie e di insulti ricevute negli anni.
Secondo Guha l’IH è caratterizzato da "profonda diffidenza nella diversità e nel pluralismo, tendenza a pensare in termini di ‘bianco e nero’, insistente rivendicazione del ruolo di vincitori – e la Storia lo dimostrerà – e una spiccata assenza di senso dell’umorismo".
Interessante anche il fattore di genere: gli IH sono quasi tutti uomini, in tendenza con la tradizionale emarginazione che la donna, nella società indiana di tutti i giorni, è costretta a subire. Sono anche mediamente ricchi, conoscono l’inglese e, soprattutto, tantissimi sono NRI, non-resident Indian, gli indiani della diaspora.
Pur a distanza di migliaia di chilometri, gli IH osservano gli sviluppi in corso nella madrepatria con astio crescente, individuando le ragioni della debacle in obiettivi molto ben definiti: il multiculturalismo, la presenza occidentale in India – o le influenze dello "straniero" negli affari indiani – la dinastia Nehru-Gandhi e l’Indian National Congress in generale, i "liberals" (i progressisti), la stampa in lingua inglese ed i suoi esponenti di spicco (la giornalista Barkha Dutt su tutti), il Pakistan ed i musulmani.
Ecco, ad esempio, la descrizione del profilo Twitter di Siddhartha Chatterjee, un NRI molto attivo sui social, citato da Outlook: "Hindu non secolare; mi son rotto i cogl*ioni delle strozzate dei progressisti; voglio imparare e condividere; voglio una democrazia (quella vera) in India".
La modernizzazione della destra indiana passa proprio dai social network, pronta a lottare su ogni fronte per le prossime elezioni del 2014. Il pupillo degli IH, anche se pochi lo rendono esplicito, è l’astro nascente del Bjp Narendra Modi: controverso chief minister del Gujarat, estremista hindu convinto e – anche lui – molto attivo su Twitter, dove ogni giorno allieta i suoi follower con pensieri ed estratti delle memorie di Vivekananda, monaco hindu riformista del secolo scorso molto celebre in India.
Estremismo religioso, rancore, benessere, attivismo in rete. Una miscela che non promette nulla di buono.
[Foto credit: outlookindia.com]