India – Le priorità di Modi, tra crescita e hindutva

In by Simone

In questi giorni in India stanno venendo un bel po’ di nodi al pettine, questioni che sono rimaste a ribollire per oltre un anno e che adesso, col linciaggio di Mohammad Akhlaq, provano ad emergere in un’agenda dell’opinione pubblica fino ad ora dettata quasi esclusivamente dal governo centrale. Mentre le agenzie di rating e il Fondo monetario internazionale prevedono una crescita record dell’economia indiana (più 7,5 per cento il prossimo anno, contro 6,4 della Cina), entro i confini si discute di estremismo hindu, hindutva, e dei silenzi di un premier molto furbo e poco responsabile.

Il linciaggio di Mohammad Akhlaq – giustificato da un gruppo di estremisti hindu dal fatto che, forse, a casa Akhlaq si mangiava carne di mucca – pare abbia scoperchiato il vaso di Pandora dell’amministrazione Modi: un governo che si è presentato come laico e riformatore, specie in campo economico, ma che enumera una serie di esponenti e sostenitori assolutamente non laici e non riformatori, provenienti dalle schiere più estreme dell’induismo.

La collezione di dichiarazioni ufficiali che sono state rilasciate negli ultimi giorni dagli esponenti del Bharatiya Janata Party (Bjp), hanno puntato da un lato a depotenziare il significato della morte di Akhlaq, descrivendola come un «incidente»; dall’altro, raramente, hanno condannato il linciaggio poiché, parafrasando il ministro delle Finanze Arun Jaitley, «rovina la reputazione dell’India all’estero».

Il problema, secondo l’ala più «liberal» del Bjp, non è tanto assumersi la responsabilità di un’esplosione di violenza assurda, insensata e mortale, quanto come questa notizia non giovi allo sforzo riformatore che il Bjp sta provando a imprimere al Sistema India, se così vogliamo chiamarlo. Se le riforme economiche – molte delle quali per ora solo annunciate, bloccate dal parlamento per manovre tutte politiche, non nel merito – devono descrivere un’India che cambia passo e si apre al mondo (degli investimenti, principalmente), i gruppi estremisti che di propria sponte decidono di fare giustizia col sangue, questa volta, di un musulmano, sono un pessimo biglietto da visita per un’India democratica decisa ad occupare un posto in prima fila nella comunità internazionale.

Si tratta di un problema messo in conto con la nomina di Modi a primo ministro: il passato di Modi, e il presente in larga parte, è costellato da rapporti strettissimi con le stesse sigle che ora, più di prima, minacciano la pacifica convivenza tra religioni e culture diverse all’interno del paese, contenitore eterogeneo per eccellenza. Lo hanno fatto con la campagna anti Love Jihad, con le conversioni forzate (qui link alle varie storie), e ora prendendo di mira le abitudini culinarie (legali, in molti Stati dell’India) dei musulmani. È evidente che la frangia estremista hindu, che ha votato in massa Modi, sia ora in cerca di consolidamento del potere, di attenzione: l’intento è forzare la mano e approfittare di una maggioranza inedita nella storia recente indiana per imporre la propria agenda di suprematismo hindu sulla società indiana. Un piano che per ora sta preoccupando gli accademici e gli intellettuali «progressisti», che accusano Modi, in poche parole, di connivenza e di starsene in silenzio rispetto a temi urgenti e scottanti come questo (nonostante ieri, in un micro passaggio durante un comizio in Bihar, abbia consigliato al popolo di «non dare ascolto alle parole d’odio»).

Ciò che abbiamo di fronte, osservando il paese, è la caduta della cortina di fumo grazie alla quale NaMo e i il Bjp sono saliti al potere: promettere crescita e ricchezza come panacea dei mali dell’India, come se il capitale – quando e se arriverà in quantità considerevoli – potesse essere in grado di curare il male dell’estremismo (hindu o, in misura minoe, musulmano) interno, di pacificare comunità fino a questo momento aizzate una contro l’altra dai medesimi esponenti politici ora al governo.

I soldi potranno arrivare, ma lo sfilacciamento sociale che l’India sta continuando a vivere è un problema serissimo e potenzialmente incendiario che un governo «forte» come quello di Narendra Modi non può più ignorare.

[Scritto per East online; foto credit: huffingtonpost.in]