India – La terra a chi la coltiva.

In by Simone

Dopo cinque anni di manifestazioni e lotte, il governo del Bengala occidentale restituisce 400 acri di terra ai contadini. E l’Alta corte di Calcutta sancisce la costituzionalità della recente legge. E’ una vittoria della nuova governatrice Mamata Banerjee e un importante precedente per le migliaia di contadini vittime di espropri terrieri iniqui.
Mamata Banerjee mantiene le promesse e nel panorama politico indiano non è affare di poco conto.

Dopo aver sbaragliato alle elezioni regionali il Partito comunista indiano (marxista), interrompendo una serie lunga 34 anni di governo rosso nel Bengala Occidentale, l’esponente del Trinamool Congress fresca nei panni di Chief Minister aveva chiarito: “Il gabinetto ha deciso di restituire 400 acri di terra ai contadini di Singur […] se Tatababu (colloquiale per “il signor Tata”, ndr) vorrà, potrà costruire la sua fabbrica negli altri 600 acri, altrimenti vedremo come fare”.

Il passaggio di terre dal governo del Bengala Occidentale alla multinazionale dell’automobile Tata aveva segnato a suo tempo il divorzio definitivo tra il popolo bengalese – dalla forte tradizione comunista – e la leadership marxista alla guida della regione.
Nel 2006 il Left Front al potere era sceso a patti col diavolo capitalista, accordando la vendita di 996 acri di terre coltivabili alla Tata Motors, che pianificava di realizzare una fabbrica di auto low cost Nano. La transazione aveva suscitato dissidi etici ma soprattutto pratici, risultando in un gigantesco esproprio terriero ai danni dei contadini locali: non interpellati dalle autorità nelle fasi preliminari dell’accordo, quando i camion Tata hanno raggiunto i loro campi e iniziato a recintare la zona hanno scoperto di aver perso ogni diritto sul proprio terreno, in cambio di compensazioni economiche insufficienti orgogliosamente rifiutate da quasi un proprietario terriero su due.

Era il maggio 2006 e dalla campagna di Singur iniziarono a partire manifestazioni, proteste, petizioni, in un’escalation di tensione che portò allo scontro le forze dell’ordine con migliaia di contadini furiosi. Nonostante le cariche di lathi – bastoni di bambù un dotazione alle forze dell’ordine – ai raid nei villaggi, incarcerazioni di massa e due giovani di 24 e 18 anni pestati a morte dalla polizia e dai reparti speciali della Raf (Rapid Action Force), i contadini di Singur hanno continuato a difendere la propria terra dai progetti di progresso di Tata e Left Front; un progresso che se può aiutare ad alzare gli indici di sviluppo buoni per l’economia matematica, per migliaia di contadini raramente alfabetizzati o istruiti oltre all’impugnare una vanga significa aspettare una carestia o un monsone più devastante del solito per morire di fame.

La tenacia ha portato i primi risultati nell’ottobre del 2008 quando la Tata, fiaccata dalle continue manifestazioni e dai sabotaggi, decide di spostare il progetto della fabbrica di Nano nella regione del Gujarat, ufficialmente perché “preoccupata per l’incolumità degli operai e dei funzionari”.
Nonostante la Tata abbia fisicamente lasciato Singur, mantiene comunque la proprietà dei 996 acri della discordia, che rimangono recintati ed abbandonati all’incuria del clima bengalese.

E qui entra in gioco Mamata Banerjee, 56 anni, single, la donna forte a capo del Trinamool Party. Mamata diventa governatrice e quasi immediatamente promulga una legge regionale, il Singur Land Rehabilitation and Development Act, che permette al governo di cancellare gli accordi pregressi tra Left Front e Tata – che avrebbe avuto in concessione il terreno per 99 anni – e di riprendersi le terre di Singur. E’ il 21 giugno del 2011.

La Tata Motors non ci sta, ricorre in tribunale indicando la legge come incostituzionale, ma la High Court di Calcutta il 28 settembre scorso – diventato già Singur Day – ha sostenuto il Singur Act, sottolineando solo l’obbligo del governo regionale di risarcire adeguatamente la Tata per gli acri di terreno destinati a tornare ai contadini, 400 in tutto.

Il verdetto rimarrà sospeso fino ai primi di novembre, per dare tempo ai legali della Tata di ricorrere eventualmente alla Corte Suprema e definire le modalità di redistribuzione delle terre da parte del governo, ma i contadini di Singur e Mamata Banerjee hanno già iniziato a festeggiare.
“E’ un verdetto storico ha dichiarato Mamata alla stampa nazionale – le agitazioni dei contadini di Singur hanno mostrato la via non solo al resto dell’India, ma a tutto il mondo!”.

La sentenza della corte – per la quale Mamata Banerjee aveva addirittura chiesto l‘intercessione della dea Durga la scorsa settimana, nel fervore dei preparativi della festa a lei dedicata, la Durga Puja – oltre a segnare una vittoria schiacciante degli strati più bassi della società indiana contro l’avanzata apparentemente irresistibile del progresso coatto, rischia di rappresentare un precedente legale importante per le migliaia di contadini vittime di espropri terrieri iniqui che ancora lottano per i loro diritti, per la loro terra e – senza retorica – letteralmente per la loro vita.

[Foto cretits: ipsnews.net]