Su internet i lettori indiani danno sfogo alle loro fantasie complottiste sul caso dei due italiani sequestrati in Orissa. Tra immaginarie conversioni di massa e dispute sulla sicurezza in India, dai commenti online emerge la curiosa idea che gli indiani hanno dell’Italia e degli italiani.
Il sequestro dei due italiani in Orissa aggiunge altro materiale per provare a delineare, compito titanico, quale sia la considerazione che gli indiani hanno dell’Italia e degli italiani.
Da quando nella giornata di domenica sono comparsi online i primi articoli sulla sorte di Paolo Bosusco e Claudio Colangelo, i lettori indiani hanno scelto l’apposito spazio per i commenti come piazza pubblica dove scambiarsi idee ed opinioni sul caso e, conseguentemente, anche sull’Italia.
Tra le centinaia di commenti sparse sui siti dei media mainstream indiani, fa un certo effetto rilevare che gli italiani catturati nell’entroterra tribale dello stato dell’Orissa siano stati immediatamente bollati dal lettore indiano come “convertitori cristiani”.
Ad esempio l’utente happy, sull’Hindustan Times scrive:“Questi sono convertitori cristiani travestiti da turisti che lavorano nel profondo della giungla dell’Orissa. Il governo di Sonia [Gandhi, ndr] gli lascia fare apposta per motivi religiosi. Non preoccupatevi di salvarli”.
Una versione che, nonostante in nessun articolo si accenni mai né a contatti con la Chiesa cattolica né con Ong cristiane, va per la maggiore tra chi intravede l’ombra del complotto religioso messo in atto dall’Italia per dividere la società indiana, con conversioni di massa tra i tribali (adivasi in hindi, gli abitanti originari del subcontinente indiano).
C’è anche chi si chiede, sinceramente stupito, “Ma che ci facevano in mezzo alla giungla? Non è un posto per turisti!” dando voce ad una diffidenza peculiare della classe media indiana, spesso impaurita dai costumi e abitudini delle popolazioni tribali e molto più incline a concepire un’idea di turismo più monumentale che antropologica.
Iraiyanban, da Madurai, commenta a proposito sul Times of India: “Il motivo della visita in aree infestate da maoisti da parte di turisti italiani deve essere ancora provato. La loro visita poteva avere l’obiettivo o di convertire i poveri tribali, o di vendere armi ai maoisti. […] Può essere un’area infestata dai maoisti una località turistica?”
Mentre ashish, da Indore, in una manciata di righe descrive un fantasioso complotto cristiano-maoista-italiano: “Il loro obiettivo principale è convertire i tribali al cristianesimo, non è assolutamente un posto per turisti, e potrebbe esserci un piano per fare pressioni sul governo indiano rispetto all’omicidio degli indiani lungo le coste del Kerala [il caso dei due marò, ndr]”.
Sul The Hindu invece il tema è la sicurezza: chi la deve garantire? Lo stato indiano? E se i turisti sono andati consapevolmente in un luogo non sicuro, infischiandosene delle autorità, allora è l’India a trovarsi responsabile per la loro incolumità?
Tutto nasce da un intervento di Alberto Scala, che in un passaggio sostiene: “Cosa fa il governo indiano per proteggere i turisti? Se vieni in Europa, nessuno ti sequestra. Perciò non è un problema di turisti, ma è un problema indiano, se non siete in grado di proteggere le persone che vengono da voi”.
Apriti cielo. Tra le decine di commenti in risposta si descrive un’Europa xenofoba e razzista: “No Alberto, in Europa semplicemente ti sparano se non gli piace il colore della tua pelle” o “Caro Aberto Scala, gli stranieri vengono uccisi anche in Europa, un massacro di stranieri da parte di un italiano ha avuto luogo in Italia non molto tempo fa (e il killer aveva un movente politico)”.
Nel caos generale c’è spazio anche per una mini polemica prettamente religiosa.
Robert, da Delhi, scrive: “Che male c’è a convertire la gente, a mostrargli l’unica e vera via verso il Signore? Dovremmo chiedere un intervento militare per liberare questi poveri e devoti cristiani”.
Ma ashsih, dagli Stati Uniti, risponde piccato: “Come puoi essere certo che la tua via sia la giusta via?” E Robert: “Perchè un uomo con una testa di elefante [Ganesh, dio minore del pantheon induista, ndr] non può essere un dio. E anche adorare il lingam [simbolo fallico di Shiva] è sbagliato”.
Insomma, tanta confusione e tanti preconcetti. Due tratti che indubbiamente uniscono il popolo italiano e quello indiano.
[Foto credit: keithbedford.photoshelter.com] [Scritto per Lettera43]