India – La giurisdizione dei marò, spiegata come si deve

In by Simone

Ieri gran parte della stampa italiana ha detto che la giurisdizione del caso Enrica Lexie era stata decisa il 18 gennaio ed era indiana. Ma i giornali indiani e la sentenza stessa della Corte suprema raccontano una versione ben diversa che purtroppo in Italia è stata colpevolmente omessa.
Passando in rassegna i commenti apparsi sulla stampa italiana abbiamo notato, oltre ad articoli infarciti di menzogne belle e buone – se avete letto le puntate precedenti dell’inchiesta sui due marò, sapete dove cercarli, se siete amanti del genere – e resoconti salomonici in cui si conclude che, in fondo, Italia e India hanno un po’ ragione entrambe.

Premesso che un Paese che decide di venir meno ad accordi stipulati ai più alti livelli si dimostra per quello che è al di là della ragione legale – che in quanto tale deve essere certificata da un tribunale, non da un accordo politico – c’è un pesante lascito della narrazione propagandistica di tutto il caso Enrica Lexie che continua a pesare sui giudizi espressi a caldo all’indomani dell’annuncio shock della Farnesina.

Nella confusione generale derivata da un resoconto della vicenda dei due marò a volte smaccatamente di parte, a volte colpevolmente superficiale, la questione della giurisdizione è un nodo centrale che in Italia, ci sembra, è stato riportato senza la dovuta cura dei dettagli.

Ieri Franco Venturini sul Corriere della Sera – uno tra tanti, prendiamo quell’articolo come esempio – ha scritto:

“Il punto di partenza è la sentenza del 18 gennaio 2013 della Corte suprema indiana. In quella sede viene definitivamente ribadito che l’India considera sua la giurisdizione e che per sottoporre a processo i due marò, vista la complicazione del caso, sarà creato un tribunale speciale”.

Venturini riporta una mezza verità molto pericolosa, in realtà la Corte suprema non ha “definitivamente ribadito” che la giurisdizione è dell’India, bensì ha riscontrato una possibile concorrenza di giurisdizione, cioè: Italia e India potrebbero avere entrambe ragione.

Come sottolinea oggi un interessante editoriale del quotidiano The Hindu, che purtroppo commette l’errore di imputare la decisione della Farnesina a un fantomatico "nuovo governo italiano" (sic):

“La Corte [il 18 gennaio] si è spinta fino a lasciare aperta la questione della giurisdizione, dicendo che l’Italia avrebbe potuto contestare il diritto dell’India di processare i due uomini davanti a una Corte speciale”.

Lo avevamo già scritto due mesi fa, ma pensiamo sia il caso di ribadirlo più esplicitamente. Il 18 gennaio la Corte suprema ha solamente deciso che la giurisdizione, eventualmente, potrebbe essere dell’India, non dello stato indiano del Kerala.

Rilevando la necessità di formare, in accordo col governo indiano, una Corte speciale che avrebbe avuto il compito di occuparsi del caso dei due marò, la Corte suprema lasciava esplicitamente alla Corte speciale l’onere di pronunciarsi – in quel caso sì, definitivamente, al netto ovviamente di ricorsi a tribunali internazionali – in prima battuta sulla questione della giurisdizione e, solo in un secondo tempo, sulla questione dell’immunità funzionale dei due fucilieri del reggimento San Marco.

Negli ultimi paragrafi della sentenza del 18 gennaio 2013 infatti si legge:

“L’Unione Indiana è […] insignita del compito, previa consultazione col Chief Justice of India (il capo della Corte suprema, ndt), di formare una Corte speciale per occuparsi del caso in accordo con le disposizioni contenute nel Maritime Zones Act, 1976, nel Codice penale indiano, nel Codice di procedura penale e, in particolare, in accordo con le disposizioni della UNCLOS 1982, dove non si riscontrano conflitti tra la UNCLOS del 1982 e le leggi indiane.
[…] Ciò non impedisce i due appellanti [i due marò] di invocare le disposizioni dell’articolo 100 della UNCLOS 1982, adducendo idonei elementi di prova a favore dopodichè la questione della giurisdizione (ovvero il potere di prendere cognizione) e quindi di investigare sull’incidente da parte dell’India e di giudicare gli accusati da parte dei Tribunali indiani può essere riconsiderata.”

In definitiva, la questione della giurisdizione era platealmente aperta. Il che potrebbe aiutare a formulare un giudizio più equilibrato sulla condotta tenuta dalla Corte suprema in questo caso spinoso.

[Foto credit: gg2.net]